Il dono: espressione del cuore o delle convenienze sociali?
È ormai arrivato anche quest'anno il periodo delle festività natalizie, e con uno sforzo di originalità indubbiamente "unico", voglio occuparmi anch'io dell'argomento.
Il consumismo, per esempio, ha eletto questo periodo come il paradiso dello shopping, e forse ormai pochi si rendono conto che l'origine dell'usanza di scambiarsi doni risale a culture e tradizioni molto antiche.
I nativi americani che vivevano sulla costa del Pacifico, dall'Oregon all'Alaska, per fare un esempio, praticavano un tempo la cerimonia del Potlatch, per celebrare particolari momenti sociali: nascite, matrimonio, funerali di membri illustri della loro cultura. Si trattava di una festa nella quale venivano raccontate leggende, si cantava, si danzava e si mangiava per molti giorni; al termine, venivano distribuiti dei doni con modalità purtroppo fin troppo "moderne": i regali esprimevano nella loro maggiore o minore opulenza le condizioni economiche e sociali dell'ospite. Nasceva così una specie di "gara": chi riceveva un dono, era tenuto a sua volta a farne uno ancora più costoso, per riaffermare a sua volta il proprio status sociale.
Tutto questo era regolato da un'etichetta molto rigida e serviva come elemento di coesione sociale: da un lato ribadiva lo status presente, dall'altro le leggende e le tradizioni narrate nell'occasione richiamavano il lignaggio di ognuno. Per il sociologo e antropologo francese Marcel Mauss, la storia del Potlatch è stato il punto di partenza per elaborare le sue teorie sul dono. E chissà quante volte sarà capitato anche a voi di fare un regalo o di giudicarne uno ricevuto in base al suo valore esteriore, e non come espressione del cuore e dell'affetto del donatore.
In sé, il dono non è altro che una manifestazione di cuore e d'amore; e il concetto di donare implica il fatto di non avere nessun secondo fine e di non aspettarsi niente in cambio, altrimenti, si parla di scambio e non di dono. Ma questo è un aspetto decisamente non convenzionale. I rituali sociali impongono anche nella cultura occidentale l'utilizzo del dono come elemento di convivenza e (purtroppo) convenienza sociale, e proprio su questo si innesca il fenomeno del consumismo che riguarda non solo se stessi ma a questo punto anche la persona alla quale si intende fare un regalo. Io ho sempre considerato molto importante, nella scelta di un dono, chiedermi cosa realmente potesse far piacere alla persona che l'avrebbe ricevuto.
Oggi, è la moda e l'economia a suggerire: cose che fanno tendenza, ultimi modelli di telefonino, gadget che molto probabilmente non servono realmente alla persona che li riceverà; qualche decennio fa le cose non andavano certamente meglio. Le tristi ed immancabili cravatte esprimevano come oggi l'assoluta mancanza di creatività ed attenzione verso chi le riceveva.
Voglio proporvi una cosa che so che nella modalità culturale contemporanea è estremamente inusuale: se avete intenzione di fare qualche dono per le prossime festività, invece di farvi guidare da ciò che il mercato ha deciso al posto della vostra testa e del vostro cuore, pensate per un momento a chi riceverà e chiedetevi che cosa potrebbe realmente fargli o farle piacere. Lasciatevi guidare dei vostri sentimenti senza paura di fare "brutta figura". Se invece preferite lasciarvi guidare un po' passivamente dalle leggi del mercato dell'industria, probabilmente non siete in una condizione diversa da coloro che erano prigionieri della rigidità rituale del Potlatch.
Ancora una volta, qualunque situazione quotidiana può essere un'opportunità per confrontare all'interno di ognuno il cuore e la mente, l'Io e i condizionamenti sociali, e vedere chi vincerà.
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