Magazine Talenti

Il filo sottile del desiderio

Da Gio65 @giovanniparigi

Non ricordava neppure il numero degli anni che erano passati dall'ultima volta che aveva visitato quella sterminata casa abbandonata. Tutt'attorno la natura aveva preso possesso e maestosi noci veleggiavano nel cielo oscurandolo.

Si girò e si posero di fronte ai suoi occhi tre casupole che resistevano sommerse dalla vegetazione. Di fronte alla mole della casa padronale sembravano vecchie pietre rotolate dal fianco della collina. Nella loro piccolezza erano state però capaci di accogliere una famiglia e un somarello magari, che d'inverno spingeva il suo calore oltre il diaframma del pavimento.

Giunto all'ingresso della vecchia casa padronale entrò e salì le scale di pietra che portavano alla grandissima cucina. Il vano della porta era impedito da un sottile filo di ragnatela, posto come un sigillo all'altezza delle sue spalle. Si dipanava teso da uno stipite all'altro. Poteva spezzarlo e sarebbe stato normale; ma perché farlo? Meglio rispettare i nuovi inquilini, pensò, e si abbassò per procedere oltre.

Intanto, incuriosito, un vecchio ragno osservava la scena e in cuor suo sperava che quello strano visitatore avesse proprio l'accortezza di rispettare il filo, messo lì più e più volte ma sempre spezzato dai visitatori. La bestiola tirò un sospiro di sollievo vedendolo chinarsi e superarlo, mentre il giovane, fatti i primi passi nella stanza, osservava quanto il tempo avesse conservato dalla sua ultima visita. L'unica modifica alla polvere, che come un sigillo di cera dominava anche ogni più remoto angolo, era la cenere di un fuoco acceso dai cacciatori, forse.

All'improvviso il giovane sentì dei colpetti di tosse. Si girò, si rigirò, guardò in alto, in basso ma niente! Era lì lì per pensare di aver immaginato tutto, quando udì di nuovo quei colpetti di tosse e una voce anziana e gentile che diceva: “Buongiorno giovane!”. La voce proveniva dalla vecchia cappa fumaria. Si avvicinò, si pose sotto la cappa e guardò in alto. Penzoloni a un filo stava un grosso ragno che si dondolava beatamente come se fosse in un'altalena.

“Ho detto buongiorno, non si usa dalle vostre parti rispondere?” disse sorridendo sapendo che il giovane non aveva risposto solo per lo stupore.

"Certo, buongiorno, anzi mi scusi, ma..." riuscì soltanto a dire il ragazzo con una faccia trasformata in maschera per la sorpresa.

“Sorpreso eh? La vita è piena di sorprese mi creda, anche se mi conosce da poco!" disse sorridendo il ragnetto.

“Questa lo è di sicuro!” rispose il giovane trasognato nel vedere ben a fuoco quell'animaletto che se ne stava sospeso a mezz'aria grazie a un sottilissimo filo che usciva dalla sua schiena. La sua bella faccina piena continuava a sorridergli come a dire: " Cosa c'è di strano, non ha mai udito o visto un ragno parlare?"

“Posso scendere o mi vola via come una mosca?” disse il ragno ridendo.

“Certo, prego... no, volevo dire che non scappo via, scenda pure. Vuole una mano... cioè insomma” farfugliò il giovane.

“Faccio da solo, faccio da solo non si preoccupi. Sono vecchio ma non ancora bacucco... o na... na... Nabucco forse. Come dite voi?”

“Ba... ba... bacucco diciamo” disse balbettando e sull'orlo di darsi del pazzo.

Il ragnetto, che non vedeva l'ora di mettere le zampette a terra, scese in un attimo e disse:

“Sediamoci, io su questo vecchio legno e lei si prenda quella bella pietra lì, che purtroppo l'ultima volta mi hanno annerita ridendo e scherzando! Se gli dicevo i secoli che ha ne avrebbero avuto certamente più rispetto Ma facciamo due chiacchiere, va' che è meglio. Sa, è tanto che non parlo con nessuno e ne avrei di cose da dire. Che cosa vuole chi va di fretta, a chi non gliene importa... fatto sta che l'ultima persona con cui ho parlato neppure la ricordo”.

“Mi dica pure, lo ascolterò volentieri” lo incoraggiò il ragazzo.

“Che strano giovane è lei! Sa che l'ho vista prima mentre si abbassava per passare la porta senza spezzare il mio filo? Non tutti lo fanno. Anzi, a essere sinceri, lei è stato uno dei pochissimi. Passano tutti avanti belli pettoruti come se fossero a casa loro. E dire che ci vuole poco, santa pazienza! Basta che si abbassino, insomma! Peggio per loro, sai a me cosa ne viene... Sembra il solito filo messo là, ma se la sapesse tutta...il mio prozio m'insegnò a intrecciarlo, pace all'anima sua. Mi ci sono voluti trentacinque anni per imparare: prova e riprova, prova e riprova e con lui a dirmi quando era lento, quando troppo trasparente, quando troppo appariscente; è basso; è alto...la pazienza di quei giorni!" disse sospirando il ragnetto. Lei deve comprendere che tessere è un'arte e non s'improvvisa, non è cosa di poco conto. Ad esempio sembra che le coordinate più importanti della ragnatela siano quelle concernenti l'installazione materiale, ma in realtà quella è la cosa più semplice; farlo stare su insomma è semplice. Il difficile viene quando affronti il problema nel suo insieme. Devi rispondere a delle domande che fanno tremare i polsi: cosa vuoi catturare? Dove devi metterlo per catturare? Per farle un esempio: prendiamo il dove: perché il filo è lì, mentre la mia ragnatela è qui?”.

“Mi scusi, ma è inutile qualsiasi mia risposta: non ho mai tessuto tele” rispose il ragazzo.

“Ho messo il filo alla porta e la mia ragnatela qui perché hanno due funzioni diverse: il filo della porta ha una funzione che ora non posso spiegarle; mentre la ragnatela sopra alla sua testa è la ragnatela di cattura, che è costruita in tutt'altra maniera. Lo vede? Alla porta c'è un mono filo, mentre la ragnatela ha una costruzione geometrica ben precisa: è un eptagono quasi perfetto, e dico quasi perfetto perché le mura della cappa mi hanno costretto a un'aberrazione di qualche grado, anche se ininfluente. Capisce benissimo che al di là della struttura c'è stato anche un problema di collocazione. Poteva metterla nella stanza da letto, ma sarebbe stata una cattura troppo selettiva, mentre a me servivano tutti. Oppure nell'angolo delle scale dove c'è molto passaggio, ma rimaneva irrisolto il problema della differenziazione nella cattura ... Ecco, ora almeno capisce perché quando venite nelle nostre case o nei nostri boschi dovreste... beh lasciamo perdere!” e con una zampetta scaccio via quella piccola, non gradita mosca polemica.

“Questa però gliela voglio proprio dire. Chi è quel genio che ci ha paragonato al diavolo? La nostra virtù più evidente è la pazienza che è figlia primogenita dell'umiltà!"

“Ah... sì, ho letto qualcosa a riguardo, ma anche questo non so proprio dirglielo, mi creda” disse il giovane quasi dispiaciuto.

“Pure questo però è forse un argomento pesante e non voglio annoiare proprio lei! Il fatto

E' che non tutti i ragni catturano insetti! Che Penserebbe ad esempio se le dicessi che io catturo desideri?”.

“In che senso scusi?” chiese il giovane

“Desideri, sì desideri"

"Poi, cosa ne fa?" domandò il giovane.

“Poi niente, li avvolgo in un bozzolo e li conservo. Non ci crede? Aspetti che le faccio vedere!” e in lampo salì di qualche metro lungo un filo di ragnatela usato come scala, entrò in una fessura che aveva tutta l'aria di essere l'uscio di casa. Ne uscì poco dopo tenendo tra le zampette un bel po' di piccole sfere bianche e qualcuna nera.

“ Queste sono alcune che ho raccolto qui, in questo focolare quando ancora la casa era viva.

Posso leggergliene qualcuno, se vuole?"

“Certo, faccia pure, ne sono lieto” disse il ragazzo

“Senta questa” e raccontò del pastore che desiderava essere un artista. Di un altro grande e grosso che avrebbe voluto essere piccolo come una lepre per dividerne d'inverno il caldo e il silenzio della tana, specie quando fuori infuriava la tormenta. Poi quello della serva che voleva essere principessa e che lo divenne veramente per una serie di circostanze che accadono solo nelle favole. E altri ancora.

Quando poi prese l'ultimo disse “Questo guardi è il mio preferito! Il giovane, già divertito da quella piccola raccolta di stranezze umane, si aspettava, come dire, il gran finale, cioè qualche desiderio assurdo, e invece... guardi qua! niente, bianco, bianco, bianco! E nell'ultima riga cosa? Legga".

Il giovane si piegò su fianco e stringendo gli occhi lesse ad alta voce “Che stanchezza!”

“Sa che cosa è successo?” chiese il ragno.

“Non lo immagino neppure” rispose il giovane.

“ E' andato a letto e non si è più alzato, l'hanno trovato che sembrava dormisse!"

Risero educatamente entrambi divertiti che la morte, quella volta, avesse dovuto chinare la testa al desiderio degli uomini.

“Mi dica” riprese il ragnetto in maniera bonaria e con il malcelato intento di coinvolgere il suo interlocutore “ mi dica, lei non ha storie da raccontarmi?”. Il ragazzo abbassò la testa e disegnò con le dita un piccolo cerchio sulla cenere dell'ultimo fuoco acceso in quel camino.
“Qualcuna ne avrei, ma sarebbe lungo raccontarle e sono certo che l' annoierei. Meglio che sia lei a parlare, anche perché non credo di aver mai sentito storie così: sembrano uscite da qualche libro di vecchie cronache o dalla fantasia popolare. Mi dica, mica si sarà inventato tutto?” disse il ragazzo cosciente che il ragnetto avrebbe capito l'innocente provocazione.

“Eh, magari mi fossi inventato tutto, mi sarei risparmiati anni di lavoro; che poi non è tanto brutto; brutti semmai sono stati gli anni di attesa, quando la casa era vuota come un riccio di castagne; quei giorni pungevano come i loro spini”.

“Come avrà capito” disse il giovane " io prima scherzavo. Immagino che le siano stati davvero pesanti quei giorni e se fosse per me lo sarebbero ancora, perché non ho molto da dirle”.

“Beh, in fondo ha ragione: meglio tacere e ascoltare se non si ha molto da dire; mica come quelli che si mettevano sotto il camino durante i giorni di Natale e non desideravano niente, niente d'importante! Se sapesse cosa gli passava per la testa mi darebbe ragione. Sembrava che in quei giorni desiderassero tanto per desiderare: chi il caffè alle quattro del mattino, e magari la caffettiera era lì bella piena sulla mensola” disse indicando la parete di fronte su cui era rimasta solo l'ombra di quella che fu una lunga e spessa asse di legno “chi il sigaro dopo pranzo nonostante che ce li avesse a due passi nella sua bella scatolina! Con la neve poi... arrivavo a sera che avevo dolore alle zampe per la stanchezza!” disse sospirando il ragnetto.

“A proposito delle mie zampe, sa che stavo per perderne una per colpa di qualche parente di quel topolino che da un bel po' se ne va a zonzo per la casa mentre noi parliamo? Lo ha alla sua sinistra” e con una zampetta indicò un topolino che spavaldamente scorrazzava per la stanza incurante della loro presenza.

“Come accadde glielo spiego subito. Ero uscito per la mia solita passeggiata mensile» disse con il musetto velato da un moto di tristezza «quando all'improvviso sentii arrivare come una furia e alle spalle un grosso topo. Mi afferrò per una zampa, ma in qualche maniera riuscii a liberarmi e a salire sulla parete che avevo a fianco e gli feci marameo. Ancora deve nascere il topolino che fa cena con me! Si figuri che non rinunciavo alle mie passeggiate neppure quando in casa giravano certe massaie che mettevano paura solo a guardarle, tanto erano grosse. Figuriamoci se mi faccio spaventare da qualche topastro. Anzi le dirò che una volta una di quelle massaie mi beccò poco prima dell'alba proprio qui in cucina. Me la trovai davanti ferma e decisa come una statua di marmo che mi guardava con due occhi che non le dico. Prima si mise a urlare che svegliò tutta la casa; poi mi dette la caccia a pestoni tali che tremavano le mura, e dire che sono belle solide. Quando arrivò il marito in pigiama credeva andasse a fuoco la casa, tanto era il baccano che aveva fatto. E glielo disse a sua moglie che ero e sono solo un ragno, ma lei niente, dura come una noce...: “Potrebbe mordere” diceva “ tu non hai visto che ragnaccio sia... ci sono i bambini...” tutto così fino a dire: “E se casca nella minestra di qualche ospite, che figura ci facciamo?” Ecco a quelle parole il marito prese quanto necessario per un po' di cemento e murò la fessura della mia tana.”

“E come fece a uscirne?” domandò il ragazzo curioso.

“Eh mio caro, ci vogliono delle accortezze per salvarsi la pelle se siamo ragni in casa d'altri. Bisogna sempre farsi una o più vie di fuga come ho fatto io su consiglio del mio prozio”

Tacquero per un po' entrambi. Il ragazzo prese a spianare con un piede il cerchio che poco prima aveva fatto sulla cenere, mentre il ragnetto colse l'occasione per schiarirsi la voce con due colpetti di tosse.

“Certo che è un peccato la rovina della bella chiesa in cima alla collina. Sa dirmi chi è stato l'ultimo parroco?” chiese il giovane riaprendo quel sipario di silenzio che per un attimo era calato.

“L'ultimo parroco? L'ultimo parroco era un sant'uomo, mi creda. Inoltre conosceva il latino e il greco e parlava francese» rispose il ragnetto sospirando «Ho anche un suo desiderio nella mia collezione. Vuole che glielo legga? Le interessa?”

“Certamente”

“Aspetti un attimo che lo cerco. Dovrebbe essere tra gli ultimi, perché con lui se ne sono andati via tutti nel giro di pochi anni. Sa, queste montagne non si addicono più alla vita di oggi. Ah, eccolo qua!” disse il ragnetto allungando una zampetta su un bozzolino che se ne stava nel mucchio.

“Anzi non sto ad aprire il mio bozzolino, perché posso dirle a memoria cosa c'è scritto. C'è scritto: “Come posso amare chi mi ha rovinato la carriera?”. Il parroco espresse questo desiderio una notte che rimase in questa casa per via di un moribondo cui era molto legato. Dopo l'estrema unzione si mise qui sotto la cappa e accese una candela, mentre una bella fiamma lo riscaldava. Pregò incessantemente per ore con le mani giunte che tremavano per la tensione delle dita”

“Mi scusi” replicò il ragazzo “Ma mi aveva detto che era un sant'uomo, ma dal suo desiderio mi sembra un bel po' rancoroso per via della sua carriera interrotta”.

“Non dica sciocchezze...deve conoscere l'uomo e il sacerdote prima di giudicare. Vedrà che proprio il suo desiderio è una sintesi perfetta dell'uno e dell'altro” disse serio, serio il ragnetto. Poi aggiunse: “L'uomo era un modello di umiltà e laboriosità, oltre che di generosità. Deve sapere che se uno dei suoi parrocchiani aveva bisogno di qualcosa o era in difficoltà si faceva in quattro per aiutarlo. Una volta vendette la sua cavallina per aiutare una famiglia bisognosa e così per due anni si è fatto a piedi tutta la sua parrocchia che, come avrà notato, non è raccolta attorno al campanile, ma frazionata in tanti piccoli poderi . Questo la dice lunga sull'uomo e in qualche maniera dice qualcosa anche sul sacerdote. Aveva tutte le carte in regola per una carriera ecclesiastica con i fiocchi: a quei tempi sapere, come lui, di latino e di greco significava poter ambire a una parrocchia ben più importante di questa. E l'avrebbe ottenuta se non fosse stato per la sua avvenenza, che gli attirava addosso molte insinuazioni. Fu il vescovo ad alimentarle per motivi che non conosco. E credo che quando quella notte il parroco si chiedesse come amare chi gli aveva rovinato la carriera si riferisse proprio a lui, anzi ne sono certo. Come sono certo che se il vescovo è beato si deve proprio al parroco che propose, con molta discrezione, la causa della sua beatificazione presso i superiori. Mi ha seguito? Ha capito quello che voglio dire?”

“Credo di sì” rispose il giovane “in fondo quel suo chiedersi come amare chi gli aveva rovinata la carriera altro non era che mettere in pratica il precetto evangelico che comanda di amare i nemici. Non c'era rancore nelle sue parole, ma solo una profonda fede. Credo anch'io che sia stato un sant'uomo, ed è un peccato che non sia riuscito a esprimere pienamente, e in una sede adeguata, caratteristiche così nobili. Che fine ha fatto il parroco?”

“Glielo dico subito: è morto povero in canna e si è fatto seppellire nello stesso cimitero dei genitori, quindi abbastanza lontano da qui. E dire che al suo funerale c'erano tutti gli abitanti della zona, i quali sarebbero stati ben contenti di seppellirlo in questa parrocchia cui aveva fatto un gran bene”

“E il vescovo?” chiese il giovane «Il vescovo c'era al suo funerale?”

“No non si fece neppure vedere” rispose amareggiato il ragnetto, che per allontanare quel ricordo increscioso cambiò improvvisamente argomento e disse:” Le ho detto cosa accadeva di bello qui una volta, oltre le visite sotto la cappa di questo camino? Le feste e i pranzi che seguivano erano molto belli” disse il ragnetto con un moto di nostalgia “vedesse che gran lavoro prima; portavano di tutto e c'era lavoro per tutti. Pensi che una volta ho visto il padrone che sbucciava patate! Poi a tavola succedeva di tutto: i bambini, le risa degli adulti; le discussioni accese; gli scherzi... era bello, bello veramente. E che sbronze si prendevano alcuni, sbronze tali che qualcuno si tratteneva fino al mattino seguente tanto aveva bevuto. Poi, specie se era d'inverno, venivano sotto la cappa e non le dico i desideri di molti alla vista di tutte quelle spose e ragazze. Avrà già capito che non si possono riferire, non sta bene, anche se in qualche maniera farebbero solo ridere un po’”.

“E le donne niente desideri inconfessabili?” chiese divertito il ragazzo?

“Certamente, ma se delle signore non se ne dice l'età, non possiamo dirne certamente i desideri pruriginosi, non le pare?”

“Certo, certo” disse il ragazzo.

“Eh...beata gioventù!” disse il ragnetto.

“E' vero, ma non sempre!” replicò il giovane.

“In parte ha ragione, ma temo che non abbia ben compreso il senso della mia osservazione. Ho detto beata gioventù non perché fossero i giovani o le signorine ad avere desideri un po' particolari, ma al contrario, erano proprio i più anziani ad avere i bollenti spiriti, e se le dico bollenti mi deve credere perché in alcuni erano roventi" A quest'ultime parole del ragnetto il ragazzo prese a ridere.
“Ora che ci penso, sa che ho un bel desiderio proprio di quei giorni di festa? Forse lo troverà interessante o le piacerà addirittura. Aspetti un attimo che vado prenderlo perché credo che prima mi sia sfuggito” e salì vorticosamente nella sua casetta per tornarsene subito dopo e dire: " Eccolo qua! Vede? Mi era sfuggito”. Poi aprì con calma il piccolo bozzolo di seta bianca e girando la testa disse: “Questo è il desiderio che io chiamo del perché".
"Che cosa intende dire?" domandò il ragazzo.
“Ascolti la storia, capirà» disse il ragnetto con voce calma.
Il ragnetto assunse un'aria pensierosa, rarefatta, tanto era assorta. Per qualche istante i suoi occhi, nonostante fossero fissi sulle pietre del camino, si persero in quella sua memoria sterminata, fatta di persone, luoghi e avvenimenti di lì a un passo ad andare perduti. Un bene prezioso a suo modo, affidato a quelle zampette così fragili che sembrava persino impossibile che ne fossero le custodi. Poi, con un filo di voce, disse quasi tra sé "Qui c'erano tante persone una volta. Tante veramente come le ho detto. Non che ci abitassero tutte» e si soffermò un attimo come se stesse aggiustando o mettendo a fuoco una vecchia bobina; poi riprese “Alcune erano qui come... beh diciamo stipendiati, ma spesso abitavano qui perché non avevano dove andare ed erano accolti dal proprietario in cambio del loro lavoro. Tra questi arrivò, al tempo delle castagne se ricordo bene, una signora ancora giovane; dico signora perché con sé aveva una bambina molto piccola. Io pensai che fosse accaduto qualche inconveniente, come si dice, e invece... " si fermò di nuovo a pensare «invece... mi segua la prego” disse come tornando in sé. ”Invece non fece mai parola con nessuno, nessuno sfogo, e non l'ho neanche mai vista piangere, mentre la bambina, quando divenne grandicella, vedesse che lacrimoni specie a Natale! Neanche in quei giorni non venni mai a sapere -intendo dire dai desideri- perché la piccola si sedesse qui, magari dopo essere stata alla finestra con una faccia tale da sembrare essere uscita da una pioggia di mattoni invece che di fiocchi di neve, e non facesse altro che dire: “Perché, perché?» appena si sedeva al fuoco. Io intuivo che si trattava della sua, come dire, mancanza del padre, ma mai ho letto niente in proposito sulla mia ragnatela. Fu un mattino che erano sole, madre e figlia, che dalle labbra della madre venne fuori tutto quanto. Ascolti". Il ragnetto fece una breve pausa come per organizzare in un attimo le idee e riprese il discorso interrotto con una foga nuova, quasi appassionata.

“La madre” disse alzando una zampetta " poco prima di chiamare la figlia era a quel vecchio acquaio in pietra che lei ha alle sue spalle. Stava facendo qualcosa, ma si fermò d'un tratto come piantata sulle braccia guardando l'acqua.  Poi si voltò di scatto e mise le mani sui fianchi senza asciugarle. Rifletté per qualche istante e allora si asciugò, cioè si asciugò prima di mettere le mani nel suo petto come a rassicurarsi di qualcosa. Io lì per lì pensai che si sentisse male o che avesse qualche malore passeggero. Invece, asciugandosi ancora le mani mentre camminava, giunse alla scala di legno e chiamò la figlia, che comparve di lì a poco. Le disse di sedersi e di ascoltarla molto attentamente. Poi - lei non ci crederà- le disse, in maniera quasi brutale, che era stata una prostituta prima di trovare ricovero in questa casa. Vedesse la faccia della bambina! Distrutta poverina!”
“Lo immagino” disse il ragazzo.
“La madre, però, non aveva solo questo da dire" disse il ragnetto stringendo le labbra per non sorridere " E' come se la vedessi adesso. Erano sedute una di fronte all'altra. A un tratto la madre prese le ginocchia della piccola e disse: ” Ehi, aspetta! Mica te lo avrei detto se la storia finiva qui!” e gli disse ciò con la franchezza e speditezza tipica del mestiere. E, infatti, subito dopo aggiunse che una sera si presentò da lei un uomo giovane con lo sguardo quasi febbricitante, tanto che lo credeva quasi sul punto di morire “Un signore distinto, educato e di poche parole” disse, che non era stato per sesso che aveva bussato alla sua porta, ma per avere un figlio o una figlia. La madre all'inizio la prese sul ridere, ma poi vista la determinazione dell'uomo e più ancora quell'aspetto disarmato ma deciso nel proposito, lo prese sul serio e dopo un po' di esitazione accettò la proposta».

" Come fece a convincerla quel tipo, che le disse?" chiese il giovane.

“Non gliel'ho detto ancora?”

“No” rispose il giovane.

"Ho poco tempo signora, davvero poco tempo: può accettare o rifiutare", così le disse, ricordo perfettamente le parole della madre" aggiunse con foga il ragnetto come immedesimato nella vicenda e con il timore di non essere creduto.
Il ragazzo, che fino allora aveva taciuto, si fece attento; la trama portava a una sola conclusione, ma si chiedeva come fosse possibile che quel signore febbricitante potesse nascondere chissà quali segreti.
"Il bello viene ora" disse il ragnetto abbozzando un sorriso divertito.

" La madre trasse dal petto un astuccio e lo porse alla figlia dicendo: " Guarda, tesoro, guarda cosa non mi dette quel signore per aver accettato la sua proposta" e le porse un astuccio di madreperla che poteva contenere di tutto. Secondo lei cosa c'era?» chiese improvvisamente il ragnetto al ragazzo.
“Diamanti, una collana di oro e diamanti forse!” rispose il ragazzo in preda all'impazienza.
“No, no... non ci siamo” disse il ragnetto come a rilevare un grave errore.
“Sa cosa conteneva? Lo sa?”
“No, le ho detto quello che immaginavo ci fosse, altro... non saprei” disse con voce rassegnata il giovane.
“Una penna stilografica conteneva, una penna stilografica! Lo avrebbe mai pensato?” .

Il ragazzo si limitò a un'espressione di stupore senza proferire parola, quasi come volesse stringere sui tempi: il finale lo aveva ormai catturato.

“E vedesse come bella... era scura, color liquirizia e la graffa era di oro con incastonati tanti piccoli rubini. Per non parlare del pennino...oh! Vedesse, vedesse...inimitabile, e anche quello in oro zecchino!”
"La madre non disse niente della penna?" chiese il ragazzo.
"Certo, disse che il padre della piccola l'aveva pregata di consegnargliela quando sarebbe stata grandicella abbastanza da capire" disse il ragnetto" ma non solo, la madre aggiunse :” Capisci che non ti ho mentito? Sapessi le volte che ho pensato di venderla! Avrei fatto la signora! Ma era tua, e ora te la consegno. Sono stata molto franca all'inizio perché ero certa che tu, alla fine, vedendo la penna, avresti capito”.
"Come reagì la bambina?” chiese il giovane.
“Era ipnotizzata, si alzò senza distaccare un attimo gli occhi dalla penna e salì in camera”.
“Della bambina ha saputo più niente?” chiese il ragazzo.
“Certo, è tornata qui più volte prima che se ne andassero via tutti. Aveva con sé una macchina che mangiava fogli e faceva tic tac tic tac tac ... "
“Una macchina per scrivere, intende?"
“Sì, credo di sì, ma ciò che importa è che sull'ultimo foglio metteva sempre la firma con quella penna, o almeno credo che fosse la firma; ma lo era, lo era... Oh sapesse» disse sospirando il ragnetto " quanto mi manca quel suo tic-tac! Mi mettevo i miei zoccoletti di legno e ballavo. Deve sapere che quando ero nei miei anni ne valevo almeno cinque di ballerini!”
“ Beh, lo credo bene!” disse il ragazzo sorridendo.
"Certo che lei è strano davvero: non desidera niente e non mi racconta storie. La ragazza ce l'ha? Mi parli di lei” disse il ragnetto con gli occhi che brillavano.
“Se insiste, me ne vado” rispose il giovane sorridendo.

 “Ma no, non se ne vada che leggiamo un altro bel desiderio! Vediamo un po’…ecco, questo della serva che voleva sposare un ricco mercante lo troverà certamente…come dire…sorprendente. Tutto si è svolto come nelle favole, anzi, se non fosse per il finale, in fondo, lo sarebbe una favoletta logora. Deve sapere che molti anni orsono viveva in questa casa una bellissima figlia di contadini che non si era mai abituata alla povertà in cui la relegava il suo stato sociale. Era sempre triste e fantasticava di castelli, cavalli e servitù. Indubbiamente era una gran brava figliola, molto solerte nelle sue faccende e occupava il camino solo alle primissime luci dell’alba. Insomma era sempre la prima ad alzarsi. Il suo desiderio, come ho detto, era sposare un ricco mercante, e fu esaudita.

Accadde tutto una domenica di Pentecoste. Lui, un bel giovane con una folta e nera barba, giunse qui con il suo cavallo- un esemplare di maremmano che era una meraviglia, tanto che mi rammaricai molto di non saper cavalcare- e rimase alcuni giorni perché doveva trattare l’acquisto di un appezzamento di terreno. Il fato volle che lei al momento del suo arrivo stesse pulendo la terrazza che dà sul cortile. Ci fu il più classico colpo di fulmine: entrambi non riuscivano a staccare gli occhi l’uno da l’altra, mentre il cavallo emetteva lunghi e profondi nitriti. Poi lui, cavallerescamente, si tolse il cappello e la salutò. Scambiarono qualche parola, ma ormai cupido aveva già scagliate le sue frecce, che andarono tutte a segno perché di lì a poco si sposarono. La vidi partire tutta felice un giovedì di Settembre su un calessino nuovo nuovo, per poi…” il ragnetto fece una pausa e poi scoppiò a ridere.

“Per poi?” chiese curioso il ragazzo.

“Per poi vederla tornare vestita da gran signora con la scusa di un salutino veloce agli amici che aveva lasciati. Nell’attesa che giungessero dalle loro occupazioni si sedette sotto la cappa e…legga, legga e mi dica se non c’è da ridere!” esclamò il ragnetto porgendogli la piccola pergamena di seta bianca.

“Ossignore potessi tornare” lesse il giovane che non poté fare a meno di commentare dicendo:” Ma come, baciata da una così buona sorte che l’aveva esaudita come poteva rammaricarsi? Non si trovava bene con suo marito?”

“No, voglio dire che non credo che lui la trattasse male, è solo che…la conosce quell’aria del Rigoletto che ben descrive donne come lei?”

“Sono totalmente digiuno di lirica” rispose il giovane.

“L’aria è questa” disse il ragnetto dando un breve colpo di tosse prima d’intonare con una splendida voce da tenore: La donna è mobile, qual piuma al vento, muta d’accento e di pensier”.

“Sa che ha una gran bella voce? Quando ha imparato a cantare?” domandò il ragazzo.

“Da piccolo perché ci educano in tutte le discipline artistiche, poiché non sappiamo ancora in quale casa dovremo svolgere il nostro lavoro e la catalogazione richiede la conoscenza di quasi tutto lo scibile umano e anche oltre, come nello strano caso del somarello”

“Come anche gli animali, pardon…volevo dire…” farfugliò il ragazzo per il timore che quella parola avesse potuto offendere il ragnetto.

“Certamente anche noi animali esprimiamo desideri, lo strano è come sia capitato nella mia tela. Io credo che sia stato possibile perché la stalla è sotto di noi e il desiderio del somarello fu particolarmente intenso” spiegò il ragno.

“Quale desiderio espresse?”

“Chiese che ha un contadino gli venisse una bella vescica sulle labbra e sa perché?”

“Siamo alle solite, no, non lo so me lo dica lei”

“Perché i giorno prima, dopo averlo caricato di legna , il povero somaro procedeva a passo molto lento. Il contadino invece aveva fretta e lo spronava energicamente. Il somarello però non poteva andare più veloce era troppo carico! Fu così che a quel bifolco venne in mente di accendere un sigaro, attizzarlo ben bene e ridendo accostarglielo allo sfintere” disse il ragno scuotendo la testa.

“Ma no, non mi dica, che crudeltà inutile” esclamò il giovane.

“Ecco ora sa il motivo per cui la bestia espresse quel desiderio di vedere nel bel mezzo delle labbra una bella vescica, nient’altro che un contrappasso”

Il ragazzo, capito ciò, scoppiò a ridere, poi chiese se il desiderio si fosse avverato.

“Certamente” disse il ragnetto “Gli venne , come le ho detto, proprio nel bel mezzo della bocca. E vedesse che confusione si creò! Vennero i dottori e pure il prete a benedirlo , ma nessuno seppe spiegare l’origine di quella che molti pensavano fosse una pericolosa e contagiosa malattia. Di certo si prese una bella paura e non pensò mai che se ci si comporta a quella maniera con le povere e fedeli bestie non ci si deve meravigliare se ci si svegli con la faccia come il… non mi faccia essere volgare, anche se ne avrei una gran voglia” disse il ragnetto prima di smorzare il tono polemico con un sorriso. Poi, tutto allegro, disse: A proposito di voglie, sa mi andrebbe proprio un bel bicchierino? A lei va?” chiese al giovane.

“Certo, ma data l’ora mi raccomando che sia solo un goccio”

“Sentirà che bontà, ci sono distillate quindici erbe e la ricetta è segretissima. Ce la tramandiamo da secoli. Sembra che un mio avo, per il terrore che aveva dell’acqua, ne scolò un’intera bottiglia prima di imbarcarsi sulla Pinta alla scoperta di quelle che sarebbero state chiamate Americhe”.

“Perbacco…addirittura …il 1492” esclamò” esclamò il ragazzo.

“Di cosa si meraviglia, la mia stirpe risale molto più indietro nei secoli. Ma aspetti che vado a prendere bottiglia e bicchieri” disse alzandosi, e afferrato il filo di ragnatela che usava come scala salì, per poi discendere dopo pochi minuti, durante i quali il giovane si dette un’occhiata attorno perché ancora non del tutto sicuro che si trattasse di un sogno.

“Eccomi di ritorno” disse il ragno stringendo due minuscoli bicchierini colorati e una boccetta trasparente “Prego, mi dica quando basta” chiese il ragno. Il giovane vista la capienza del bicchiere lasciò che fosse riempito fino all’orlo.

“Allora brindiamo al nostro incontro” disse festante il ragno.

“Al nostro incontro, certamente” rispose il giovane assaporando quel denso liquore con un deciso retrogusto di mandorla che lentamente lo avvolgeva in una piacevolissima euforia. Capì subito che ciò non era dovuto alla quantità, ma alla presenza di qualche strana erba. Temette per un attimo qualche strana reazione, ma poi prevalse la fiducia che oramai nutriva nei confronti del ragno e disse a lui rivolto che era una vera e propria delizia.   

“Lei mi è simpatico! Le darò la mia collezione di desideri”.

“Se crede... la prendo ben volentieri” All'entusiasmo del giovane il ragnetto rispose con una velocissima corsa che lo vide salire in casa e discendere in un attimo con le zampette colme di bozzolini, per lo più bianchi.

“Tenga e adesso vada. Non voglio rubarle troppo tempo”

Si salutarono e il giovane uscì, ma rendendosi conto di non aver chiesto se poteva di nuovo incontrarlo tornò indietro. Su quello stesso legno dove prima sedeva, ora quello strano esserino giaceva immobile. Accanto ad un bozzolo che pareva sfuggito da quelli che gli aveva donato. Lo aprì e lo lesse.

"Signore,

sono ormai molto vecchio e la casa è disabitata da tempo. Mi hai detto di aspettare che qualcuno rispettasse il sigillo e di consegnargli tutto. E questo farò, ma permetti che venga e lascia che io, ultimo della mia specie, mi ricongiunga ai miei”.

Un raggio di sole invadeva la stanza. Quella luce era lì a dire che non c'erano più segreti da svelare. Quel piccolo confessionale di campagna sarebbe stato di lì a poco preda di ragni veri. Quel sacerdote mandato da chissà quale destino se n'era andato lasciando la sua vecchia ragnatela come se fosse una stola di seta. A suo modo aveva preso congedo da un mondo che aveva benevolmente spiato da quella fessura da cui aveva visto il giovane entrare piegandosi per non spezzare il filo. Altresì aveva preso congedo dalla sua ragnatela,

con cui aveva raccolte le più segrete istanze delle persone che si erano avvicendate a quella fiamma antica, da sempre incapace però di ardere definitivamente quel colloquio solitario che ogni uomo ha con se stesso se messo in qualche angolo nascosto del mondo come di una casa.

Si era fatta sera. Quel raggio di luce che prima aveva illuminato la vecchia cucina aveva perso la sua forza. Un tenue crepuscolo calava come un sipario. Capì d'un tratto che le spoglie del ragnetto non erano lì per caso. Era stata una precisa scelta quella che si tenessero, a suo modo, esequie pubbliche, cosciente, forse, che tanto nessuno schiaccia un ragno morto.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :