Non leggendo mai la quarta di copertina proprio per avere il gusto della sorpresa, ho comprato questo libro ispirato dal titolo e dalla foto principale.
La cosa mi capita spesso, questa volta però l’acquisto si è rivelato non del tutto azzeccato.
La storia è quella di una famiglia portoghese che vede uno dei componenti principali andare incontro alla morte nel corso della maratona delle olimpiadi di Stoccolma del 1912.
L’opera è probabilmente frutto della fantasia dell’autore, ma il tragico evento è comunque reale.
Gli aspetti positivi del libro sono legati al racconto della vita quotidiana dei personaggi, con la famiglia che risulta essere proprietaria di una falegnameria che passando di padre in figlio, fornisce una garanzia di sviluppo e consente una vita dignitosa a tutti quanti.
Il protagonista, o per meglio dire uno dei protagonisti, scopre un giorno un settore nascosto del laboratorio nel quale sono accatastati tanti e tanti pianoforti in disuso; da quel momento riprende la tradizione del padre e del nonno come riparatore di strumenti musicali.
Questa attività lo porta a fare incontri fondamentali per la sua vita privata e non, che fanno da filo conduttore alle diverse storie raccontate.
Ripeto: niente male l’aspetto sociologico, con belle descrizioni dello stile di vita e illustrazioni della realtà domestica del tempo.
Ci sono tuttavia diversi aspetti negativi che contribuiscono ad offuscare e confondere le belle cose incontrate dal lettore pagina dopo pagina.
La prima e più importante è costituita dall’idea di struttura: per creare più pathos, il racconto viene fatto in prima persona da diversi protagonisti.
Padre, figlio e a volte sembra pure il nipote, si scambiano il ruolo di narratore tentando di adescare il lettore in un clima che dovrebbe essere sempre più coinvolgente.
In principio la trovata è accattivante e stimola l’attenzione, poi però alla lunga la cosa risulta stancante e fin troppo ossessiva, fino ad arrivare al punto da sembrare una specie di taglia e incolla casualmente costruito in un secondo momento a scrittura ultimata.
Per andare sul concreto si può prendere come esempio tutto l’insieme delle pagine che descrivono la parte iniziale della maratona, dove ci sono certamente molti salti e molti cambi di persona, però esiste un flusso narrativo principale che ad ogni chilometro di corsa ritorna protagonista grazie alla segnalazione puntuale del conteggio dei chilometri.
Questa accortezza aiuta anche il lettore più distratto a riconoscere il personaggio che sta correndo e funziona come una sorta di reset che permette un rilassamento o un piccolo momentaneo calo di attenzione per poi ripartire affrontando le pagine successive con rinnovato vigore.
Con il proseguire della vicenda invece, le cose si complicano e la struttura diventa più complessa e confusa, creando più danni che benefici con il rischio concreto di dover tornare indietro con le pagine per capire quale sia l’io narrante.
Insomma, una complessità artificiale che funziona se presa a piccole dosi, ma che alla lunga stanca veramente fino a quasi distrarre dalla trama principale.
C’è di meglio.
Tempo di lettura: 7h 10m