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Il disertore

Creato il 01 novembre 2012 da Straker
Il disertoreSit ei terra levis.
Ha suscitato cordoglio la morte di un altro soldato italiano, Tiziano Chierotto. L’alpino è stato ucciso in Afghanistan ed è la cinquantesima e seconda vittima della missione di “pace”. La lacerante disperazione di parenti ed amici è l’ennesima prova di un fallimento culturale. Se, infatti, i giovani continuano ad essere carne da cannone, si deve, in primo luogo, all’indottrinamento cui sono sottoposte le nuove generazioni. La scuola, lungi dall’educare, plagia. I media poi concorrono a deformare le menti. La Chiesa, colpevole in primo luogo il vescovo di Ippona, benedice armi e massacri.
Un adolescente che abbia letto le pagine più celebri dei “Promessi sposi” non può decidere di arruolarsi. Il romanzo è una condanna inappellabile non solo della guerra, ma dell’untuosa retorica con cui essa è ammantata. L’ironia dell’autore milanese punge il potere e le sue menzogne, denuncia e demistifica il cinismo e la doppiezza delle classi dirigenti. Quelle attuali sono di gran lunga peggiori che le élites di un tempo. Oggi lo “stato democratico” - supremo ossimoro –colpisce alle spalle i cittadini, mentre finge di adoperarsi per loro.
Chi abbia inteso certi capitoli del capolavoro manzoniano può solo concepire un totale ripudio della guerra in ogni sua forma. Gli snodi della storia ed altre letture dovrebbero portare a concludere che i militari muoiono per i banchieri, anzi per carnefici spregiudicati che vedono nei conflitti la fonte di un lucro immondo e specialmente lo strumento per perpetuare il loro sanguinario dominio.
Non si “cade” per la patria, che non esiste, ma affinché si avverino gli incubi dei tagliagole.
In un intenso racconto, “Il disertore”, lo scrittore ucraino Ivan Babel(1894-1941) narra di un coscritto francese, Beaugy, che, stanco della guerra, delle granate il cui scoppio assordante gli impedisce di chiudere occhio per sei notti consecutive, decide di disertare. Mentre si trova tra le linee francesi e quelle nemiche, viene, però, scorto da alcuni commilitoni, arrestato e condotto dal capitano Gémier. Gémier è il prototipo del borghese benpensante, sciovinista ed orgoglioso. Egli vuole salvare l’onore del soldato e gli promette che non sarà giudicato come traditore dalla corte marziale, perché ai familiari sarà comunicato che è morto combattendo come un eroe contro i “barbari”. Deve, però, uccidersi: l'ufficiale inferiore porta il soldato in un bosco. Consegnatagli una rivoltella, gli ingiunge di togliersi la vita. Giacché Beaugy non ha il coraggio di spararsi, Gémier strappa la pistola dalle mani tremanti del giovane e gli trapassa il cranio con una pallottola.
Il sarcasmo che corrode la figura di Gémier e la propaganda bellicista fa da contrappunto alla contenuta ma umanissima pietas con cui è ritratto lo sventurato Beaugy, il suo tenero mondo di affetti e di sogni destinati a naufragare contro gli scogli della storia.
Mediante la prospettiva variabile, il narratore onnisciente ora si immedesima nel capitano per prendere le distanze, ora si incarna nel fante per condividerne la disgrazia. I dialoghi amputati, l’analessi che precipita il lettore nell’abominio della violenza, “il profondo silenzio del bosco” dove si consuma il dramma, il sapiente dosaggio degli accorgimenti narrativi rendono “Il disertore” un piccolo capolavoro antimilitarista.
Indimenticabile, infine, è il quadretto dove Babel dipinge “un roseo, splendente mattino di primavera”. Ogni tragedia è preannunziata da una luce vivida, da una olimpica, eterea serenità.

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Il disertore

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