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Il fuoco della vendetta, non il classico revenge movie

Creato il 26 agosto 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Il consiglio di Antonio Valerio Spera

Summary:

Presentato all’ultimo Festival del Film di Roma, Il fuoco della vendetta (titolo originale Out of the Furnace) non è un film di genere, come la trama farebbe pensare, bensì è un ritratto crudo e violento dell’America di oggi, una storia di emozioni strozzate incorniciata dalla solida e quasi “melodrammatica” messa in scena di Scott Cooper ed interpretata da un cast in stato di grazia. Un parco attori davvero eccezionale, composto da buona parte del meglio che Hollywood possa offrire in questo momento: Christian Bale, Zoe Saldana, Woody Harrelson, Casey Affleck e Willem Dafoe.

Il fuoco della vendetta è in fondo il drammatico racconto di una famiglia. Al centro di esso troviamo Russel Baze, un uomo onesto, nonostante sia appena uscito di prigione a seguito di una condanna per omicidio, che lavora in acciaieria e vive per i suoi affetti: la compagna Lena, il padre malato e il fratello minore Rodney, senza lavoro e incapace di ritrovare un senso alla sua esistenza dopo la sua missione in Iraq e in grado di cercarla solo in match clandestini di boxe a mani nude. Quando però quest’ultimo viene ucciso, il labile e scivoloso equilibrio della vita di Russell desiste e a dominarlo arrivano la rabbia e il desiderio di vendetta.

Il tutto è ambientato in un piccolo paese industriale della periferia americana, che viene reso sullo schermo come un cupo e limitato ring da combattimento, dove a scontrarsi non sono però due semplici rivali ma uomini sopraffatti dalle loro stesse vite, quelle imposte da una società sull’orlo di un crollo, se non addirittura già crollata, governata da violenza e insoddisfazione. L’intento di Cooper (già regista dell’ottimo Crazy Heart) non era infatti quello di realizzare un classico revenge movie, piuttosto quello di costruire una storia incentrata sull’anima “in pena” del cuore dell’America, un’anima sul costante punto di scoppiare, o meglio ancora di implodere.

I produttori mi hanno dato una sceneggiatura davvero ben scritta – racconta Copperma non avevo interesse nel dirigerla, così ho gentilmente declinato l’offerta. Succesivamente sono però tornati da me e mi hanno detto: considereresti l’idea di scrivere una sceneggiatura su un uomo che esce di prigione e vuole vendicare la morte del fratello? Ed io ho risposto di sì a condizione che potessi personalizzarla, perché ho conosciuto persone che sono state in carcere, ho perso io stesso un fratello, e volevo raccontare una storia che raccontasse anche questi ultimi anni turbolenti e che mettesse in luce il lato violento del nostro paese. Abbiamo soldati che combattono una guerra su due fronti e poi ritornano con dei disordini psicologici post traumatici e hanno difficoltà a reinserirsi in una società con i grandi problemi economici del momento”. Grazie a queste scelte dell’autore, la pellicola si presenta ora sullo schermo come il confronto tra psicologie esplose, ingovernabili, che rispecchiano perfettamente la condizione dell’America contemporanea. Scelte coraggiose, che avvicinano il film più ad un prodotto indipendente che a una produzione mainstream. “La sceneggiatura è poco convenzionale” – prosegue il regista. “Nella maggior parte dei casi, con un plot simile, avremmo visto morire Casey Affleck dopo nove minuti e per i restanti novanta avremmo assistito alla vendetta di Christian Bale. Ma io non volevo fare un film di genere, volevo raccontare una storia verosimile con un uomo spinto oltre il limite”.

Il fuoco della vendetta si inserisce così sulla scia di quel cinema americano in grado di non lasciare in superficie le sue storie ma di sfruttarle per osservare le contraddizioni e la frustrazione di una certa parte della società statunitense. Uno sguardo duro e accusatorio che va in profondità ma che allo stesso tempo non si dimentica dello spettacolo.

di Antonio Valerio Spera per Oggialcinema.net

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