Domanda: perché il calcio piace?
In settimana sono andato a cenare al ristorante (per non divagare vi risparmio la descrizione dello stile barocco degli arredi, e lo stile coatto del padrone del locale) e ho passato una serata a pormi quella domanda. Le tre tv accese, posizionate in zone strategiche dell’enorme sala, trasmettevano una delle infinite partite di calcio che giocano ogni settimana, e la gente era letteralmente rapita da quel magico sport. Devo dire che a me il calcio non ha mai entusiasmato, ma ovviamente non pretendo che come annoia me deve annoiare tutti, anzi proprio per questo scrivo questo post.
L’amore per questo sport nasce quando al bambino cresce il primo dentino. Il padre/zio/nonno/figura maschile da prendere come esempio, invoglia il bambino a giocare a calcio comprandogli un pallone e bruciandogli tutti i libri di scuola e le copie autografate di Harry Potter. Ai compleanni arriva il completino originale della squadra del cuore di chi ha comprato il regalo, per poi subire veri e propri blitz il cui scopo è vedere se effettivamente il bambino indossa il completino. Il bambino si ritrova a sognare di diventare calciatore prima di imparare la regola del fuorigioco, probabilmente perché per chi proietta questo desiderio al bambino fare il calciatore rappresenta la massima forma di riconoscimento che un uomo possa desiderare. E si sa, l’immortalità è il principale desiderio del mortale.
(A tal proposito, c’è da aggiungere che, applicando il tempo della vita media di un uomo alle sue effettive azioni, con tutto il tempo che spreca bisogna ipotizzare che l’uomo sia già immortale ma, non sapendolo, ovviamente scarica questa occasione nella tazza del cesso.)
Per i marziani, i fantasmi dell’800 e gli americani che leggono il mio blog, è giusto scrivere qualche riga su cosa sia il calcio. Il calcio è uno sport che vede due squadre sfidarsi per decretare la migliore attraverso la preziosissima regola fisica (e il luogo comune al terzo posto dei i luoghi comuni più usati) “La palla è rotonda“. Il gioco consiste nel fare in modo che una palla vada nella rete della porta avversaria, e fin qui è anche divertente, ma bisogna aggiungere che probabilmente la parola calcio è intesa prendendo in considerazione un’altra miriade di elementi. Per esempio, sul campo non si sfidano le squadre ma le città che le squadre rappresentano. Qui a Napoli siamo nella merda fino al collo, ma finché la squadra del Napoli vince la domenica siamo (a quanto pare) immuni da critiche – tant’è l’Italia critica il sud tutti i giorni dal lunedì al sabato, mentre la domenica i problemi si prendono una pausa di novanta minuti. Questo livello di competizione raggiunge vette che non potete immaginare. Sono finiti matrimoni perché i due partners erano tifosi di squadre diverse – o sono finite amicizie, poiché uno dei due amici vìola la regola secondo la quale se sei nato in una città sei obbligato a tifare per la squadra della tua città.
La realtà è che il calcio è uno sport sopravvalutato, che vede ventidue miliardari correre dietro un pallone nel vano tentativo di sfidare la legge fisica che non permette agli uomini di fare due cose contemporaneamente. E’ un business che vive solo grazie ai suoi stimatori – persone a cui piace discutere per ore sulle qualità di un uomo nel maneggiare una palla. I motivi per il quale piace ahimè, li ignoro.
Mentre l’altra sera mangiavo la pizza, ero letteralmente ossessionato dal motivo per il quale gli spettatori della partita presenti in sala erano dispiaciuti quando la propria squadra sbagliava un tiro. Qual è l’interruttore della passione che permette a una persona di interessarsi di uno sport così noioso e ripetitivo? Per quale assurda legge umana chi si guarda novanta minuti di partita (prendi palla, perdi palla) trova poi noioso un film della stessa durata – magari divertente?
Io non ho la passione per il cinema ma il cinema è un amore, è proprio la mia vita, ma saprei spiegarlo il perché, invece l’altra sera alla domanda “Perché ti piace il calcio?” ho ricevuto solo risposte confuse, a volte dubbiose. Guardando due ragazzini guardare la partita mi è venuta in mente l’omologazione, il desiderio di non essere scartati dal gruppo. Uno dei due infatti non seguiva molto la partita, ma durante il gol (in cui la sala rischiava di crollare alle urla dei presenti – e pezzi di funghi, patatine, e spruzzi di birra hanno riempito l’aria) ha esultato come se avesse vissuto la più grande felicità della sua vita. Questo stesso ragazzino rispondeva all’altro quando si sentiva chiedere opinioni sulle azioni, e quando la sua squadra perdeva la palla il suo dispiacere era direttamente proporzionale alla sua indifferenza. Mi ha ricordato me da piccolo, quando le partite le sorbivo solo perché avevo paura di chiedere: “Perché dovrei trovare il calcio interessante?”. Ovviamente non escludo che ci sia chi il calcio lo segue con vero amore e dedizione, ma la domanda è sempre la stessa: perché?