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Il filo del discorso

Da Povna @povna
Di ritorno dalla Neverland di settembre - la 'povna ha avuto occasione di ricordarlo già lo scorso anno - non si riportano solo benefici. E se ancora le è stata risparmiata la tosse, questo non significa che l'autunno sia iniziato al netto di tutta una serie di malesseri che - lontani (per una volta) dall'attaccare (troppo) il fisico - fanno invece capo all'area intellettuale.
Nostalgia dei suoi tanti e variegati mondi, voglia di viaggi, movimenti liberi, scrittura dei libri che aspettano pazienti (ma non troppo), molti più treni: sono le cose (e del resto l'ha pure scritto qui, in una domenica di uggia) che le ronzavano nella testa a partire da lunedì 12 settembre (ma forse anche in uno scintillio traditore della sera di domenica, mentre galoppava verso la stazione nota in treno con Ohibò). O queste almeno la 'povna si è detta e ripetuta mentre riprendeva faticosamente il ritmo, constatava di avere la testa girata altrove un poco sempre, si rifiutava di farsi trascinare dall'onda, negandosi a un quotidiano che sa essere rassicurante, e pure bello, ma che in questo momento, proprio del tutto, non la appaga.
Ne ha parlato (anzi: scritto, ché qui la distanza è sempre in agguato, e rompe) per chili di caratteri con gli amici di sempre, ha approfittato del passaggio in città dell'amico mostro (per farsi sommergere dalla sua consueta capacità di rendere tutto ironicamente bello e piano), ne ha discusso con Viola in lungo e in largo, portando al parco l'Altra, e poi in almeno un paio di sessioni a cena.
Ma la verità è che l'umore le restava ancora sghembo, in testa la sensazione di un'increspatura perenne, che fa ostacolo, ma non si lascia acciuffare. Di certo non l'ha aiutata - questo è ovvio - la consapevolezza dei molti cascami (non sempre piacevoli) collegati all'organizzazione quest'anno così complicata di Neverland, che ha lasciato la sua bella coda di problemi diplomatici e di strascichi, coinvolgendo una volta di più la 'povna in una serie di discussioni multiple, con la Cugina, e poi con Trilly e Peter Pan. E, certo, parlando parlando, qualcosa di buono ne è venuto fuori (rettifiche di sguardi, di prospettiva e di metodi) e la 'povna, terzoviista per natura, si è subito sentita meglio. Eppure.
"Eppure" - continuava a pensare in ogni momento libero - "ancora c'è qualcosa che non quadra".
E finalmente si è svegliata una mattina e l'ha ammesso: le funzioni narrative, lei lo sa bene, contano. E c'era qualcuno che da tutto questo mare di caratteri, inesorabilmente, rimaneva fuori. Una volta accettata l'intuizione, va da sé, bisogna lavorarci al meglio e la 'povna si è messa all'opera con testardaggine, riannodando pian piano quel filo sottile, e ineludibile, che lega la sua vita da oltre dieci anni, andando a cercare dove si era aggrovigliato (quasi) inavvertitamente e ricordandosi che crede nell'ottimismo della volontà.
Quando lo sceneggiatore chiama, e tu rispondi, di solito poi il premio arriva per espresso. Approfittando di un anniversario in scadenza, la 'povna si è dunque dedicata alla missione con impegno, bussando caparbia (con l'insolenza di un testimone di geova) a quella porta che - sì, era aperta, come sempre - ma proprio del tutto non la lasciava entrare. Il resto sono (ancora) caratteri, e caratteri, e caratteri; e voci fuori dalla finestra, e tra i binari. Ma anche il sospiro di sollievo per un ritorno all'abitudine di sempre. Così la 'povna, posata con un sorriso la cornetta - e dopo aver mangiato la minestrina di riso da malati che le cura i postumi da antibiotico - alle nove del 26 settembre è collassata senza nemmeno Gad Lerner, risucchiata dal vortice dei suoi sogni semi-coscienti, buffi, colorati, narcolettici. E tuttavia, per la prima volta, di nuovo riposanti. Come non le accadeva da due settimane.

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