Volendo studiare a fondo la figura di Daniele , il profeta, ho fatto una ricerca in una delle migliori librerie cattoliche alla ricerca di una monografia sull’argomento. Con mio stupore, eccetto una costosissima edizione contenete l’esegesi dei Padri sull’argomento, mi sono accorto che tutti gli autori contemporanei e i loro studi fanno di Daniele un personaggio maccabico. Che c’è di strano direte voi. C’è di strano che ciò significa che Daniele ormai è per tutti un personaggio leggendario e che tutte le sue profezie sono post evento. In altre parole significa che nel libro di Daniele non c’è niente di profetico, con buona pace della profezia delle Settanta settimane da sempre considerata messianica.
Questo mi ha indotto a chiedermi che fine abbia fatto la profezia suddetta, la cui esistenza è testimoniata anche dalla scoperta di Qumran e da un’antichissima tradizione orale. Mi chiedevo in particolare quale fosse stata la sua fine se essa non serviva più allo scopo, dal momento che tutto si risolve con l’omicidio di Onia III° e non di Gesù. Con mio piacere questa mia curiosità è stata sodisfatta e adesso so qual è il conto, il calcolo che va per la maggiore e giustifica un Daniele leggendario e maccabico. Eccolo qua, spiegato da una delle persone più preparate di cattoliciromani, addirittura il moderatore di “Ecumenismo e dialogo”:
Comunque se (come è ovvio in questo genere di profezie) il termine settimana
vuol dire anno, notiamo subito che qualcosa di importante deve accadere alla 62 settimana (v. 26), ovvero dopo 61*7=427 anni: il verso 26 parla di "un consacrato sarà soppresso senza
colpa in lui", facilmente identificabile col sommo sacerdote Onia III che fu detronizanto nel 175 AC (e poi assassinato nel 170 AC) in quanto anti-ellenista. Tale evento diede di fatto
inizio alla crisi che portò al sacco di Gerusalemme sotto Antioco IV (167 AC, vedere il verso 26 "Il popolo di un principe che verrà distruggerà la città e il santuario") e alla
successiva crisi maccabea: questo erano gli eventi vicini storicamente all'autore "umano" di Daniele.
PS, e' un caso ma comunque il 170 più i 427 anni fa 597: Gerusalemme fu
conquistata dai Babilonesi la prima volta proprio il 16 marzo 597 (lo sappiamo con precisione da tavolette babilonesi)"
Passiamo al vaglio quanto sostenuto nella citazione. Innanzi tutto le settimane divengono 61, quando Daniele 9,25 scrive:
Sappi perciò e intendi che da quando è uscito l'ordine di restaurare e ricostruire Gerusalemme fino al Messia, il principe, vi saranno sette settimane e altre sessantadue settimane; essa sarà nuovamente ricostruita con piazza e fossato, ma in tempi angosciosi.
Al versetto 26 chiarisce ancor meglio la cronologia della profezia scrivendo che:
Dopo le sessantadue settimane il Messia sarà messo a morte e nessuno sarà per lui
Insomma è chiarissimo che le settimane sono 62 e non 61 altrimenti certamente lo avrebbe scritto.
Ma accettiamole per buone e svolgiamo i conti tenendo presente le indicazioni temporali di Daniele. In particolare teniamo fermo che prima passano 7 settimane e poi iniziano le 62. Questo significa che, poicésono settimane di anni, alla 62esima settimana gli anni trascorsi sono 483 dati da: [(62+7)x7]=483. Siccome l’autore di questo calcolo procede a ritroso partendo dall’omicidio di Onia nel 170 a.C. (andate per un momento a leggervi la citazione iniziale per sincerarvi) noi dobbiamo fare lo stesso, con l’accortezza, che lui non ha avuto per motivi che fra un po vi appariranno ovvi), di considerare anche le 7 settimane iniziali. In poche parole dobbiamo prendere il 170 a.C. e sommarvi 483. Così facendo individueremo un anno fondamentale, cioè quello che segna l’emanazione della parola sul rientro, così come si legge in Dn 9,25, e che fa partire il calcolo della profezia. Facciamo i nostri conti: 483+170=653 o, volendo rispettare alla lettera il calcolo del Daniele maccabico, 646 perché le settimane che contano sono 61 invece che 62. Bene adesso utilizzate queste date, io prendo il 646, per farvi due risate.
Non solo il 646 è una data assolutamente insignificante per la storia d’Israele, ma essa colloca la parola del rientro e della ricostruzione post esilica 108 anni prima dell’editto di Ciro del 538 da loro stessi indicato come data sicura della fine dell’esilio.
Inoltre a quanto pare gli Ebrei hanno l’autorizzazione a rientrare dall’esilio e ricostruire Gerusalemme prima ancora di qualsiasi intervento di Nabucodonosor che segna l’inizio dell’esilio. Insomma vanno a ricostruire ciò che ancora non era stato distrutto.
Ultima chicca: gli storici in maggioranza affermano che la parola del rientro viene pronunciata da Artaserse nel 445 a.C. ma questo calcolo la colloca ben due secoli prima.
Adesso veniamo al giochetto contenuto nel post scriptum. Facciamola breve: sta in piedi solo perché di settimane se ne calcolano 61 e non 62. Inoltre se con questo gioco di prestigio volete dare un ‘aurea profetica a un discorso ridicolo ve lo concediamo, a patto che ci spieghiate, visto che non solo considerate giusto il calcolo ma volete spacciarlo come profetico, come intendete giustificare la data che si stabilisce quando aggiungiamo al 16 marzo 597 (precisi non c’è che dire!) i necessari, anzi, indispensabili 49 anni delle prime 7 settimane.
Scrivo questo perché questo conto, totalmente assurdo, si fregia del titolo di storico, mentre si vorrebbe far passare il mio come non storico per cui anche se esatto è sbagliato. Ma c’è di più, la ricostruzione cronologica da me fatta viene definita diseducativa e fuorviante, cosa che , visto il tenore di quelle fatte dagli storici più o meno illustri (cfr. La pistola fumante di William F. Albright si è inceppata: il sincronismo tra Giuda e Israele c'è. e Un altro evidente caso di superficialità di metodo ) mi lusinga.