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Il lato oscuro della Hollywood degli anni ’20, tra divismo e misteri

Creato il 07 luglio 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Il lato oscuro della Hollywood degli anni ’20, tra divismo e misteri

Il fenomeno di costume del divismo nasce nel XX secolo, sfiora il teatro e poi coinvolge il cinema, specialmente in America con la nascita di Hollywood e delle grandi case di produzione. Già negli anni ’10 si notavano i primi effetti del cinema sulla società di massa grazie ai corti dell’attore e regista Max Linder e alla graziosa attrice Florence Lawrence, soprannominata la ragazza della Biograph nel 1908 nonché 3 anni dopo anche una rubrica dedicata al gossip sulle star : “Motion Picture Story Magazine”. Ma solo durante gli anni ’20 il divismo assume una valenza più importante e si impone sulla scenario culturale e sociale moderno.

Le star del grande schermo sono acclamate e sognate, desiderate ed emulate quali modelli ed icone vincenti; “Più stelle che in cielo”, questo era il motto della Metro Goldwyn Mayer. Ma ,dietro a tutto questo luccichio, a questa immagine di perfezione e gaiezza, si nasconde del marcio in California, che fa da contraltare al sogno cinematografico americano. Nello sfavillante empireo sconsacrato, tra immagini e storie, si alternano amori, scandali, intrighi, dissolutezze, misteri; come se il fenomeno del divismo avesse fatto tornare indietro nel tempo le colline di Hollywood, alla Roma “babilonese”, pagana , licenziosa e decadente con uomini e donne catapultati improvvisamente dalla povertà umana, in questo Olimpo soleggiato, pieno di belle promesse. Bisogna offrire favole e avventure al pubblico, sul modello teatrale, creare successi; e uno dei primi a riuscirci è il cineasta George Kleine con i film “Quo Vadis?”, “Gli ultimi giorni di Pompei” e “Marcantonio e Cleopatra”.

Paradossalmente però è proprio il pubblico a suggerire alle case di produzione, inviando lettere e lettere, di fare di quegli attori e di quelle attrici , i cui nomi non comparivano nei film da loro interpretati , per espresso volere delle case cinematografiche (altrimenti gli attori avrebbero potuto alzare la posta, sentendosi troppo importanti), dei divi e delle dive con cui identificarsi, senza conoscere nemmeno i loro nomi.

I primi divi partoriti dalla scintillante fucina di Hollywood corrispondono ai nomi di Charly Chaplin, caso particolare il suo, in quanto immagine di un omino perdente ma che riscuote grande successo presso il pubblico abituato agli eroi; Florence Turner , Mary Pickford e Douglas Fairbanks, Rodolfo Valentino, Anita Stewart, Clara Kimball Young, Paul Panzer, Edwin August, Orrin Johnson, “Fatty” Arbuckle, le sorelle Talmadge.

Si sviluppa sempre più lo Star System ed intorno ad esso le riviste scandalistiche che vendono milioni di copie, la curiosità spesso morbosa, soprattutto delle donne innamorate dei loro divi, dei quali vogliono conoscere ogni minimo dettaglio della loro vita privata, porta le riviste ad essere sempre più invadente e pruriginose. Sono le agenzie pubblicitarie, ingaggiate dalle stesse case di produzione per inventare le storie degli attori più amati come Theodisa Goodman alias Theta Bara (Cincinnati , 29 luglio 1885 – Los Angeles , 7 aprile 1955), prima vamp della storia del cinema , dal fascino esotico ed ammaliatore.

Theta incarna cosi, per volere dei produttori, una donna tentatrice , dissoluta,vestita di abiti egizi e attorniata da ragnatele e serpenti, non a caso interpreterà “Cleopatra VII” in un film del 1917, sarà poi Esmeralda, Salomè e Carmen, ma nella vita privata Theta Bara era l’opposto di quella rappresentata sul grande schermo. Ma la dissolutezza non era appannaggio della finzione; questi nuovi ricchi, passati improvvisamente dalla povertà al benessere sfrenato, non hanno saputo gestire il loro successo, la loro fama, i loro guadagni e il loro ego. Affiorano cosi scandali che colpiscono profondamente l’immaginario dei fans che , naturalmente, sono volubili e in men che non si dica trasformano i loro eroi in oggetti di dileggio, senza alcuna pietà, tanto dietro l’angolo c’è una nuova star che sta per sorgere, pronta ad essere adorata.

Corsa al lusso sfrenato, consumo di cocaina, sesso, criminalità organizzata, delitti, suicidi, morti misteriose si condensano nella Hollywood degli anni ’20 come nei migliori film noir; gli attori diventano delle sorte di divinità oscure come ha saputo raccontare in maniera dettagliata lo scrittore Kenneth Anger nel suo libro “Hollywood- Babilonia”, una favola amara che mette in luce come le ombre private possano fagocitare le luci dello schermo.

Uno dei primissimi scandali è rappresentato dalla morte di Olive Thomas, attrice della Selznick Pictures, prima ragazza flapper della storia del cinema, che rompe con le convenzioni della società della sua epoca, ben prima di Louise Brooks e Joan Crawford. La giovane attrice, definita dalle pagine del Vogue la donna più bella del mondo,soffriva di problemi legati all’alcolismo ed ebbe diversi incidenti di auto; sposò in seconde nozze l’attore Jack Pickford , fratello della più nota Mary, anch’egli dipendente dall’alcool. Olive venne trovata morta, da un cameriere, nuda riversa sul pavimento dell‘Appartamento Reale dell’Hotel Crillon a Parigi, stringeva in mano una piccola bottiglia di bicloruro di mercurio. Le indagini rivelarono una storia ben diversa da quelle portate sullo schermo dall’attrice che intaccava con la sua immagine di ragazza americana ideale: Olive Thomas frequentava dei malavitosi per procurarsi dell’eroina da consegnare al marito, tossicodipendente, ma , non essendoci riuscita, si era tolta la vita. La notizia sconvolse tutta Hollywood che però ben presto fece i conti con un altro evento tragico che coinvolse un attore, Bobby Harron ,che si tolse la vita in un hotel di New York perché Griffith gli aveva preferito Richard Barthelmess per un ruolo nel suo film.

Ma il più grande scandalo hollywoodiano riguarda l’attore comico Roscoe Arbuckle detto “Fatty” , che seppe imporsi con la sua mole in film dove non mancavano mai inseguimenti e torte in faccia, un simpatico e adorabile cicciottello, questo era Arbuckle per il pubblico, un amico più che un vero e proprio divo. Ma “Fatty” nascondeva ben altre abitudini , amava organizzare festini con ragazze disinibite, pagate profumatamente perché allietassero gli ospiti e ovviamente lui stesso. Da tempo l’attore aveva messo gli occhi addosso ad un’ ex fotomodella, divenuta poi attrice della Paramount, Virginia Rappe che ,per festeggiare il suo contratto stellare non poteva mancare ad una festa in grande stile organizzata da Arbuckle che preparò tutto nei minimi dettagli. Ma la festa, già a base di alcool e cocaina, si trasformò in tragedia: Arbuckle, completamente ubriaco, portò Virginia in una stanza e poco dopo le urla disperate della ragazza interruppero il divertimento degli altri presenti, che si videro davanti l’attrice in fin di vita, una bottiglia e il sorriso ebete dell’idolo dei bambini e delle famiglie americane. Virginia entrò in coma dal quale non si risvegliò più , ma prima di spegnersi, a causa di una peritonite, la ragazza riusci’ a pronunciare le seguenti parole: “É stato Arbuckle a ridurmi così , vi prego, fate che non la passi liscia…”

“Fatty” era finito, venne isolato dallo star system e dall’America , i suoi film furono ritirati e lui venne messo in prigione a San Francisco, ma questo non servi a procurargli del rimorso, mentre i suoi avvocati insistevano sulla dubbia moralità della ragazza, come se se la fosse cercata, Dopo tre processi, Arbuckle venne clamorosamente assolto, ma non girò più film, solo Buster Keaton gli rimase amico e gli consiglio’ di cambiare il suo nome in “Will B. Good” (“Io farò il bravo”); più tardi venne arrestato in stato di ubriachezza; mori a 46 anni.

Da quel momento in poi Hollywood divenne sinonimo di scandalo, non più di sogno e felicità; e peraltro seguono altri tragici fatti: nel 1922 il regista William Desmond Taylor venne assassinato nello studio del suo bungalow. Non si seppe mai il nome dell’assassino ma si scoprirono relazioni torbide e fiumi di droga, come se fosse il solo cibo vitale di attori e registi, una sorta di carburante che gli garantisse una certa sensazione di invincibilità e conservazione del loro status, che però porta alla morta e alla follia. Wally Reid, il divo dei film automobilistici come “What’sYour Hurry?” e “Dobule Speed” fini in manicomio dove si spense, in una cella imbottita, nel 1923, dove rischiò di andare anche l’attrice Barbara La Marr (nome d’arte di Reatha Dale Watson ;Yakima , 28 luglio 1896 – Altadena , 30 gennaio 1926) bruciata a soli 29 anni in festini notturni tra ogni tipo di droga , tanti amanti e sei infelici matrimoni. L’attrice lanciata dalla MGM, divenne celebre grazie al film “I tre moschettieri”, già ammalata di tubercolosi,mori a causa di una dose letale di eroina. In manicomio invece ci fini’ Alma Rubens , tossicodipendente, dal quale, però fuggi, dopo aver accoltellato un’infermiera e l’infermiere che l’inseguiva insieme al medico. Mori nel 1923 a soli 32 anni. Ma c’è stata anche chi riusci’ ad uscirne come l’attrice Juanita Hansen che fondò una fondazione a suo nome per combattere la droga.

L’indimenticabile Charlie Chaplin invece,aveva delle predilezioni particolari verso le giovanissime, ma c’è da dire che anche alcune donne che lo hanno accompagnato miravano, più che altro ai suoi averi: Lillita Mc Murray soprannominata non a caso Lolita studiò bene insieme a sua madre il modo migliore per spolpare Chaplin prima del divorzio.

E cosa dire poi del grande Erich Von Stroheim? Indubbiamente il regista austro-ungarico sperperava moltissimo denaro della MGM per dei fuori programma come ordinare per tutte le comparse del film “Donne viennesi”delle mutande di seta con il monogramma della Guardia; i produttori della MGM ,stufi cacciarono il bizzarro regista che per tutta risposta esclamò: “Hollywood mi ha ucciso!”

Il divismo degli anni ’20 ad Hollywood si caratterizza per una forte identità tra finzione e realtà, tra immagine filmica, visione e vita privata, quotidiana; Chaplin è Charlot, Valentino è il seduttore esotico e bello dei suoi film che si consegna al mito attraverso una morte precoce, Marlene Dietrich è l’ angelo azzurro, e cosi via… Ma dietro l’angolo sta per nascere un nuovo tipo di divismo i cui protagonisti sono star “disciplinate” che domineranno gli anni ’30 e ’50 come l’amatissima Shirley Temple, Bette Davis , Rita Hayworth che incarnano personaggi più realistici e vicini alla gente, o anche se si pensa ai divi del neorealismo, caratterizzato soprattutto da attori non professionisti. L’incantesimo degli anni’20 sta per terminare definitivamente e con esso i divi e le dive inarrivabili.

Ma la concezione del cinema come la più grande macchina mitologica nonché, spesso,di depravazione e perversione commerciale permane ancora oggi.

di A. Grasso

Il lato oscuro della Hollywood degli anni ’20, tra divismo e misteri
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Il lato oscuro della Hollywood degli anni ’20, tra divismo e misteri




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