Il food&wine; è come una lente che ingrandisce ai miei occhi tutto ciò che mi capita di incontrare. La letteratura, la musica, la pittura, quando sono profumate di vino hanno per me un gusto particolare. E’ come se il vino mi guidasse alla scoperta del mondo…sempre. Mi capita di rivedere un film-culto, Satyricon di Fellini, e riscopro il valore del cibarsi in tutta la cinematografia felliniana. “(…) Dal biscottino intinto nel caffè dall'insegnante di storia dell'arte, ai pranzi in famiglia a base di minestra, pollo, purè e… liti, dallo champagne offerto dal Principe alla Gradisca al Grand Hotel, al Sangiovese bevuto in campagna, le occasioni alimentari in Amarcord sono diverse. Sono circostanze utilizzate da Fellini sia come omaggio poetico al suo borgo e alla cultura contadina (le scene del pranzo della domenica in campagna con lo zio matto, le tavolate per il matrimonio della Gradisca), sia per fare un quadro più preciso e puntuale del periodo fascista (il caso dell'olio di ricino fatto ingoiare al padre, lo slogan "Pane e lavoro, ma è meglio pane e un bicchiere di vino"). (V. Lapertosa). Il cibo ha una presenza e un ruolo determinanti (e cangianti, come solo la sua geniale creatività poteva garantire) nell’universo felliniano, sfuggiti spesso anche alla critica più attenta. L’oscillazione è netta tra il sapore dei ricordi, della nostalgia, richiamati nell'infanzia riminese (il tema del cibo consolatorio in Amarcord) e il gusto del proibito, del peccato, del cibo visto come tentazione, accostato a immagini erotiche. Il riferimento può essere al modo di spolpare il pollo da una sensualissima Sandra Milo in 8½, all’episodio di Boccaccio ’70 (1962), dove il semplice e innocente latte è capace di ossessionare e agitare i sonni del povero dottor Antonio, se associato, nell'immaginario felliniano, alla figura della prosperosa Anita Ekberg del manifesto pubblicitario "Bevete latte". In Fellini-Satyricon (1969), dove l'impianto onirico è trasferito alla Roma imperiale del periodo della decadenza, il cibo è raffigurato, nella lunga sequenza della cena di Trimalcione, in maniera sfarzosa e indissolubilmente intrecciato con Eros e Thanatos. In Roma (1972), ennesima variante nella rappresentazione del cibo da parte del genio riminese, “Fellini costruisce più di una scena corale dove si mangia nelle strade, si parla di cibo per raccontare la vita” (S. Gelsi).
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Il food&wine; è come una lente che ingrandisce ai miei occhi tutto ciò che mi capita di incontrare. La letteratura, la musica, la pittura, quando sono profumate di vino hanno per me un gusto particolare. E’ come se il vino mi guidasse alla scoperta del mondo…sempre. Mi capita di rivedere un film-culto, Satyricon di Fellini, e riscopro il valore del cibarsi in tutta la cinematografia felliniana. “(…) Dal biscottino intinto nel caffè dall'insegnante di storia dell'arte, ai pranzi in famiglia a base di minestra, pollo, purè e… liti, dallo champagne offerto dal Principe alla Gradisca al Grand Hotel, al Sangiovese bevuto in campagna, le occasioni alimentari in Amarcord sono diverse. Sono circostanze utilizzate da Fellini sia come omaggio poetico al suo borgo e alla cultura contadina (le scene del pranzo della domenica in campagna con lo zio matto, le tavolate per il matrimonio della Gradisca), sia per fare un quadro più preciso e puntuale del periodo fascista (il caso dell'olio di ricino fatto ingoiare al padre, lo slogan "Pane e lavoro, ma è meglio pane e un bicchiere di vino"). (V. Lapertosa). Il cibo ha una presenza e un ruolo determinanti (e cangianti, come solo la sua geniale creatività poteva garantire) nell’universo felliniano, sfuggiti spesso anche alla critica più attenta. L’oscillazione è netta tra il sapore dei ricordi, della nostalgia, richiamati nell'infanzia riminese (il tema del cibo consolatorio in Amarcord) e il gusto del proibito, del peccato, del cibo visto come tentazione, accostato a immagini erotiche. Il riferimento può essere al modo di spolpare il pollo da una sensualissima Sandra Milo in 8½, all’episodio di Boccaccio ’70 (1962), dove il semplice e innocente latte è capace di ossessionare e agitare i sonni del povero dottor Antonio, se associato, nell'immaginario felliniano, alla figura della prosperosa Anita Ekberg del manifesto pubblicitario "Bevete latte". In Fellini-Satyricon (1969), dove l'impianto onirico è trasferito alla Roma imperiale del periodo della decadenza, il cibo è raffigurato, nella lunga sequenza della cena di Trimalcione, in maniera sfarzosa e indissolubilmente intrecciato con Eros e Thanatos. In Roma (1972), ennesima variante nella rappresentazione del cibo da parte del genio riminese, “Fellini costruisce più di una scena corale dove si mangia nelle strade, si parla di cibo per raccontare la vita” (S. Gelsi).
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