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Fiorello La Guardia, il piccolo fiore del Bronx
Lo chiamavano tutti The Little Flower, riferendosi alla bassa statura (meno di un metro e cinquanta) e alla traduzione inglese del suo nome di battesimo, Fiorello. Nato a New York City l’11 dicembre 1882, al 177 Sullivan Street di Little Italy a Manhattan, Fiorello Henry La Guardia – figlio di un musicista cattolico di Foggia, Achille La Guardia, e di un’ebrea triestina, Irene Coen Luzzato – fu uno dei più apprezzati politici statunitensi, in particolare come sindaco di New York per tre mandati consecutivi dal 1933 al 1945. Nel 1898 la famiglia si trasferì nella casa materna a Trieste, nell’allora Impero Austro-Ungarico, dove La Guardia trovò il suo primo lavoro presso i consolati statunitensi di Budapest, Trieste e Fiume. Quando nel 1906 tornò a New York, La Guardia parlava correntemente l’ungherese, il tedesco, il serbo-croato, lo yiddish e l’italiano.
A New York lavorò come interprete per il servizio immigrazione a Ellis Island per pagarsi gli studi in giurisprudenza alla New York University. Nel 1916, a 34 anni, fu il primo italo-americano eletto al Congresso degli Stati Uniti nel collegio del Lower East Side a Manhattan. Si candidò per il partito repubblicano, ma solo per evitare di far parte dell’allora corrotto partito democratico. Fiorello La Guardia fu perlopiù un progressista, o meglio un liberale di sinistra, con un unico obiettivo: migliorare la vita dei propri concittadini. «Non voglio che si usi la parola politico – dichiarò La Guardia -, la sua connotazione è tale che io penso non debba essere usata, tranne per i politicanti, e di questi ce ne sono molti. Io non sono uno di questi». Sulla laurea honoris causa della Yale University, nella dedica c’era scritto che «aveva strappato la democrazia ai politici e l’aveva ridata al popolo».
Odiato da molti suoi colleghi repubblicani, spesso in contrasto con le sue idee riformatrici, La Guardia ampliò i servizi socio-sanitari, fece costruire parchi e incrementò i trasporti e l’istruzione pubblica. Quando divenne sindaco nel 1933, New York City non se la passava bene. «No more free lunch for anybody», disse La Guardia ai suoi concittadini, nella consapevolezza di dover ridurre la corruzione e la malavita in città. Per indebolire le organizzazioni criminali, decise all’inizio degli anni Trenta di rendere illegali i pinball (cioè i flipper): una corte del Bronx considerò quelle macchine al pari del gioco d’azzardo e in poche settimane il New York Police Department ne confiscò ben 3000. La Guardia donò poi i rottami di metallo al governo per dare una mano all’esercito nella guerra contro i nazisti. Quando i tedeschi lo etichettarono come il sindaco ebreo di New York, con un pizzico di ironia rispose: «Non avevo mai creduto di avere abbastanza sangue ebraico nelle vene da giustificare il fatto di potermene vantare».
Uomo dalla volontà di ferro, si concedeva solo un giorno alla settimana di riposo, la domenica, quando si dilettava a leggere alla radio le favole per i bambini della sua città. Alcuni lo considerarono un sindaco-dittatore, un decisionista sostenuto però da un forte sostegno popolare. Durante la sua ultima apparizione in pubblico Fiorello La Guardia disse: «La mia generazione ha fallito miseramente, abbiamo fallito per mancanza di lungimiranza. Ci vuole più coraggio per mantenere la pace che andare in guerra».
Il 1° giugno 1947 venne inaugurato il Fiorello La Guardia Airport, secondo aeroporto di New York dedicatogli per l’importanza avuta in città. Morì di cancro il 20 settembre 1947 nella sua casa al numero 5020 di Goodridge Avenue nel Bronx. Per chi volesse visitare la Big Apple ripercorrendo i passi del piccolo fiore del Bronx, basterebbe trovarsi in quello che La Guardia considerava come il suo Lucky Corner, all’angolo tra Lexington Avenue e la 116 Street, dove teneva l’ultimo comizio prima di ogni elezione. Da non perdere, poi, i LaGuardia Place Gardensnel Greenwich Village: qui, tra Washington Square Park e Houston Street, è possibile vedere la statua dedicata al sindaco italo-americano. Una piccola opera per ricordare, nel cuore di New York, un uomo che contribuì non poco all’impetuosa crescita della sua città.
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