L’esperienza di questo blog mi ha insegnato che nei momenti di periodica isteria collettiva, versioni moderne degli antichi pogrom, non è saggio provare a ragionare ad alta voce, perché si rischia di prendersi in faccia gli stracci che volano. Ho dunque atteso laicamente che il mondo cristiano mostrasse nei fatti la sua superiorità su quello islamico, e potesse finalmente riposarsi dopo aver compiuto la propria vendetta, liberamente ispirata al precetto evangelico del “porgere l’altra guancia”.
Delle tante retoriche che ho sentito cantare in coro in questi giorni, la più farisaica mi sembra essere quella condensata ieri sera da Lucia Annunziata nel titolo del suo ultimo post: Prendere atto della Terza Guerra Mondiale. Il fatto che “papa Bergoglio anche su questo tema sembra aver anticipato tutte le élite intellettuali” è già motivo di forte sospetto, vista la spiccata attitudine del pontefice a impersonare la parte del retore populista.
Ma la dimostrazione dell’assunto è una vera perla. Scrive infatti l’Annunziata: “Negare di essere parte di un conflitto è una ipocrisia bella e buona – dal 2001 siamo in guerra permanente. Abbiamo, come Europa, combattuto in Afghanistan, e in Iraq, in Siria, in Libano e in Africa. In questo momento l’Italia porta sulle spalle l’intervento in Libia, altra nazione che ha avuto grande parte in almeno un capitolo della Terza Guerra Mondiale, e quello in Siria. Che questi interventi militari siano stati sempre limitati o seminascosti dalla nostra classe politica non ne ha certo cambiato natura”.
Peccato che tutti quegli interventi siano stati unilaterali, da parte dell’Occidente, e costituiscano in realtà la Terza Fase del Colonialismo, dopo la conquista delle Americhe nel Cinquecento, e dell’Africa e dell’Oriente nell’Ottocento. Alla fine del Novecento, con la caduta del muro di Berlino, si era brevemente cantato il mantra della fine della storia, riponendo le speranze nel “colonialismo dal volto umano” della globalizzazione, ma evidentemente è nella natura dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo che gli sfruttati non accettino di buon grado di esserlo, e finiscano per odiare gli sfruttatori armati fino ai denti, a volte tirandolo loro qualche pietre, come Davide contro Golia.
Ed ecco allora la seconda retorica del terrorismo, che come tutti sanno si distingue dalla guerra per il semplice fatto che colpisce poche vittime, isolate e riconoscibili, invece che intere popolazioni, disperse e anonime. Questa volta, poi, il terrorismo ha colpito addirittura dei giornalisti, provocando una comprensibile reazione di emotività corporativa: la stessa che fa titolare i giornali a piena pagina quando muore un nostro inviato al fronte, relegando le centinaia o migliaia di morti altrui a corollari della cronaca. Come ha insegnato McLuhan, il medium è il messaggio: cioè, in questo e in troppi altri casi, il giornalista è la notizia.
E qui arriviamo alla terza retorica, quella della libertà di stampa, e nella fattispecie di satira. A leggere i giornali e a guardare i telegiornali, sembrerebbe che i paesi occidentali siano Eden in cui ciascuno può dire liberamente ciò che vuole, e contro chi vuole. Ma ci si dimentica di una lunga lista di episodi che mostrano l’esatto contrario. D’altronde, anche nell’Eden biblico la libertà non era che un simulacro, come dimostrarono gli eventi di repressione divina narrati nel Genesi.
Per fare degli esempi a caso, in Italia nel 1975 furono ritirate dalle edicole tutte le copie del numero de L’Espresso recante in copertina una donna incinta messa in croce. Nel 1976 la Corte di Cassazione ordinò il rogo di tutte le copie dell’Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci. Nel 2005 le imitazioni di Maurizio Crozza della coppia da Uccelli di rovo formata dal nuovo papa Benedetto XVI e dal suo bel segretario padre Georg furono messe a tacere. Nel 2007 il programma Decameron di Daniele Luttazzi fu cancellato, proprio alla puntata che doveva parlare della nuova enciclica del Papa.
La Francia illuminista, da questo punto di vista, sta forse meglio dell’Italia papista. Ma ha pure essa i suoi buoni cristiani fanatici e terroristi: ad esempio, quelli che nel 1988 bruciarono i cinema in cui si proiettava L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese, provocando un morto e vari feriti.
Il fatto è che la libertà è dovunque a senso unico. Da noi si può, e anzi si deve, mettere alla berlina l’islam. Ma non si può, e non si deve, mettere alla berlina l’ebraismo o il cristianesimo. Entrambe le cose sono politicamente corrette, e si acclama la comicità di Charlie Hebdo, che provoca l’islam e fa incazzare i fondamentalisti, allo stesso modo e allo stesso tempo in cui si acclama la comicità embedded di Roberto Benigni, che predica i Dieci Comandamenti e riceve il plauso del Papa.
Tutto questo puzza di farisaico, appunto. Saremo veramente liberi solo quando potremo sputare equamente non solo su Maometto e il Corano, ma anche su Mosè e Gesù e sulla Bibbia. Charlie Hebdo lo faceva, almeno in parte, ma noi no. E allora finiamola di crederci diversi e superiori agli islamici, perché siamo solo l’altra faccia della loro stessa medaglia: quella del monoteismo mediorientale, che “infiniti addusse lutti” all’Europa, e altrettanti continuerà ad addurne. Fino a quando ce ne liberemo, appunto.
ps. A proposito dell’ultima frase, vedi la precisazione contenuta nel commento linkato qui.
( Piergiorgio Odifreddi – Il non senso della vita 2.0 blog )