L’antefatto è poco noto, anche perché i giornali ne parlano davvero poco. Su Panorama venne allegato un libro dal titolo “Il capitalismo in rosso – Indagine sulle Coop”. Autori Rodolfo Ridolfi, Andrea Pamparana, Giorgio Straquadanio e Pietro Calbarese. Pubblicato da Mondadori, denunciava i fenomeni di monopolio di quello che era stato definito nel libro il “capitalismo in rosso” delle cooperative gravitanti nel mondo DS (Democratici di Sinistra), oggi PD.
Apriti cielo. Gli interessati leggono il libro e si arrabbiamo maledettamente. Citano in giudizio gli autori dell’opera e Renato Brunetta per la prefazione. Le affermazioni inserite nel libro sarebbero state offensive e diffamanti. Richiesta del danno? 550 mila euro.
In particolare Renato Brunetta affermava nella propria prefazione:
Le ragioni che hanno portato settori importanti del movimento cooperativo legato ai Ds a diventare strumento della costruzione del “capitalismo rosso”, una degenerazione partitica dell’economia cooperativa…
Queste e altre che il giudice non ha ritenuto diffamanti nei confronti del sistema cooperativo che ha citato in causa gli autori e Brunetta. Afferma infatti il Tribunale di Milano:
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È stata la stessa autorità garante della Concorrenza a riscontrare distorsioni sottolineando “il mantenimento di gestioni di servizi in salvaguardia per periodi anche estremamente lunghi e tali da permettere il perdurare di situazioni di monopolio con conseguente creazione di ingiustificate rendite di posizione”. Fonte ufficiale ha quindi avanzato un rilievo in ordine alla distorsione del normale confronto concorrenziale…
Il giudice – secondo Il Giornale – sottolinea poi che anche le associazioni dei consumatori hanno spesso lamentato la scarsa trasparenza, aggiungendo che le visure camerali confermano i rapporti tra le cooperative “rosse” e i DS.
La conseguenza? Il Tribunale respinge la domanda attorea e condanna l’attrice al pagamento delle spese processuali e legali, affermando peraltro che «legittimamente gli autori potevano ritenere la verità dei fatti affermati», attraverso espressioni che «non risultano travalicare i limiti della continenza formale».
Cosa accadrà ora? Ricordiamo che anche un altro libro che si è occupato del fenomeno è stato travolto da vicende giudiziarie che qui riassumo. Parlo dell’ormai stranoto “Falce e Carrello” di Bernardo Capriotti:
- Dopo la pubblicazione del libro, Coop ha querelato e citato in giudizio civile Bernardo Caprotti per diffamazione.
- Il 20 aprile 2010, Esselunga è condannata al pagamento di 50.000€ per concorrenza sleale denigratoria, ma assolta per diffamazione.
- Il primo aprile 2011 Esselunga è assolta, nei confronti di Coop Estense, dall’accusa di diffamazione e concorrenza sleale (il Resto del Carlino del 2-4-2011).
- Il 16 settembre 2011, Esselunga è condannata al pagamento di 300.000€ per concorrenza sleale e al ritiro del pamphlet dal mercato. La magistratura ha infatti sancito che il libro integra «un’illecita concorrenza per denigrazione ai danni di Coop Italia». Oltre a Caprotti e a Esselunga spa risultano condannati anche Geminello Alvi, curatore della prefazione, Stefano Filippi coautore e la casa editrice.
- Il 21 dicembre 2011 però, il giudice della prima sezione civile della Corte d’Appello di Milano ha accolto la richiesta di sospensiva presentata da Esselunga contro la precedente sentenza che, nel condannare Caprotti per concorrenza sleale contro la Coop, aveva disposto il ritiro del libro. Conseguentemente, in attesa del giudizio di secondo grado, il libro edito da Marsilio è stato ristampato e ridistribuito nel circuito commerciale. Sospeso anche il risarcimento da 300 000 euro a favore di Coop Italia disposto dallo stesso Tribunale di Milano sempre a metà settembre. Nell’ordinanza la Corte ha rilevato tra l’altro che il ritiro delle copie di Falce e carrello e il divieto di pubblicazione aveva «una sostanziale valenza di sequestro e censura», provvedimenti che possono essere attivati solo in presenza di stampa oscena, plagio, apologia del fascismo e scritti privi dei requisiti per inviduare i responsabili.
Fonti: Il Giornale, Wikipedia