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Il Ministro Terzi al Cairo: riprende il dialogo tra le due sponde del Mediterraneo

Creato il 06 febbraio 2012 da Bloglobal @bloglobal_opi

di Antonio Scarazzini

Il Ministro Terzi al Cairo: riprende il dialogo tra le due sponde del MediterraneoE’ un occhio di riguardo quello che la politica estera italiana è tornato a tributare alle dinamiche  del Mediterraneo. Come a ripercorrere le tappe ormai storiche della “Primavera Araba”, dopo la visita a Tunisi dello scorso 6 gennaio, la delegazione della Farnesina guidata dal neo ministro Giulio Terzi è giunta al Cairo, ad un anno dall’esplosione della rivolta di Piazza Tahrir, per incontrare i vertici della giunta militare del maresciallo Tantawi, guida di una contestata transizione democratica dalle ceneri del trentennale regno di Hosni Mubarak. Sul tavolo delle discussioni, oltre al rafforzamento democratico ed alla tutela delle minoranze religiose, ha pesato un interscambio commerciale che supera i 5 miliardi di dollari e vede l’Italia al vertice del network di relazioni commerciali egiziane.

2008: la svolta delle relazioni italo-egiziane

E’ proprio negli ultimi anni del governo Mubarak che vanno ricercati i germi di una relazione sempre più florida e ricca di opportunità: il vertice intergovernativo tenutosi a Roma nei primi giorni di giugno 2008 segnò, infatti, l’avvio del Partenariato Strategico Rafforzato, una cooperazione tra le due sponde del Mediterraneo che prevedeva l’istituzione di incontri annuali su base bilaterale per favorire un’estesa collaborazione dall’ambito commerciale sino a quello culturale. I memorandum di intesa e la serie di accordi conclusi nel corso dei tre round di incontri tenutisi prima del 2011 hanno permesso infatti alle imprese italiane di consolidare una presenza dalla storia decennale: pur lontana dai grandi capitali britannici e statunitensi, gli investimenti diretti esteri (IDE) attivati in Egitto hanno raggiunto, infatti, nel 2011 una quota di 247 milioni di dollari, in aumento del 263% rispetto al 2009. L’incremento è frutto di una progressiva apertura che il governo di Mubarak ha inaugurato negli anni ’90, emendando la legge che regola i settori aperti all’investimento straniero o istituendo zone franche pubbliche e Zone Industriali Speciali in cui era concessa l’importazione esendazio di beni strumentali all’esportazione.La presenza italiana si è tuttavia distinta per un approccio istituzionale particolarmente attento alla cooperazione dello sviluppo, che già nel 2001 si era concretizzata in un accordo di conversione del debito, pari a circa 150 milioni di dollari, in due tranche – 2001/2006, 2007/2012 – di aiuti diretti allo sviluppo rurale e alla riduzione della povertà, indirizzati dalla cabina di regia intergovernativa verso l’agricoltura, il sistema sanitario e la formazione professionale. Tra i vari progetti finanziati spicca quello del “Corridoio Verde”, un progetto di cooperazione nel settore agro-alimentare nato da un’intesa stretta nel 2002 dai Ministri dell’Agricoltura: l’obiettivo è la creazione nell’Adriatico di una linea diretta di interscambio di prodotti ortofrutticoli di stagione e dunque complementari sui due mercati, con il fine ultimo di accrescere la presenza in Italia ed Egitto del prodotto fresco egiziano e di rilanciare un settore che ancora nel 2011 ha contribuito per meno del 3% al Prodotto Nazionale.Lo spirito cooperativo dell’azione italiana ha trovato poi nuovo slancio proprio dai vertici bilaterali intergovernativi: nel giugno 2008 il primo incontro tra i Presidenti Mubarak e Berlusconi aveva lanciato i progetti di costituzione di un’ università italo-egiziana e di cooperazione scientifica su vasta scala; mentre al Terzo Vertice Bilaterale del maggio 2010 i Ministri degli Esteri, dell’Agricoltura e dello Sviluppo Economico impegnarono l’Italia con sei Memorandum di Intesa e nove dichiarazioni, a sostegno della ricerca scientifica, dello sviluppo sostenibile, della tutela dei beni culturali e della prevenzione sanitaria. Non è mancato, infine, l’intervento dei grandi enti pubblici a supporto della modernizzazione dei trasporti e del servizio postale: Ferrovie dello Stato ha affiancato dal settembre 2008 l’ente nazionale egiziano (Egyptian National Railways Authority) in un progetto di assistenza tecnica che aiuti il trasferimento di expertise best practices e favorisca un riassetto tecnologico del settore, in cui altre aziende italiane come ITALFERR e ELSAG-DATAMAT contribuiscono dal punto di vista della gestione logistica ed informatica. La riorganizzazione del sistema postale vede invece la partecipazione attiva di Poste Italiane nella consulenza tecnica e logistica, nell’ambito di due accordi stipulati nel marzo 2008 e nell’ultimo vertice del maggio 2010.

I rapporti commerciali ed il traino del settore energetico

Oltre ad essere partner privilegiato nella modernizzazione e motore di flussi turistici (circa un milione di visitatori dal Bel Paese nel 2011), l’Italia può godere di una posizione consolidata come primo destinatario delle esportazioni egiziane. L’interscambio commerciale gravita ormai attorno i 5 miliardi di dollari, +33% nei primi tre trimestri 2011 rispetto all’identico periodo nel 2010. Dal 2006 ha fatto inoltre la sua comparsa il Consiglio d’Affari Italo-Egiziano, come punto di riferimento per le oltre 600 aziende in cerca di occasioni di delocalizzazione e di allargamento del mercato d’esportazione. Nel contesto istituzionale del Partenariato Strategico, il Piano d’Azione 2009–2012 stipulato nel marzo 2009 tra l’ex Ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola e dal suo collega egiziano Mohammed Rachid ha creato il framework per una rinnovata cooperazione economica in cui joint-venture e alleanze tra piccole/medie imprese potessero fungere da volano per lo sviluppo sfruttando le aperture legislative e gli incentivi fiscali, come quelli offerti nei distretti produttivi di Damietta e Robbiki.E’ attraverso i dati elaborati dall’ICE (Gennaio/Settembre 2011) che possiamo cogliere la rilevanza del mercato italiano per l’economia egiziana: l’Italia fornisce il 5,29% del totale delle importazioni per circa 2,2 miliardi di euro; il valore segna un ribasso poco superiore al punto percentuale,performance migliore rispetto al -4,6 della Germania, terza tra i fornitori alle spalle di Cina e Stati Uniti. Quarto Paese esportatore in termini assoluti, l’Italia vanta comunque il primato nella fornitura di meccanica strumentale, che primeggia tra i beni importati (oltre il 10% del totale import), occupando una quota del 18% dell’intero settore malgrado una contrazione del 15% degli ordinativi che gli analisti attribuiscono in gran parte all’indebolimento della lira egiziana rispetto all’euro. Aumentano invece del 35% a 2,1 mld US$ le esportazioni in Italia, che detiene una quota di mercato del 8,8%, rimanendo il primo mercato di destinazione malgrado la forte crescita di India (+63%), Turchia e Francia (+55%).Spicca la rilevanza del settore Oil&Gas (petrolio greggio, prodotti da raffinazione e gas naturale) che da solo sfiora i 900 milioni di dollari (circa 35% del totale export). Importante anche la quota occupata dai prodotti agricoli (133 milioni $, 6,5%) e dai minerali ferrosi (241 milioni, ca 11%).Nel settore degli idrocarburi, l’Italia si segnala come secondo acquirente di petrolio e gas, alle spalle rispettivamente di India e Spagna, ma la valenza dell’impegno italiano nel settore è garantita dal solido impegno dei principali colossi dell’energia (Eni, Enel, Edison) e di altre imprese che hanno usufruito delle semplificazioni legislative in materia di joint venture e partecipazioni miste con enti pubblici come il Ministero del Petrolio e le compagnie statali. Attraverso la controllata International Egyptian Oil Corporation (IEOC), Eni detiene la partecipazione in otto concessioni (in esclusiva o in partecipazione con altre compagnie) sul suolo egiziano, localizzate nelle aree del Golfo di Suez, Delta del Nilo e Western Desert ed è l’azienda straniera più attiva in Egitto con una produzione in quota esclusiva di 230 barili di olio equivalente al giorno su un totale di 595 boe attribuiti alle concessioni in cui è attiva. Con una quota del 40%, la società controllata al 30% dallo Stato italiano (tramite Tesoro e Cdp) partecipa alla gestione dell’impianto di Damietta, il più grande al mondo per la liquefazione del gas naturale, insieme alla spagnola Union Fenosa ed all’holding egiziana EGAS.La “diplomazia” del Cane a Sei Zampe e del suo amministratore delegato Paolo Scaroni si è dimostrata particolarmente attiva nel biennio 2009-2010 e non ha incespicato nemmeno di fronte ai rivolgimenti politici dell’anno appena trascorso: nel corso del vertice bilaterale del maggio 2009, Scaroni e il Ministro del Petrolio Amin Sahmy si accordarono per estendere sino al 2030 laconcessione di Belayim nel Golfo di Suez, predisponendo un aumento delle attività di esplorazione per nuovi giacimenti, in particolare di gas naturale. Un anno più tardi l’intesa prese la forma di unStrategic Framework Agreement che allargava al Mediterraneo l’area di attività di Eni, in collaborazione con le compagnie nazionali EGPC ed EGAS. La creazione delle joint venture Petrobel e Agibe con la stessa EGPC segnano, infine, il percorso di un progetto a lungo termine, in cui le autorità egiziane hanno affidato ad Eni il ruolo guida nella formazione di personale esperto e nell’applicazione di conoscenze logistiche e tecnologiche, auspicando effetti benefici di spill-over per le imprese nazionali. Dal canto suo, Eni continua a lanciare segnali di fiducia verso il mercato egiziano, confermando una linea di investimento di oltre 3 miliardi di euro per il biennio 2011/2012: in un incontro tra lo stesso Scaroni ed il neo Primo Ministro Sharaf, la compagnia italiana ha trovato le giuste rassicurazioni per continuare ad esplorare nel Mediterraneo, nel West Desert e nel Sinai.Nel Delta del Nilo, in particolare, Eni ha concentrato le attività nelle concessioni di Port Said e Temsah, da cui ricava circa 11 milioni di metri cubi di gas al giorno. Tra il 2009 ed il 2010 sono stati attivati nuovi giacimenti all’interno delle area di Temsah, fra tutti il promettente sito offshore diTuna che, una volta a regime, potrà produrre circa 4,5 milioni di metri cubi al giorno. La compagnia italiana, dunque, crede nella crescita del ruolo dell’Egitto tra i principali produttori mondiali di gas e non passano quindi inosservate le clausole dell’Agreement del 2010 con le quali, oltre a coinvolgere EGPC ed EGAS in attività in Gabon in Iraq, si assicura i diritti di acquisto sulla capacità di trasporto dell’Arab Gas Pipeline, rete di gasdotti centrale nelle rotte di distribuzione verso Israele, Libano, Siria e Giordania di cui BloGlobal si era già occupato a seguito degli attacchi terroristici della scorsa estate.L’attenzione italiana per il gas egiziano si completa nel 2009 con il prepotente ingresso di Edison nella concessione di Abu Qir: potenziale produttivo di 1,5 miliardi di metri cubi annui, aumentato poi del 30% a seguito delle scoperte di nuovi giacimenti, acquisito dal gruppo di Foro Bonaparte per 1,5 miliardi di euro sotto la guida dell’allora AD Umberto Quadrino e controllato tramite la joint-venture “Abu Quir Petroleum Company” costituita fra Edison International ed EGAS. Progetto ambizioso con cui l’azienda italiana, ora soggetta al riassetto interno tra le quote Edf e quelle di A2A-Iren, diede il via ad un piano industriale 2009-2013 nel cui ambito investimenti per oltre 3,6 miliardi di euro dovrebbero sostenere nella sola Abu Qir il 15% del fabbisogno. Fa la sua parte anche ENEL, che tra 2008 e 2010 ha stretto vari accordi di cooperazione tecnica e attività congiunte con l’EGAS nel campo esplorativo e produttivo, in particolare negli ambiti siti off-shore nel Delta del Nilo.  La lista di grandi gruppi italiani attivi in Egitto segnala una forte competitività di tutto il settore energetico, esteso anche al campo delle energie rinnovabili (è attiva ENEA con un progetto di 10 milioni cofinanziato dall’UE per un centrale termosolare) e della produzione di energia elettrica (Italgen, Ansaldo Energia, Termokimik).

Le nuove sfide per la diplomazia italiana nell’era post-Mubarak

La relazione tra Italia ed Egitto è certamente un modello per tutta la cooperazione euro-mediterranea e i positivi risultati economici vanno in gran parte addotti ad un intenso dialogo fra i vari livelli istituzionali. Come testimoniato dalle dichiarazioni di fiducia e dalla prosecuzione delle attività di grandi colossi come Eni, i rapporti fra i due Paesi dovranno mantenere continuità fra passato e presente, salvaguardando l’alto livello di interdipendenza anche in presenza di una riduzione del ruolo pervasivo delle elite militari che sinora hanno presieduto la cooperazione internazionale. L’attenzione che la delegazione del ministro Terzi ha voluto dedicare nel corso della propria visita alle istanze di tutte le forze sociali e religiose testimonia una volontà di ascolto verso le esigenze di democratizzazione ma non si può escludere il rischio di una empasse dei rapporti fra i due Paesi: come detto, la predisposizione del governo Mubarak, prima, e della giunta militare, poi, ad accogliere le esigenze degli investitori italiani e a coinvolgere imprese ed istituzioni italiane nella modernizzazione del Paese è stata fondamentale. Laddove la transizione verso un nuovo governo eletto dovesse mutare i referenti politici, l’Italia dovrà essere dunque in grado di vedere assicurata la tutela dei propri investimenti e garantire la continuità degli incontri bilaterali su base annuale per non disperdere gli sforzi di aiuto alla modernizzazione sinora compiuti. Il suo status di partner economico privilegiato potrebbe, anzi, fornire all’Italia i giusti strumenti per indicare al duo Tantawi-Sharaf la via migliore per riportare la democrazia in Egitto, vigilando sul rispetto dei diritti umani e, non da ultimo, colmando tutte le lacune che la politica estera strutturale dell’Unione Europea ha mostrato nel sostenere lo sviluppo dell’area mediterranea.* Antonio Scarazzini è Dottore in Studi Internazionali (Università di Torino)

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