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Il gioco a due e il… “terzo escluso”

Creato il 15 giugno 2011 da Pinomario

Il gioco a due e il… “terzo escluso”


Chissà se la partecipazione degli italiani ai recenti referendum ha espresso un momento di espansione della coscienza o soltanto una reiterazione di quello che Michel Serres ( Tempo di crisi, Bollati Boringhieri) chiama il monotono e infecondo “gioco a due” che le società umane praticano da molto tempo! Il “gioco a due” è quello che appassiona tanto le folle e le nostre antiquate politiche. Il “gioco a due” è quello che lascia fuori il “mondo” dagli interessi di politici, leaders, opinion makers, educatori, religiosi, uomini di cultura, imprenditori, ecc. La loro inadeguatezza e desuetudine, come quella dei cittadini in genere, si misura dalla loro ignoranza delle “parole” e delle “cose” che riguardano il “mondo”, la Biogea(termine coniato da M. Serres per significare il “mondo”). Il gioco a due è quello che oppone solo “umani” mentre il mondo resta il “terzo” escluso. Gioco a due, in fondo, è quello in cui, per evitare di trattare le questioni vere, la nostra società si droga con la domanda ricorrente: chi vincerà? Si fa così affidamento su una vecchia politica il cui tratto essenziale si definisce attraverso il gioco a due: giochi di equilibrio e di forza, umano contro umano. La nostra voce, le nostre voci, hanno coperto il mondo. Ora il mondo fa sentire la sua. La Biogea si mette a gridare! Interviene il “terzo escluso”, il mondo stesso, con i suoi imprevisti, le sue catastrofi, le sue “crisi”, i suoi “perché”. Siamo perciò costretti a renderci conto che “da tempi immemorabili giochiamo soltanto giochi a due: teniamo conto soltanto degli uomini” (M.Serres). E così questo gioco a due svanisce, in parte. Perché di fronte a eventi drammatici e a nuove percezioni, in un certo senso, “come figli prodighi”, rientriamo a casa! Ma la questione oggi è “se” possiamo diventare capaci di pensare, agire e vivere “di fronte” al mondo!. Perché ha ragione Serres: noi “viviamo e pensiamo tutti come degli “acosmisti”, come dei senza cosmo”! Invece il vero “stato globale” contemporaneo è appunto questo: la “fine dei giochi a due” e l’inizio consapevole di un “gioco a tre”. Ma per questo serve un cambiamento di prospettiva e di mentalità, in tutti gli ambiti e a tutti i livelli. Serve un altro modo di porre tutte le questioni. Anzi una modifica e una trasformazione delle questioni stesse, in modo da far emergere le vere questioni! Forse siamo tutti impreparati a questo cambiamento! Occorrerebbe infatti ricominciare a imparare l’alfabeto del “mondo”, la nostra vera “lingua materna”! Dovunque! Lì dove si decide, lì dove si progetta e costruisce, lì dove si impara, lì dove si scrive e si pensa, lì dove si immagina e si crea, lì dove si comunica, lì dove si produce, lì dove ci si diverte, lì dove si prega, lì dove si lavora, lì dove si abita,… lì dove si vive! E questo è difficile, perché questo mondo, questo cosmo, questo “paese”, straniero e ignoto a molti uomini d’oggi (anche a quelli forniti di “istruzione” scientifica – e non sono tanti!), è ancora privo di diritto e di politica, non ha ministri né ambasciatori degni di questo nome (eccetto scienziati non infeudati a poteri e interessi costituiti e capaci veramente di parlare a nome delle “cose del mondo”). Saremo capaci – si domanda Serres - di “abitare” questa “nuova e antica casa” con lo stesso “sentire” con cui “la famiglia latina” raggruppò, un tempo, le madri e i padri, i cugini e i fratelli, gli attrezzi agricoli, vomeri, gioghi e aratri, con gli animali della fattoria, mucche, maiali e galline? Essa non dissociava gli uomini dal loro mondo! Infatti parlare del cosmo – e dal punto di vista del cosmo - non significa riferirsi solo a qualcosa che sta “fuori” di noi, significa risvegliarsi a un “altro” modo di vedere, a un “altro” modo di vivere e a una nuova consapevolezza. Significa pensare, sentire, e muoversi in un orizzonte di apertura, di ricerca, di esplorazione continua dell’universo, non solo quello interno agli esseri umani e alle altre creature, ma anche, all’esterno, negli spazi che uniscono le creature tra di loro (M. Fox). “Quando cerchiamo di isolare una cosa qualsiasi, ha scritto John Muir,  la troviamo attaccata a tutte le altre. […] i boschi, le praterie e i deserti sono un’unità, e le relazioni tra i singoli elementi sono vitali e familiari”. Questo “nuovo” modo di “abitare” e “custodire” la terra, questo nuovo modo di “osservare”, riconoscendo voce e posto centrali al cosmo, al “creato” (come dicono i credenti), questo pensare “a partire” dal cosmo – nella politica, nell’educazione, nella cultura, nelle religioni, nell’economia, ecc. - consentirebbe di acquisire una nuova sensibilità e anche una nuova prassi Diventare consapevoli del fatto che “noi” abitiamo questo “paese”, questa antica “nazione”, da sempre, prima che la storia, le guerre e gli odi, le culture e le lingue ci separassero; prima che “le effimere nazioni umane” tracciassero frontiere temporanee rendendoci stranieri gli uni agli altri - mentre l’acqua e l’aria ignorano ogni muraglia” (M. Serres) -, ci aiuterebbe infine a vivere, con un altro animo e con altra prospettiva, anche la mondializzazione contemporanea

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