Il tema del diritto all’oblio, ad un anno di distanza dalla sentenza “Google Spain” resta d’attualità per le innumerevoli ripercussioni che le nuove tecnologie possono avere sulla nostra vita di tutti i giorni. Per far fronte allo sviluppo sempre più invasivo di questi mezzi si è sentito il bisogno di aggiornare la tutela in favore dei cittadini. Il diritto all’oblio offre la possibilità di cancellare, o meglio non rendere più accessibili, determinati contenuti contrari agli interessi dell’individuo. Serve, dunque, ad attenuare una profonda differenza tra le persone e gli strumenti di cui si servono.Le persone dimenticano, perché sarebbe impossibile gestire tutte le informazioni e gli stimoli che il mondo fornisce alla nostra mente. Non siamo dei computer che archiviano le informazioni in attesa che ci tornino utili quando più ne avremmo bisogno. Già, però che ci piaccia o meno, viviamo in un mondo sempre più tecnologico: c’è la rete, che ci permette di ricercare tutte le notizie e i dati in “tempo zero”, ci sono i social network, in cui siamo noi stessi ad inserire i contenuti della nostra vita. Il punto è che ogni informazione che viene aggiunta lascia una traccia di sé; l’ubiquità della rete la rende poi accessibile a chiunque abbia interesse ad andarla a recuperare.
La rete, a differenza del nostro cervello, non dimentica.
George Orwell fu quasi profetico nello scrivere del “Grande Fratello”: in maniera simile, noi oggi viviamo sotto l’occhio attento e indagatore di Google. La memoria della rete è pero’ indicizzata, vale a dire restringe il campo della ricerca ai dati più settoriali che a noi interessano. Dunque tutti i dati che sono presenti in rete possono fornire un’immagine e una percezione delle persone in riferimento esclusivo all’ambito della nostra indagine. Il grosso rischio che si corre è dunque quello della decontestualizzazione dei dati; se l’immagine di una persona fosse condizionata e limitata da una singola notizia sarebbe lesivo di uno di quei diritti fondamentali, come quello all’immagine, riconosciuti dalla nostra Costituzione.
Il diritto all’oblio non è però un diritto assoluto e non è applicabile sempre a qualsiasi situazione: si pensi al caso in cui un interesse pubblico prevalga su quello del singolo interessato. Come fare a scoprire quando è possibile richiedere l’attivazione della procedura per rimuovere i dati dai motori di ricerca?
A dare risposta a questo interrogativo interviene una sentenza ormai divenuta famosa per la spinosità della questione e per le contraddizioni che essa racchiude. La pronuncia è arrivata il 13 maggio 2014 sul caso “Google Spain”. Di seguito i fatti oggetto di sentenza: il signor Mario Gonzàlez contestava la diffusione della notizia apparsa su un quotidiano nazionale, che lo vedeva protagonista per una serie di debiti con conseguente pignoramento e vendita all’asta dei beni immobili di cui era proprietario. La corte dell’Unione è intervenuta in seguito al ricorso pregiudiziale della Corte Suprema Spagnola per l’applicazione della direttiva 46/1995 in materia di tutela dei dati personali. Questa direttiva deve essere letta alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. A questo proposito l’Avvocato generale ha richiamato alcuni dei diritti della Carta, come quello alla tutela dei dati personali, alla vita privata, il diritto di iniziativa economica e il diritto alla libertà di informazione.
Tra tutti questi diritti possono crearsi dei conflitti, ragion per cui si deve effettuare un bilanciamento tra tutti gli interessi e i diritti soggettivi in gioco. E’ però complicato stabilire con certezza quali prevalgano: l’Avvocato Generale ha quindi proposto e invitato la Corte a non lasciare aperta la possibilità di valutare caso per caso tutte le situazioni in cui il diritto all’oblio possa essere applicato.
A una soluzione simile è pervenuta anche la Corte Europea dei diritti dell’uomo dal momento che essa sancisce l’interesse primario del pubblico rispetto a quello del singolo individuo.
In merito al caso Google Spain, la contraddizione sta nel fatto che la Corte di Giustizia (Grande Sezione) in fase giudicante sia arrivata a conclusioni opposte. Innanzitutto ha esteso la portata della direttiva del ’95 sulla base della Carta dei diritti fondamentali Ue (che però è successiva). Ha inoltre sposato, lasciando cadere nel vuoto i suggerimenti dell’Avvocato generale, un approccio di valutazione e di bilanciamento da attuare caso per caso. Questa sentenza ha avuto una portata molta estesa in quanto ha fatto sì che i motori di ricerca, come Google, fossero sommersi da un’infinità di richieste di cancellazione dei propri dati personali da parte dei richiedenti. A un anno dalla sentenza i dati ci dicono come quasi il 60% delle richieste siano state respinte: nonostante questo circa 320000 link sono stati rimossi.
La decisione è stata lungamente commentata e spesso criticata dal momento che non giustifica l’interesse della collettività. In alcuni casi, come ad esempio quando si tratta di notizie riguardanti personalità pubbliche, è chiaro che dovrà essere a disposizione degli utenti la reperibilità della notizia. Avere un “database infinito” di informazioni a cui poter accedere è sempre la soluzione preferibile? Anche da questo punto di vista ci sono degli aspetti controversi: più sono i dati personali che circolano in rete più potere hanno coloro che controllano questi dati. Il mercato dei dati personali è in continua espansione e, nonostante non sempre sia così facile accorgersene, spesso non abbiamo il controllo di questi dati e da ciò derivano non poche ripercussioni in materia di privacy.
La sentenza “Google Spain” (prima citata solo superficialmente) ha definitivamente spalancato le porte per un confronto sul diritto dell’oblio non solo a livello europeo ma anche nazionale. Il dibattito ha portato alla luce proposte legislative aggiornate (ad esempio in Italia è stata proposta la “Dichiarazione dei diritti in Internet”) che dovranno essere valutate attentamente.
A prescindere dalle conseguenze positive del diritto, è innegabile come le nuove tecnologie abbiano stravolto, ribaltandolo, un istinto umano di conservazione dei dati strettamente necessari. Ora dimenticare è diventata l’eccezione dal momento che in rete nulla va perduto.
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