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Ovviamente sto parlando di Lois Lowry e della sua opera più discutibile, più irriverente e cinica. Come ho già avuto modo di dire nelle scorse recensioni (per chi fosse interessato consiglio di guardare qui e qui), anche stavolta ci troviamo di fronte ad un prodotto che sfrutta gli stessi meccanismi dei precedenti. Abbiamo un protagonista fanciullo, che vive in un villaggio molto particolare e che si trova, suo malgrado, a dover combattere per tutto quello in cui crede. Il mondo è un posto orribile, in cui il debole è scacciato, lo storpio annichilito e i difetti in generale condannati e cancellati. Ma il villaggio in cui vive Matty, personaggio già visto in Gathering Blue, è diverso: lì, le persone scacciate da altri luoghi, trovano rifugio, amore, calore e la possibilità di una nuova vita. Tutto perfetto... forse... L'anima del commercio deriva dal baratto, forma di per se poco nociva. ma cosa succede quando si cominciano a barattare cose meno materiali? Fino a dove si può spingere l'uomo quando si tratta di pensare per se e lasciarsi fuorviare da beni che in realtà non danno nulla senza avere qualcosa in cambio? Questo è l'incipit de Il Messaggero, quello da cui poi si snoda una storia di magia, di amicizia, di amore. Una storia, questa, che al contrario di quanto avevo immaginato con i precedenti volumi, ricongiunge i tre libri e ci ripresenta personaggi che avevamo visto e che credevamo ormai archiviati. Ed è questa la forza del romanzo. La sua capacità di rimettere tutto in gioco, di trascendere la sicurezza e trasformarla in qualcosa in equilibrio precario, di smussare quelle verità che davamo per assodate e rimpiazzarle con una costante indecisione. C'è Matty, la belva delle belve, già visto in Gathering Blue. Rivedremo il Donatore, così come Kira, la ragazza che tesse i sogni. E incontreremo personaggi nuovi e carismatici, che insieme si troveranno a fronteggiare un pericolo incombente, un nero oscuro che sembra mandare in decomposizione il terreno stesso su cui si poggia tutta la civiltà. Ok, forse detto così sembra eccessivo, ma credetemi se vi dico che questo è il giusto finale alla storia. il punto, dopo il quale la vita non si ferma, oh no. Anzi, prosegue, ancora più viva di quanto non lo fosse prima. Perché, e questo è una specie di marchio di fabbrica di questa trilogia, quando chiudiamo il libro le domande non si fermano. Tutt'altro. Veniamo trascinati in dilemmi filosofici, punti di vista che ci permettono di visualizzare un insieme e farlo nostro, come se fossimo di fronte alle nostre stesse paure, ai nostri sbagli. Credo sia questo il fulcro di tutto: quello che fanno i personaggi della Lowry sono le stesse cose che, probabilmente, faremmo noi al loro posto. Quindi immedesimarci diventa facile, istintivo, e quando li vediamo soffrire, anche noi soffriamo. Lo stile ricalca alla perfezione gli altri volumi, rendendo l'intera opera una sorta di unico libro diviso in tre atti (cosa che non mi stupirei di vedere negli scaffali in un futuro prossimo). La lowry, definita in maniera riduttiva scrittrice per ragazzi, è in grado di creare emozioni, servirle su un piatto di cinismo e farcele andare giù anche se non vorremmo. La sua forza è indubbia, così come la sapienza nel gestire una narrazione difficile, soprattutto per i temi trattati. Ma lei è così, che ci piaccia oppure no. E a me, lasciatemelo dire, piace! Giunti Editore - ISBN 9788809751736 - 14,50 Euro
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