Il booktrailer
Grazzeno è un normalissimo paese di montagna, situato in Val d’Ossola. Qui la vita va avanti come un tempo, a stretto contatto con la natura. La gente del posto è semplice, “fatta di legno e pietra”, per usare le parole dell’autore. Insomma, uno scenario se non idilliaco, per lo meno tranquillo. Eppure in pochi mesi ci sono stati ben tredici suicidi. Sembra assurdo, eppure la Polizia non ha dubbi: sono autentici suicidi. Nessun omicidio mascherato.
Del caso si occuperanno Bruno Widmann e la sua squadra di esperti in casi irrisolti; in particolare Luna Fontanasecca, giovane criminologa dall’aspetto un po’ “scolorito” e dall’intuito molto sviluppato. C’entra qualcosa la leggenda dell’Albatro? E il Mangiateste, chi è? Ma soprattutto, cosa spinge gente mentalmente sana a commettere un atto così pesante e definitivo come il suicidio?
Se dovessi descrivere questo romanzo con un solo aggettivo, userei il termine: insolito. Guardando la (bellissima) copertina, leggendo la quarta, ma soprattutto l’incipit, ci si convince di essere davanti a un thriller molto cupo, inquietante. Insomma, un qualcosa di non particolarmente originale, seppur ben fatto. E invece proseguendo con la lettura ci si accorge di essersi sbagliati, poiché “Il Mangiateste” non è un normale thriller. E’ un vero e proprio pastiche letterario, una fusione tra thriller, giallo, gotico, un po’ di paranormale, un po’ di fiabesco, un’abbondante spruzzata di ironia e una bella dose di bizzarria. Come dicevo, un romanzo insolito; una storia che non siamo abituati a leggere. Ciò può piacere o meno, ma costituisce senza dubbio la nota di distinzione di questo romanzo. I personaggi non sfuggono di certo all’originalità insita in questo titolo. Pur risultando credibili e in qualche misura “ordinari”, ovvero simili alle persone reali, sono tutti piuttosto particolari, dotati di un qualche tocco straordinario o eccentrico che ha del fantastico, del fiabesco.
Samuel Giorgi ci racconta questa storia con uno stile scorrevole, descrittivo e tanto, tanto ironico. Non mi sarei aspettato tutta questa ironia, questa voglia di stemperare la cupezza del tema, in un romanzo thriller. Ma di certo non posso dire che mi sia dispiaciuta, anzi. Un po’ carente forse il ritmo, specialmente nella parte centrale. E’ un rischio che si corre facilmente, con storie di una certa lunghezza (400 pagine). Ma in questo caso, comunque, non si può parlare di una vera e propria mancanza, di una lacuna grave.
Una lettura particolare, consigliata soprattutto a chi è stufo di leggere la solita storia “fatta con lo stampino”. I puristi del thriller e dell’horror, invece, potrebbero esserne delusi.
Aniello Troiano