In un’economia di libero mercato si può verificare un fenomeno che prende il nome di dumping (sotto costo), con il quale s’intende che un’impresa o un gruppo di imprese vende un bene a prezzi più bassi da quelli praticati normalmente dalle altre imprese. Ne abbiamo parlato a proposito della concorrenza cinese.
La cosa in sè potrebbe sembrare irrilevante, anzi, si potrebbe dire che è proprio questo l’aspetto positivo del libero mercato e cioè che la concorrenza tra le imprese ha come effetto di abbassare i prezzi dei beni, è una situazione fisiologica, è il principio per cui in tanti, nel secolo scorso, hanno sostenuto questo modo d’intendere l’economia.
Ma nel corso degli anni abbiamo constatato che un mercato che non è regolamentato porta a dei risultato non equi, si verificano tensioni, rapporti di forza, alleanze tra imprese per sconfiggere altre imprese, tentativi continui di monopolizzare il mercato; il quadro si fa ancora più critico se pensiamo alla globalizzazione, alla libera circolazione delle merci e alla possibilità che merci prodotte in alcuni Paesi costano pochissimo e questo può dipendere, per esempio, dal fatto che la manodopera in un Paese può costare veramente poco.
Il dumping, infatti, viene spesso utilizzato per evidenziare, nel quadro del commercio internazionale, che le imprese di un determinato Paese s’impongono sui mercati vendendo i beni a prezzi bassissimi.
Di solito le imprese che riescono ad imporsi sui mercati hanno le proprie attvità in Paesi in via di sviluppo, dove la manodopera costa poco.
E così si verifica che il mercato di un Paese, per esempio come l’Italia, risulti “invaso”da prodotti cinesi a prezzi stracciati.
E’ possibile richiedere l’apertura di un’inchiesta per verificare che si è in presenza del dumping, l’accertamento valuta per prima cosa, i costi di produzione del bene; il Paese in cui i beni sono prodotti e si procede a verificare quali sono le condizioni di lavoro, i diritti e i doveri dei lavoratori.
Di norma l’inchiesta viene avviata dalla Commissione Europea in base a una denuncia pervenuta da imprese comunitarie che rappresentano almeno il 25% della produzione europea del prodotto in questione. Nel corso dell’inchiesta, la cui durata è compresa tra i 12 e i 15 mesi, vengono raccolti ed elaborati i dati economici, si procede ad ispezioni e ad avere un punto di vista chiaro sui prezzi del bene X.
L’inchiesta verte in particolare su tre aspetti:
1) se si è effettivamente in presenza di dumping;
2) se vengono danneggiate imprese europee i cui beni o servizi sono in concorrenza con le importazioni oggetto di dumping;
3) se sia nell’interesse economico generale dell’Unione Europea mettere in atto delle misure per eliminare tale danno.
Il dumping e quindi l’inchiesta e la procedura per verificarne la presenza può essere oggetto di accordi tra Stati, in questo post analizzeremo solo la questione da un punto di vista europeo e cioè verificando quali sono le norme che tutelano il mercato europeo dalla possibilità che beni prodotti in altri Paesi possano danneggiare l’economia europea.
Per le importazioni da Paesi extra UE, il 23 marzo 2006 la Commissione Europea ha emanato il regolamento numero 553 del 2006, che ha istituito un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni nei Paesi comunitari di alcuni tipi di calzature con tomaie di cuoio originarie della Repubblica popolare cinese e del Vietnam.
A questo, fa seguito il regolamento 1472 dello stesso anno, cobn il quale si dispone l’istituzione di misure antidumping definitive e la riscossione definitiva degli importi depositati a titolo di dazio provvisorio.
E’ previsto che tali misure restino in vigore per due anni, a partire dal 7 ottobre 2006, per il tempo necessario affinché le aziende italiane ed europee possano attrezzarsi al fine di fronteggiare adeguatamente la sfida di un mercato internazionale sempre più agguerrito e competitivo.
Negli ultimi anni gli interventi normativi dell’Unione europea in materia di dumping sono numerosi e afferiscono a varie aree economiche, si pensi, per esempio alla direttiva numero 248 del 2011 con la quale la Commissione ha istituito un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di alcuni prodotti in fibra di vetro a filamento continuo originari della Repubblica popolare cinese («RPC»).
La questione è in continua evoluzione, il principio dal quale si parte è il seguente: sì al libero mercato purchè vi siano delle regole che puniscano la concorrenza sleale tra le imprese e purchè un’impresa o un gruppo di imprese non monopolizzi la vendita di un determinato bene.