Più era piccola e più era disposta a pagare. Era esplicito Francesco Tadini , il gallerista arrestato dalla squadra mobile, quando trattava con Elena , la sua procacciatrice di bambine da violentare. Al cinquantenne figlio dello scomparso pittore Tadini le quindicenni non bastavano “Gli ho detto che io sono di 15 anni e lui voleva una di tre anni – racconta in un’intercettazione una delle vittime - solo per metterle le mani addosso. Gli ho detto che non ne ho , se vuoi una di dieci anni per trecento..”
Il gallerista era disposto a pagarle anche 4000 euro. A determinare il prezzo erano anche le prestazioni. Sono arrivati a lui mentre indagavano su un racket di prostituzione gestito da bande albanesi e romene.
Le conferme sulle sue perversioni sono arrivate dal suo computer e nelle chiavette usb sequestrate al gallerista. Un campionario di orrori racchiuso in oltre 14 mila file d’immagine: foto e una cinquantina di video , alcuni protetti da password e decrittati dalla Mobile con l’aiuto di un perito , con bambini bendati , legati e incappucciati , sottoposti a brutali sevizie e torture.
Tadini ha cercato di difendersi “ Anche per ragioni di formazione culturale e professionale , avendo svolto attività di regista ed effettuato inchieste , ho una naturale curiosità per le situazioni di degrado e di disagio”. E le minorenni ? “Era mia intenzione coronare la mia esplorazione in quell’ambiente , verificando la concreta possibilità di ottenere la disponibilità di una ragazza minore per consumare rapporti a pagamento senza tuttavia avere la reale intenzione di compiere l’atto”
Lo stesso spirito esplorativo ha spinto Tadini a raccogliere materiale pedoporno “La logica è soltanto quella di documentare l’abiezione e il disagio , senza alcun compiacimento di tipo sessuale … ai fini di una completezza dello scibile umano in questa materia”.
Niente di tutto questo si poteva ottenere se non si fosse ricorso alle intercettazioni.
madyur