di Giuseppe Dentice Il30 giugno il Tribunale Speciale per il Libano (TSL) ha espresso il suo verdettodefinitivo in merito alla vicenda dell'omicidio di Rafiq Hariri, ex Primo Ministroe miliardario libanese ucciso con un attentato suicida nel luglio del 2005. IlTSL ha incriminato quattro membri di spicco di Hezbollah, il partito sciitalibanese, che attualmente ricopre un ruolo di primo piano nel nuovo esecutivolibanese (ben 19 ministri, infatti, provengono dal movimento di HassanNasrallah). L’incriminazione dei quattro sospettati era attesa da mesi, ma ladecisione avviene in un momento politico e sociale del Paese tra i piùdifficili dai tempi della guerra civile del 1975, non solo in relazione aglisviluppi all’interno dello stesso Libano, ma anche e, soprattutto, in relazionealla questione della Siria.Inquesto momento, il Libano, infatti, è un Paese politicamente debolissimo, rettoda un contestatissimo nuovo Primo Ministro, Najib Miqati, un ricco milionariosunnita vilipendiato dalla sua stessa gente come un “mercenario al soldosiriano”, che aspira ad essere la personalità politica sunnita di riferimentonazionale in aperta sfida allo strapotere rappresentato dagli Hariri. Egli èsostenuto da Hezbollah e dai drusi di Jumblatt e dai cristiani di Aoun. Pur nongodendo di una grande simpatia popolare, Miqati gode di un buon rapporto con iSauditi, che sono alla pari dei Siriani una controparte imprescindibile pergovernare il Paese. Le condizioni economiche e sociali di questo sonopeggiorate negli ultimi tempi come dimostrano il clima di tensione e gliattentati di questi mesi alle truppe UNIFIL. Le tensioni tra Hezbollah e al-Mustaqbal e, più in generale,tra sunniti e sciiti, si erano aggravate quando nella scorsa estate 2010 sierano fatte sempre più pesanti le accuse verso Hezbollah di essere tra gliesecutori dell’attentato del 2005 in cui perse la vita Rafiq Hariri. Questeaccuse, sono state, appunto, confermate dal verdetto del Tribunale Speciale peril Libano. Il rischio è che il verdetto possa far sprofondare il Paese in unanuova stagione di crisi politica. Il nuovo Premier non riesce acoagulare intorno a sé tutte le anime politiche di cui il Paese si compone,perpetrando così una diffusa instabilità. Anche il possibile sviluppo dellasituazione siriana potrebbe produrre incertezze e tensioni ulteriori nel Paese.Le ripercussioni potrebbero, non di meno, interessare anche l'alleato di Hezbollahe Amal, ossia la Repubblica teocratica iraniana.
IlgovernoMentresi attendeva da mesi la sentenza di condanna, nel Paese dei Cedri lo scorso 13giugno veniva finalmente formato un governo di coalizione guidato dal PrimoMinistro il sunnita Najib Miqati, il quale deve ancora ricevere la fiducia delParlamento per essere pienamente operativo. Il nuovo governo avrà l’arduo compitodi realizzare una serie di delicate riforme strutturali, che comprendano unnuovo assetto del settore delle telecomunicazioni e la ristrutturazione delFondo Nazionale per la Sicurezza Sociale. Il nuovo governo ha il compitoingrato, inoltre, di creare rapidamente quel minimo di sicurezza economica chepossa incoraggiare il turismo e gli investimenti esteri, che hanno registratouna svolta negativa. Infine, dovrebbe elaborare una nuova e moderna leggeelettorale per le consultazioni legislative del 2013. Dal punto di vistapolitico questo governo di coalizione nazionale, però, esclude la coalizionefilo-saudita e filo-occidentale del “14 marzo” guidata da Saad, figlio di RafikHariri. Il nuovo governo di Beirut, infatti, è formato da una coalizione chiamatadell' “8 marzo” – in contrapposizione a quella della “rinascita” o “14 marzo” (al-Mustaqbal)– comprendente oltre al sunnita Najib Miqati, anche gli sciiti di Hezbollah edi Amal, il Movimento Patriottico Libero del cristiano ed ex generaledell'esercito libanese Michel Aoun e dal partito druso di Walid Jumblatt. Il premierMiqati ha affermato che collaborerà con il TLS per fare chiarezza sugliavvenimenti del 2005. E' evidente, però, che questo impegno potrebbe nontrovare un’applicazione pratica, tanto più che fra gli accusati vi sono membridi spicco di Hezbollah, principale forza di governo. Una eventuale condannapotrebbe portare ad una nuova crisi dell'attuale esecutivo e, quindi, ad unariapertura del dialogo con tutte le forze dell'opposizione, comprese le forzefilo-saudite.
LasentenzaPuressendo attesa da mesi la condanna per i membri di Hezbollah, il partito diNassrallah ha portato avanti una campagna politica e mediatica di accuse di scarsaimparzialità nei confronti del TSL e di mistificazione di esso come strumentodi “oppressione politica” dell'Occidente (degli Stati Uniti e del suo fedelealleato israeliano in particolare).Di contro, leaccuse sciite, non propriamente infondate per via di una strumentalizzazionedel Tribunale da parte di tutte le forze in gioco, hanno giudicato il verdettodell'Aja una sentenza politica che tuttavia non ha prodotto prove schiacciantia carico degli indagati. Infatti, ci sono pesanti accuse nei confronti delregime alawita siriano e del suo principale alleato sciita in Libano, manessuna prova tale da poterli considerare colpevoli. La valenza giuridica dellasentenza è molto debole poiché, alla fine di luglio, quando saranno scaduti i30 giorni che la giustizia libanese ha a sua disposizione per eseguire imandati di cattura, il Tribunale Internazionale avrà ben pochi strumenti a suofavore qualora i sospettati non saranno stati arrestati. Le uniche viepossibili potrebbero essere la resa pubblica delle motivazioni dell’accusa, etutt’al più il processo – ed eventualmente la condanna – degli imputati incontumacia. Quindi risulta evidente la condanna politica, più che giuridica,della sentenza. Non a caso il verdetto produrrebbe un duplice effetto: da unlato metterebbe in difficoltà il governo Miqati nella sua credibilità, poiché haricevuto sostegno politico proprio dal partito sciita condannato indirettamente,e ciò porterebbe alla possibilità di una riapertura ad una coalizionefilo-occidentale e filo-saudita di Hariri; dall'altro, Hezbollah riceverebbe unduro colpo in un momento reso particolarmente difficile anche a causa deirecenti sviluppi regionali (in particolar modo quelli siriani se si considera l’esplicitosostegno concesso agli Assad da Nassrallah in diretta TV ad un canalesatellitare legato alla milizia sciita). Il rischio, dunque, sarebbe quello diinasprire ancor di più i termini dello scontro politico facendo sfociare latensione in uno nuovo conflitto settario e sociale che potrebbe portare ilLibano ad un punto di non ritorno.
Lo scenarioregionale
Concretamente ilPaese potrebbe vivere al suo interno quegli scontripolitici-ideologici-religiosi propri dell’intera regione. Da un lato il frontesaudita e dall'altro quello iraniano-siriano. Ma oltre alla classicacontrapposizione settaria (sunniti-sciiti) potrebbe riemergere con maggiorvigore il confronto duro tra Hezbollah e Israele, in cui anche la Siria èspettatore interessato. Ed è anche in questo senso, quindi, che saranno importantigli sviluppi di Damasco. Molti analisti internazionali hanno sostenuto che ledecisioni del Tribunale Internazionale non sono di per sé sufficienti a farpiombare il Libano in uno scontro settario, e probabilmente è così. Ma se lasituazione in Siria dovesse degenerare ulteriormente – ad esempio con un cambiodi regime –, le cose potrebbero avere effetto anche su Beirut, coinvolgendo,conseguentemente, Hezbollah, che potrebbe radicalizzare le proprie posizionidifendendo strenuamente il proprio status di forza politica-armata nelPaese e come forza di contrapposizione al nemico israeliano. In tal modo laforza del movimento di Nasrallah sarebbe tale da imporre il proprio controllosul governo libanese stesso, influenzandone le scelte più di quanto già nonfaccia.
Conclusioni
Pertanto, ilverdetto pronunciato dal TSL potrebbe fungere da “spartiacque” tra la possibileimplosione del neonato governo libanese e le altrettanto plausibili conseguenzenella regione del Vicino e Medio Oriente. Qualora la sentenza del TSL trovasseconferma dalle indagini della magistratura libanese produrrebbe sicuri effetti.In primo luogo, il debole governo Miqati cadrebbe per via della colpevolezzadei membri di Hezbollah, producendo una nuova crisi istituzionale e lasciandocome unica via di uscita al caos il dialogo con l'opposizione filo saudita esunnita. In secondo luogo, la Siria degli al-Assad, in caso di comprovataresponsabilità di Damasco nell'omicidio Hariri, potrebbe subire un durocontraccolpo anche nella già precaria situazione interna, convincendo laComunità Internazionale ad operare un possibile intervento “umanitario” sullostile libico, motivando il cambiamento di regime come necessità alla paceinternazionale. Inoltre, il verdetto di colpevolezza nei confronti siriani,oltre a rompere definitivamente le relazioni tra Siria e Libano, potrebbecondurre ad un isolamento diplomatico di Hebzollah (finora difeso politicamenteed armato da Damasco e Teheran), il quale si troverebbe nella difficilesituazione di difensore degli interessi sciiti in chiave settaria eanti-saudita e a resistere da solo alle provocazioni di Tel Aviv.
La “chiave divolta” sta, dunque, non tanto nel Libano ma nella Siria, la quale con laconferma della condanna avrebbe il potenziale di far esplodere e destabilizzareBeirut e gli equilibri con i vicini mediorientali. Un quadro così radicalizzatopotrebbe essere solo l'inizio di una nuova lunga stagione di caos per il Libanoe la Regione.
* Giuseppe Dentice è Dottore in Scienze Internazionali (Università di Siena)