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Il consiglio dei ministri approva "salvo intese" il disegno di legge sulla riforma del mercato del lavoro e tira dritto sull'articolo 18
Creato il 23 marzo 2012 da SamalosROMA - Il Consiglio dei Ministri ha approvato oggi dopo una riunione durata 5 ore, salvo intese, il disegno di legge di riforma del mercato del lavoro. Si tratta - si legge in una nota di Palazzo Chigi - di una riforma lungamente attesa dal Paese, fortemente auspicata dall'Europa, e per questo discussa con le Parti Sociali con l'intento di realizzare un mercato del lavoro dinamico, flessibile e inclusivo, capace cioé di contribuire alla crescita e alla creazione di occupazione di qualità, di stimolare lo sviluppo e la competitività delle imprese, oltre che di tutelare l'occupazione e l'occupabilità dei cittadini. Per i licenziamenti per motivi economici "il datore di lavoro può essere condannato solo al pagamento di un'indennità. Particolare attenzione - precisa il comunicato di palazzo Chigi - è riservata all'intento di evitare abusi". "Salvo intese" significa come il testo non sia ancora definitivo e che possa avere bisogno di ancora qualche modifica. La riforma del lavoro "introdurrà elementi di premialità" verso le imprese "per l'instaurazione di rapporti di lavoro più stabili. La riforma favorirà" anche "il contrasto più incisivo agli usi elusivi degli obblighi contributivi e fiscali degli istituti contrattuali". Il governo tira dritto sull'articolo 18. "Nessuna marcia indietro", assicura il ministro del Lavoro, Elsa Fornero. Anche la Cgil non cambia la sua idea e conferma il no ad un provvedimento che rende solo "i licenziamenti più facili". Ariva anche il no dell'Ugl che insiste sulla possibilità di reintegro nei casi di licenziamento economico, tema sul quale anche la Cisl e la Uil hanno dubbi. Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, blinda invece la sua posizione contro "ogni ipotesi di indebolimento" in proposito. Il Pdl non gradisce il disegno di legge (voleva un decreto) e La Russa chiede una riunione urgente della segreteria.
Ecco i punti principali 1. La prima area riguarda gli istituti contrattuali esistenti. Con la riforma se ne preservano gli usi virtuosi, limitano quelli impropri. Il nuovo impianto del mercato delle professioni attribuisce massimo valore all’apprendistato – inteso nelle sue varie formulazioni e platee – che diviene il “trampolino di lancio” verso la maturazione professionale dei lavoratori. È un punto sul quale tutte le parti coinvolte nella concertazione si sono trovate d’accordo.
È per questo motivo che la riforma insiste fortemente sul valore formativo dell’apprendistato. Si introduce, a tal fine, un meccanismo che collega l’assunzione di nuovi apprendisti al fatto di averne stabilizzati una certa percentuale nell’ultimo triennio (50%); si prevede la durata minima di sei mesi del periodo di apprendistato (ferma restando la possibilità di durate inferiori per attività stagionali); infine, si innalza il rapporto tra apprendisti e lavoratori qualificati dall’attuale 1/1 a 3/2.
2. La seconda area di intervento riguarda le tutele del lavoratore nel caso di licenziamento illegittimo. Con la riforma si riduce l’incertezza che circonda gli esiti dei procedimenti eventualmente avviati a fronte del licenziamento. A tal fine, si introduce una precisa delimitazione dell’entità dell’indennità risarcitoria eventualmente dovuta e si eliminano alcuni costi indiretti dell’eventuale condanna (ad esempio le sanzioni amministrative dovute a fronte del ritardato pagamento dei contributi sociali). Grazie a questi provvedimenti il costo sostenuto dal datore di lavoro in caso di vittoria del lavoratore è “svincolato” dalla durata del procedimento e dalle inefficienze del sistema giudiziario.
Si prevede inoltre che il diritto alla reintegrazione nel posto del lavoro debba essere disposto dal giudice nel caso di licenziamenti discriminatori o in alcuni casi di infondatezza del licenziamento disciplinare. Negli altri casi, tra cui il licenziamento per motivi economici, il datore di lavoro può essere condannato solo al pagamento di un’indennità. Particolare attenzione è riservata all’intento di evitare abusi. È prevista, infine, l’introduzione di un rito procedurale abbreviato per le controversie in materia di licenziamenti, che ridurrà ulteriormente i costi indiretti del licenziamento.
3. La terza area riguarda il Fondo di solidarietà per la tutela dei lavoratori nei settori non coperti da Cassa Integrazione Straordinaria. La riforma prevede la salvaguardia e l’estensione della Cassa integrazione guadagni: un importante istituto assicurativo che ha permesso alle imprese italiane di affrontare la crisi meglio che in altri Paesi. L’istituto, infatti, offre un’integrazione salariale in caso di riduzione dell’orario di lavoro durante una congiuntura sfavorevole, consentendo di adeguare rapidamente l’orario di lavoro al calo di domanda, preservando però i singoli rapporti di lavoro e il loro contenuto di professionalità e di investimento. Allo stesso tempo, si potenzia l’istituto dell’assicurazione contro la disoccupazione estendendone l’accesso ai più giovani, a coloro che sono da poco entrati nel mercato del lavoro e alle tipologie d’impiego attualmente escluse (ad esempio quella degli apprendisti).
4. La quarta area è quella della tutela dei lavoratori anziani. La riforma crea una cornice giuridica per gli esodi con costi a carico dei datori di lavoro. A tal fine è prevista la facoltà per le aziende di stipulare accordi con i sindacati maggiormente rappresentativi, finalizzati a incentivare l’esodo dei lavoratori anziani.
5. La quinta area è quella dell’equità di genere. Oggi, la partecipazione delle donne al mercato del lavoro risulta ancora limitata rispetto a quella degli uomini. Il divario risulta particolarmente ampio nel Mezzogiorno e tra le fasce meno qualificate è presente anche tra le fasce qualificate e di vertice (ad oggi, infatti, anche le giovani laureate trovano lavoro meno frequentemente dei colleghi maschi). Per diminuire questo divario la riforma interviene su quattro ambiti. Il primo è l’introduzione (a favore di tutti i lavoratori, per quanto il fenomeno riguardi prevalentemente le lavoratrici) di norme di contrasto alla pratica delle cosiddette “dimissioni in bianco”, con modalità semplificate e senza oneri per il datore di lavoro e il lavoratore e il rafforzamento (con l’estensione sino a tre anni di età del bambino) del regime della convalida delle dimissioni rese dalle lavoratrici madri. Il secondo ambito mira a favorire una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli. Viene quindi introdotto il congedo di paternità obbligatorio. Il terzo ambito riguarda il potenziamento dell’accesso delle donne alle posizioni di vertice. Si approva il regolamento che definisce termini e modalità di attuazione della disciplina delle cd “quote rosa” alle società controllate da pubbliche amministrazioni.
6. L’ultima area di intervento riguarda le politiche attive e i servizi per l’impiego. In questa area, che prevede un forte concerto tra Stato e Regioni, ci si propone di rinnovare le politiche attive, adattandole alle mutate condizioni del contesto economico e assegnando loro il ruolo effettivo di accrescimento dell’occupabilità dei soggetti e del tasso di occupazione del sistema mediante:
- attivazione del soggetto che cerca lavoro, in quanto mai occupato, espulso o soprattutto beneficiario di ammortizzatori sociali, al fine di incentivarne la ricerca attiva di una nuova occupazione
- qualificazione professionale dei giovani che entrano nel mercato del lavoro
- formazione nel continuo dei lavoratori
- riqualificazione di coloro che sono espulsi, per un loro efficace e tempestivo ricollocamento
- collocamento di soggetti in difficile condizione rispetto alla loro occupabilità
Si creano inoltre, attraverso le politiche attive, canali di convergenza tra l’offerta di lavoro (nuova o connessa a perdita del posto di lavoro) e la domanda (valutazione dei fabbisogni delle imprese e coerenza dei percorsi formativi dei lavoratori e delle professionalità disponibili), in un’ottica di facilitazione del punto di incontro tra chi offre lavoro e chi lo domanda. Gli interventi di attivazione devono sottendere un patto di mutua responsabilità/obbligazione tra enti che offrono servizi per il lavoro, lavoratori, datori di lavoro. La presenza nel mercato del lavoro di intermediari privati professionali modifica la ragion d’essere dell’intervento pubblico nei processi di intermediazione, la cui finalità non può che diventare quella di intervenire prioritariamente nei confronti di soggetti deboli ed a rischio di emarginazione. Il perseguimento di una tale finalità diviene inoltre possibile non solo mediante un intervento diretto, ma anche tramite l’acquisizione di servizi da providers privati. La presenza d’un regime di sussidi di disoccupazione rafforza la necessità di tener conto d’una finalità particolare dell’intervento pubblico: al generico “aiuto” ai soggetti deboli ed a rischio di emarginazione si aggiunge infatti l’esigenza di contrastare abusi e disincentivi connessi con l’operare dei sussidi. Questa esigenza implica che in molti casi non ci si limiterà a “mettere a disposizione” servizi (che altrimenti la logica di mercato potrebbe non fornire o non fornire a tutti a condizioni adeguate), ma si arriverà a voler “imporre” determinati interventi concreti, in una logica tutoria e di prevenzione, rispetto a possibili abusi e derive di emarginazione (attivazione o mutual obligation).
In tale contesto, è necessario identificare i target su cui impostare le azioni:
- giovani al primo ingresso (per i quali l’azione prioritaria qualifica la formazione all’interno del contratto di apprendistato)
- lavoratori già inseriti o sospesi in via temporanea (occorre valutare ruolo e attività dei Fondi Interprofessionali per allargare la loro capacità di intervento e per rafforzare il loro ruolo nella sinergia tra politiche attive e politiche passive nonché sulla qualità della loro offerta formativa permanente)
- lavoratori espulsi o da ricollocare (è necessario evitare che i lavoratori sospesi per lungo tempo od espulsi siano progressivamente disconnessi dal mercato del lavoro e accrescano bacini di disoccupazione di lunga durata. Si devono porre, in particolare nei processi di ristrutturazione, specifici impegni - da inserire eventualmente all’interno di accordi di accesso a politiche passive - a carico delle Parti Sociali per il reimpiego di questi lavoratori, attraverso azioni di riqualificazione e di accesso a nuove opportunità di occupazione.
- soggetti con caratteristiche di difficile occupabilità e inattivi (occorre delimitare il target, prevederne il censimento e creare aree di accesso ai servizi del lavoro specifiche, rafforzando la rete di orientamento e di servizi per il loro inserimento nel mercato del lavoro e promuovendo politiche di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro.
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