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Il latte della madre

Creato il 25 agosto 2015 da La Sovrana Lettrice

Mentre riordinavo la libreria e pensavo a quel giudice che ha stabilito che quel neonato deve rinunciare al latte materno - perche' sua madre e' sta giudicata inadatta, inadeguata, nel momento in cui lo ha messo al mondo - mi e' capitato tra le mani il libricino giallo pallido di Marie Darrieussecq, Una buona madre, Guanda 2002. Centocinquantaquattro pagine appena, con uso generoso della "spaziatura". Il prezzo della copia in mio possesso e' stampato ancora con il doppio regime monetario: 10.00 euro; 19.363 . Un altro secolo. Un'altra epoca. Un'altra storia. Mio figlio che ha quindici anni delle lire sa poco, quasi nulla.

Pensavo di averlo regalato ed invece eccolo qua. Il libretto di Darrieussecq. Lo rileggo con distanza, non soltanto temporale. Alla prima lettura - appena affrancata da dieci mesi di allattamento - in alcuni passaggi, questo diario frammentato, mi era sembrato un dejavu', fin troppo scontato. Non adesso, non oggi. A distanza di tredici anni. Questa rilettura per caso, trovo che "calza a pennello" con i ricordi dei miei primi nove mesi del bebe'. Una cronaca scritta da un'altra madre, quella del mio essere cibo per la vita, un breve contraddittorio intenso rito di passaggio, da mucca. Questa l'immagine che avevo di me stessa quando il latte montava nei miei seni e io non potevo farci nulla. Una latteria ambulante a perdere.

"Che il bebe' - scrive Darrieussecq - si nutra esclusivamente di latte mi stupisce giorno dopo giorno. Il latte e' dunque l'alimento miracoloso, la pappa reale dell'essere umano. Produce cervello, muscoli, pelle. Il bebe' e' fatto di latte di molecole di latte impilate una sull'altra; una carne bianca come quella del vitello o del porcellino. Il bebe' e' redditizio, valuta il padre del bebe'. Sette chili di latte in polvere hanno prodotto, senza contare l'allattamento, quattro chili di bebe': poche perdite. In proporzione, un adulto dovrebbe mandar giu', ogni giorno ed esclusivamente da otto a nove litri di latte...". Gia' il latte. Il mito del seno materno che nutre il pianeta (per dirla ai tempi di Expo).

Scorro ancora le pagine di "Una buona madre" e mi ritrovo davanti ad una freccia segnata dalla matita arancione di allora che mi indica la nota sulla storia delle due bambine lupo: Amal e Kamal. Furono raccolte - o catturate - (suggerisce Darrieussecq) dal reverendo Singh, in India, nel 1920. Sulle foto, nude o vestite, le loro fattezze sono umane nonostante la postura, nonostante il collo accorciato, la testa all'indietro. E mi ritrovo a condividere l'osservazione a quest'immagine: "Pensandoci su, mi domando se Ama e Kamala in compagnia dei lupi, fossero mai state sfiorate dal pensiero di mangiare qualcosa di diverso dalla carne cruda". Il latte? Ma c'e' anche un altro bebe' nella cronaca di Darrieussecq che alla nascita dovette fare a meno del siero della vita, la madre della scrittrice, nata in tempi di guerra: "Era allergica al latte; veniva nutrita soltanto con rari succhi d'arancia, inviati dalle colonie da uno zio. Questa bambina non campera', aveva detto a mia nonna un'amica buona incrociata sul molo". Riassumendo, senza latte si puo' sopravvivere anche nelle periferie urbane del 2015. Una madre puo' prescindere dall'allattamento. Anche Darrieussecq lo sa. Resta pero' la fatica dell'accudimento, della presa in carico del nuovo arrivato e la genesi di un mondo di mezzo dove "il prima" dell'evento bebe' e' temporaneamente sospeso. "Quando ci si e' occupati di lui, e si e' riaddormentato, ci rimane tutto il resto: la casa, la spesa, il cibo [...]: non e' lui a stancarci, e' il daffare perpetuo".

C'e' un doppio binario nel racconto di Darrieussecq che si materializza nelle finestre che lei apre sul suo lavoro, che sembra perdere progressivamente terreno tra un pannolino e una poppata. Tanto che ad un certo punto la sua identita' di scrittrice, nello strapazzo dell'evento nascita, viene materialmente cancellata e sostituita in stiratrice. "Sulla mia cartella clinica leggo: professione, stiratrice. Proiezioni, scivolamenti sulla parola scrittrice, su quelle donne a loro brutta vita". In tutto il racconto Darrieussecq si rivela tormentata da un'unica domanda: una scrittrice puo' anche essere madre? "Gioia di scrivere, gioia di essere con il bambino: gioie che non si contrappongono. Langue ancora in me, sornione, il ritornello: non si puo' essere un'intellettuale e una buona madre [...]. Santa Beauvoir". L'accudimento del bebe' prendera' il sopravvento sul lavoro di scrittura? "Il bebe' m'impedice di scrivere, svegliandosi. [...] Per prolungare di qualche minuto la scrittura di questa pagina, l'ho girato sulla pancia: si riaddormenta profondamente. Questa posizione, oggi, e' sconsigliata dai medici: potrebbe provocare la morte improvvisa del neonato". A questo punto, cosa aspettarsi ancora da questa recensione? Un bebe'? "Lascio queste frasi in disordine, tali e quali, come sintomo". E mi chiedo, vi chiedo, cos'e' una madre?

Indizi per la lettura:
Il libro e' stato tradotto da un bebe' di sesso maschile (Francesco Bruno). In alcuni passaggi (come quello sulle palle gonfie) temo abbia calcato la mano. Scopriteli. Ps. Mi ripropongo di leggero in lingua "madre".

La frase:
Ho smesso di disperare quando ho capito che quel periodo sarebbe stato breve, che non sarebbe durato tutta la vita. Ho smesso di disperare quando si e' profilato l'asilo nido.


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