Una brutta notizia quella che Enrico Mentana è costretto a dare. In una giornata caratterizzata da importanti avvenimenti politici, spicca la vicenda di un giudice comprato dalla mafia attraverso i viaggi del sesso, come risulta da uno scrupoloso e attento diario telematico nel quale il giudice di Palmi arrestato nell’ambito di un’indagine condotta a Milano sulla ‘ndrangheta, segnava annotazioni particolari e voti sulla qualità delle prestazioni ricevute.
In un clima italiano difficile, a mettere benzina sul fuoco della corruzione arriva anche la magistratura , il giudice inquisito ha tradito la sua missione. Si è concesso notti in albergo in compagnia di escort offerte gentilmente da “casa Lampada” e tra vino, amori, affari viaggi, soggiorni ha venduto al clan la propria funzione violando i principi di imparzialità, probità e indipendenza.
Un quadro deprimente che fa emergere ancora (come se ce ne fosse bisogno) che sesso e soldi sono armi convincenti per ottenere favori e illegalità da parte di chi è fragile, debole e con propensione caratteriale a entrare in un vorticoso giro di scambi illeciti. Per due anni ossessionato dal sesso e dalla spasmodica voglia di soldi ha favorito l’associazione mafiosa sfruttando la sua professionalità per affiancare i criminali.
Sconcerto e indignazione scuote l’opinione pubblica, la toga calabrese, figura di spicco di Magistratura democratica, in prima fila nelle battaglie per la legalità e nei convegni di diritto, era la talpa della ’ndrangheta nel tribunale di Reggio. Ai boss Lampada, con cui si intratteneva al telefono con mille salamelecchi spifferava ripetutamente i segreti delle indagini. Non bastava la politica, per non farci mancare nulla ora, aggiungiamo alla lista della corruzione aggravata dalla finalità mafiosa anche i giudici.
Relazioni pericolose, soldi facili e bella vita sembrano volere imperare nella logica che di fronte ai soldi non si guarda in faccia a nessuno, modelli di vita a cui ambire, unici mezzi per il successo, ma a quale prezzo?