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Il Foro di Traiano: marmo e potere

Creato il 08 gennaio 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Se un cittadino dell’Impero Romano aveva bisogno di qualcosa, tutto quello che doveva fare era semplicemente uscire di casa e recarsi al Foro. Lì avrebbe trovato i magistrati che aveva eletto qualche mese prima, i concittadini con i quali lamentarsi della loro inefficienza e commentare le ultime imprese belliche dell’Imperatore del momento. Avrebbe anche potuto ringraziare le divinità, visto che in un Foro che si rispetti non poteva mancare un tempio coi suoi sacerdoti. Se poi risiedeva a Roma, sapeva di poter ammirare direttamente la gloria dei suoi leader impressa nel marmo e riconoscersi come parte di quella gloria, riconoscersi come cives protetto dalle divinità tutelari del princeps e dell’Urbe e specchiarsi nei bottini di guerra portati da terre lontane ma sottomesse. Ogni foro era infatti espressione della società romana, rifletteva nei suoi edifici e negli apparati decorativi i rivolgimenti politici del tempo in modo abbastanza fedele, senza però mai abbandonare le tradizioni che per secoli avevano sorretto la politica e la vita quotidiana di ogni romano. Queste grandi piazze erano la risposta a esigenze pratiche di vita comune da parte dell’Imperatore, che faceva attenzione a rispettare tutto questo complesso sistema di valori imperniato sulle divinità, sul Senato, sul Popolo e sull’esercito, facendo erigerne uno in ogni città importante e arricchendolo con una basilica per le sentenze e gli scambi commerciali, con un tempio, con un porticato sotto il quale ripararsi per fare vita sociale e con una Curia dove il Senato locale poteva riunirsi.

Certo, l’idea in sé di una piazza dove riunirsi non era assolutamente nuova visti i precedenti in tutto il Mediterraneo orientale, ma la cura e il valore che i Romani spendevano per questi luoghi li rendeva vitali e alla base del progetto di omologazione culturale che promossero per tutta la durata del loro dominio. A volte, però, il potere cambia le carte in tavola senza lasciare tracce evidenti come editti o guerre, ma semplicemente mutando consuetudini vecchie di millenni, o almeno lascia dei segnali che ci permettono di capire la reale forza di un personaggio storico: è il caso di Traiano e del suo Foro, che ci racconta del potere immenso raggiunto da questo imperatore e dell’assoluta dedizione che i suoi sudditi (Senato compreso) gli tributavano.

Quando, secondo i Fasti Ostiensi, nel 112 d.C. i cittadini di Roma poterono entrare nel Foro di Traiano, possiamo essere certi che si accorsero subito delle notevoli differenze. Anzitutto, le dimensioni: lungo quasi il triplo rispetto al Foro di Augusto, questo complesso immenso era articolato in tre ambienti principali, separati da ingressi monumentali. Il primo era largo e stretto, diviso in due vani laterali adibiti a biblioteche che si affacciavano su quello centrale che ospitava la famosissima colonna di Traiano, che celebrava la vittoria dell’imperatore sui Daci e avrebbe poi ospitato le sue ceneri. Adiacente a questo stava la basilica, una delle più grandi mai costruite, sontuosamente decorata e che serviva a ospitare una buona parte della vita commerciale della città- sempre in crescita e sempre bisognosa di nuovi spazi. L’ultimo ambiente del Foro di Traiano era la piazza vera e propria, decorata da tegole dorate e da statue raffiguranti i nemici sconfitti da Traiano nella recente guerra. Eppure, in questo incredibile complesso manca il tradizionale tempio, manca il luogo dove ringraziare le divinità per tutta la gloria e la potenza acquisite: manca, nel Foro di Traiano, lo spazio per gli dei, ai quali dalla tradizione precedente era stata sempre riconosciuto un posto in primo piano. Neanche Cesare o Augusto avevano osato tanto, ovvero dire, in modo velato ma molto esplicito, che l’unica autorità alla quale Traiano doveva rispondere era l’imperatore, ovvero Traiano stesso. Neanche il Senato, per altro scavalcato senza troppi pensieri nell’edificazione della colonna-tomba – era infatti un privilegio esclusivo del Senato concedere una tomba all’interno del pomerio, privilegio che Traiano reclamò per se stesso. Fu come assistere all’ascesa di un sovrano davvero assoluto, che si prometteva di fare quello che voleva delle istituzioni tradizionali, divinità comprese, senza però scavalcare mai la legge, “incarnata” nella basilica dedicata alla Libertà che era subito dietro la colonna e che rappresentava l’equità dell’imperatore. Certo è che si trattò di un mutamento colossale, seppur compiuto senza atti plateali.

Un cambiamento che fa riflettere parecchio, specie pensando a certi momenti più antichi della storia di Roma e a quanto il rapporto di sottomissione agli dei fosse importante: tutto ciò è sintomo non solo di una grandiosa personalità, ma anche di qualcosa di nuovo all’interno della società tutta, sempre meno fiduciosa nelle divinità tradizionali e in cerca di qualcosa di innovativo. La talpa della storia, questa volta, ha scelto, nel Foro di Traiano, una maniera molto elegante per ricordare quanto il potere, nelle mani di un individuo o di una collettività capaci, possa realizzare cose profonde, seppur nascoste dietro un velo.

Tags:colonna di traiano,divinità,Foro,Impero Romano,Roma Antica,Traiano Next post

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