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Il mestieraccio della scrittura

Da Marcofre

Sottotitolo: e riscrivere (e rileggere) rappresentano un grande piacere.

Trovo in giro sulla Rete, delle persone che scrivono; sai che novità, dirà chi legge queste righe.
Vero.

Però costoro sono particolari, e facilmente riconoscibili: non amano la rilettura e la riscrittura. Che siano delle persone fuori dall’ordinario? Perché se io butto un’occhiata al lavoro di Raymond Carver (non stiamo parlando di uno scalzacane dunque), e altri del suo calibro, scopro che la rilettura e la riscrittura sono un’esperienza indimenticabile. Meravigliosa, molto più che la scrittura vera e propria.

Certo, colui o colei che legge queste righe potrebbe rincarare la dose e dire:

 

“Da che pulpito. Ma tu chi sei?”

 

Uno che cerca di capire, e capisce che la scrittura è soprattutto riscrittura e rilettura, oppure si tratta di uno scherzo. Un passatempo, al quale dedicarsi, certo, non voglio vietare alcunché, ci mancherebbe altro.

C’è in questa forma d’arte (mi riferisco alla narrativa: si è capito, vero?) un aspetto artigianale che viene spesso ignorato, perché si sa, chi scrive è un essere baciato in fronte dagli Dei (o erano le Muse?). Perciò tutto quello che non è immediato, viscerale, e costa fatica e impegno è una tortura. O una perdita di tempo, perché in testa premono altre storie.

Forse bisognerebbe tenerle chiuse sotto chiave ancora per un po’, se davvero si immagina che rileggere e riscrivere siano una perdita di tempo.

Mi pare che un po’ tutti gli autori che restano attraverso il tempo, abbiano ben chiaro un concetto: scrivere è un mestieraccio. Si impara sempre, e sempre nelle parole ci deve essere impresso l’odore dell’officina. Non c’è da averne timore, anzi: il bello è che la fisicità dell’officina non impedisce alle parole di dare il tu all’arte, anzi.

Il pittore o lo scultore sanno bene che se vogliono ottenere un’opera non hanno bisogno solo di volontà, ma di impegno e fatica. Non è sufficiente abbozzare (sarei in grado di farlo pure io), ma tornare sulla tela o sul marmo e lavorare duro. Sporcarsi le mani, riempirsi gli occhi di polvere.

Lo stesso per la scrittura. Non credo ci sia qualcosa di più ingannevole della parola. Di seducente: leggi e ti fai i complimenti. In pochi hanno il desiderio di mettere da parte la storia, tornarci almeno un mese dopo in modo che ci risulti estranea.

Allora si leggerà con attenzione nuova, come se non fosse affatto roba nostra ma di un estraneo. E questo sguardo differente, che torna attento e acuto, rimette le mani sulla costruzione e la trasforma in maniera spesso imprevedibile.

Così si acquisisce il mestiere, si diventa migliori. Magari non si approda a nulla, ma almeno si hanno le idee chiare.

 


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