di: Marianne Arens e Peter Schwarz
Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese il 5 gennaio 2012
Poco prima di Natale, il Parlamento italiano ha adottato un pacchetto di misure di austerità per complessivi € 80 miliardi di tagli che colpisce i pensionati, i lavoratori e i poveri. Il governo del “tecnocrate” Mario Monti ha ora stabilito i suoi fondamentali sulla legislazione in materia di protezione del lavoro: dal 23 gennaio ha in programma di presentare riforme che eliminano le protezioni legali contro il licenziamento e altri diritti sociali.
Il pacchetto di austerità di Monti è stato sostenuto in parlamento dal Partito Democratico (PD-il principale successore del partito comunista PCI), dal PdL di Silvio Berlusconi e dal Terzo Polo formato da ex Democristiani e “post-fascisti”.
Hanno espresso voto contrario l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro e la Lega Nord. L’Italia dei Valori ha criticato le misure perché non contengono provvedimenti sufficienti contro la corruzione, mentre la Lega Nord ha cercato di sfruttare politicamente la sua opposizione al pacchetto a fini elettorali.
Il carattere classista del pacchetto di austerità è talmente palese che per la prima volta in molti anni in Italia le tre grandi federazioni sindacali si sono sentite costrette ad indire insieme tre ore di sciopero generale il 12 dicembre.
L’azione è stata tuttavia puramente simbolica e intesa come una innocua valvola di sfogo, in vista del crescente malcontento popolare.I sindacati stanno lavorando a stretto contatto con Monti e sono regolarmente invitati a consultazioni prima dell’annuncio di ogni decisione governativa. Sono personalmente collegati con il PD e gli altri partiti che hanno votato per il pacchetto di austerità. Significativamente, vari leader del PD sono anche intervenuti alle manifestazioni sindacali del 12 dicembre, dove hanno inveito contro un “ingiusto, sbilanciato, recessivo” programma di austerità per supportarlo pochi giorni dopo in Parlamento.
Un ruolo analogo è giocato da Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia che, dopo l’uscita di Rifondazione Comunista dal Parlamento italiano, è diventato il portavoce della pseudo-sinistra. Ha doverosamente denunciato “la manovra sbagliata e socialmente iniqua di Monti”, mantenendo tutte le sue speranze: “Se il governo farà nel secondo tempo quei provvedimenti di giustizia sociale, di sostenibilità ambientale, di crescita economica che sono mancati fino a ora, noi lo apprezzeremo”, come ha dichiarato in una conferenza stampa alla fine dell’anno.
Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, non ha nascosto il suo entusiasmo per il piano di austerità. Monti è visto come uno di loro da molti imprenditori: “Monti ha presentato un programma condivisibile, in linea con la piattaforma che abbiamo presentato”, ha dichiarato. Ora, dinanzi alla liberalizzazione del mercato del lavoro, “non ci dovrebbero essere più tabù…”.
L’elemento principale del pacchetto di austerità è l’ulteriore taglio delle pensioni statali. Entro il 2018, sia uomini che donne dovranno lavorare fino a 66 anni. In precedenza, era possibile andare in pensione dopo 35 anni di occupazione, il che ha rappresentato una conquista sociale importante. Già nel mese di dicembre, circa 100.000 lavoratori in meno sono stati in grado di andare in pensione rispetto all’anno precedente.
Allo stesso tempo, la situazione della disoccupazione è devastante. Secondo Confindustria, un milione di posti di lavoro sono andati perduti dalla crisi iniziata nel 2008. Uno studio dell’Istat ha rivelato che un italiano su quattro è a rischio povertà. Inoltre, il paese sta scivolando in una recessione profonda, che rischia di essere aggravata dal pacchetto di austerità. Nel 2012, il prodotto interno lordo si contrarrà dell’1,5 per cento.
La seconda componente importante del pacchetto di austerità è costituita dall’aumento dell’IVA dal 21 al 23 percento, e delle tariffe energetiche e imposte immobiliari, che colpiranno soprattutto le persone con redditi medio-bassi.
Il costo della benzina e del gas è aumentato dal 1° gennaio del cinque per cento, l’elettricità e le tasse autostradali del tre per cento. Chi possiede una casa, ovvero l’80 per cento della popolazione, spesso già fortemente indebitato con il mutuo, dovrà pagare in media € 800 in tasse aggiuntive sull’immobile.
I pensionati sono particolarmente colpiti dall’inflazione, dal momento che le loro pensioni sono state congelate dal pacchetto di austerità. Le pensioni superiori ai € 900 al mese non saranno più adeguate all’inflazione, il che rappresenta una riduzione sostanziale del reddito reale.
Il declino del potere d’acquisto ha colpito le vendite al dettaglio, che sono diminuite del 18 per cento rispetto al periodo natalizio dell’anno precedente. Al contrario, la via dello shopping di lusso via Montenapoleone a Milano, zeppa di boutique sfarzose, ha visto un incremento delle vendite del 25 per cento.
Il pacchetto di austerità non ha toccato i ricchi. Non contiene praticamente nessuna azione di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale, che sono molto diffuse nella classe dirigente italiana. La Chiesa cattolica continua ad essere risparmiata dal pagamento della tassa sugli immobili, al costo di € 3 miliardi l’anno per il Tesoro.
Inoltre, il governo ha abbandonato l’asta di frequenze televisive, in modo da garantire la sopravvivenza dell’impero TV di Berlusconi Mediaset.
Nemmeno emanata la manovra, Monti ha continuato con l’offensiva successiva. Dopo l’approvazione del decreto “Salva Italia”, è stato subito annunciato il pacchetto “Cresci Italia” dal primo ministro in una conferenza stampa alla fine dell’anno. Questo prevede di liberalizzare il mercato del lavoro e il settore pubblico in generale, e “modernizzare” il tessuto sociale del paese.
L’obiettivo principale dell’attacco è l’articolo 18 del codice del lavoro, che fornisce protezione contro il licenziamento di personale nelle imprese con più di 15 dipendenti. Nel 2002, in tre milioni scesero in piazza a Roma, in una delle più grandi manifestazioni nella storia italiana, contro il tentativo del governo Berlusconi di abolire la protezione legale contro il licenziamento.
Con il sostegno del PD e dei sindacati, Monti ora vuole realizzare ciò che Berlusconi non potè a suo tempo. Monti ha già invitato le “parti sociali” a discutere di riforme del mercato del lavoro nei prossimi giorni. “Proporremo riforme in accordo con le parti sociali”, ha dichiarato.
Monti sa di poter contare sul supporto dei sindacati. Anche loro considerano le liberalizzazioni inevitabili. Un accordo è già in vista. I sindacati hanno indicato la loro disponibilità ad accettare l’indebolimento della tutela dell’occupazione, in cambio di una promessa di salari più alti. Di fronte alla rapida crescita dell’inflazione, il che significa che i piccoli aumenti salariali potrebbero ancora tradursi in una perdita del potere di acquisto dei lavoratori, potrebbe non risultare troppo difficile per le imprese accettare.
Alcuni esponenti del PD, come l’ex presidente Walter Veltroni e il Terzo Polo hanno già chiesto l’abolizione delle tutele contro il licenziamento.
Monti prevede di completare i suoi piani nelle prossime tre settimane al più tardi e di presentarli ai ministri delle finanze dell’Eurozona il 23 gennaio.
Fonte: Word Socialist Web Site