Pil, siamo la pecora nera d'Europa. Ora a rischio gli effetti del bonus Irpef. Con un'economia quasi a zero potrebbero non esserci i soldi per finaziare lo sgravio. E si allunga l'ombra di una manovra correttiva (di Federico Fubini - Repubblica)
I primi segnali di scollamento fra speranze e realtà erano emersi la settimana scorsa. Da gennaio Piazza Affari aveva corso più delle altre Borse, prima volta da anni. Eppure dall'inizio del mese qualcosa si era spezzato. Come a maggio 2011, subito prima che l'Italia venisse investita dal contagio, il listino di Milano ha iniziato a perdere mentre gli altri tenevano.
Questo non è il 2011, certo. Ora esiste una garanzia (condizionata) della Banca centrale europea, e il mercato lo sa... Il calo dell'economia... contiene un duplice messaggio. Il primo è che l'Italia di oggi non ha i muscoli per risalire dal fondo e, evidentemente, non ha usato questi anni per costruirli. Ma l'altro messaggio di ieri è che questa debolezza cronica ancora una volta minaccia l'architettura di bilancio del governo in carica. Oggi quello di Matteo Renzi, come ieri quelli di Enrico Letta, Mario Monti e Silvio Berlusconi.
Non c'è dubbio infatti che l'impianto dello sgravio da 80 euro al mese da ieri poggia su basi meno solide. L'Istat fa sapere che quest'anno l'Italia per ora è decresciuta dello 0,2% dunque, calcola Sergio De Nardis di Nomisma, per il 2014 può contare al massimo in un Pil in aumento dello 0,2% o 0,3%. È una stagnazione, non la ripresa annunciata. L'Istat peraltro stima che spendere 6,7 miliardi per il bonus Irpef già nel 2014 genererà circa 1,5 miliardi crescita in più. Il resto verrà risparmiato dalle famiglie per paura del futuro, finirà ai produttori esteri di smartphone o farmaci comprati dagli italiani, o in parte ai professionisti in posizione di rendita che si fanno pagare troppo cari i propri servizi.
Dunque il governo spende molto per raccogliere poco: poiché il motore dell'economia italiana è palesemente guasto da anni, la benzina che i vari esecutivi cercano di versarci dentro perché sia consumata spinge poco lontano. Era successo con i 5 miliardi dell'Imu del governo Letta, può riprodursi con i 6,7 miliardi dell'Irpef di quello di Renzi benché quest'ultima misura miri all'equità sociale con molta più determinazione. Ma con un'economia quasi a zero, anziché in ripresa, rischiano di non esserci neanche i soldi previsti per finanziare il bonus Irpef rispettando l'impegno a non far salire il deficit oltre il 3% del Pil. In un Paese fermo infatti la coperta si accorcia.
Poiché la crescita sarà più debole di quanto stimato dal governo, l'ammanco di cassa prevedibile per la fine dell'anno sembra essere di circa 4,5 miliardi di euro. Basta un minimo intoppo negli ingranaggi pensati per coprire la spesa del bonus Irpef, perché il deficit torni di nuovo eccessivo. Siamo solo a maggio ma, come l'anno scorso, già si allunga l'ombra di una manovra correttiva in estate o in autunno. Allora il governo la smentì per poi farla in ottobre e anche oggi lo percorso ha iniziato a ripetersi.
Per spezzare l'incantesimo di questo ciclo continuo di cadute del Pil, manovre, nuove cadute e ulteriori strette al bilancio, il governo può guardare ai dati sui Paesi europei pubblicati ieri. Eurostat segnala che economie fragili come Spagna, Portogallo o Irlanda sono risalite nell'ultimo anno, mentre l'Italia è scesa ancora di più. Quelli restano Paesi carichi di problemi, ma hanno un aspetto in comune: cercano di adattare le proprie istituzioni economiche interne alla nuova realtà della vita in un'unione monetaria. Hanno capito che non si può giocare a calcio continuando a indossare i tacchi alti come prima. In quei Paesi i negoziati sui salari non escludono certo i sindacati, ma avvengono sempre più al livello delle singole aziende per permettere loro di stare sul mercato.
Magistrati e avvocati sono sotto pressione per produrre una giustizia dai tempi praticabili, non decennali. E contro la corruzione non si creano "task force", ma si rende il falso in bilancio un reato per cui si va in carcere. Quanto alla Spagna, poi, il governo è stato costretto ad affrontare il problema delle banche prima e con forza, senza rinviarlo. Solo in Italia il credito (a marzo) è di 27 miliardi sotto i livelli di un anno fa.
Non che ciò risolva tutti i problemi. I dati Eurostat di ieri gettano luce su un'area euro che emerge dalla sua crisi in pezzi. L'unione monetaria resta un edificio di pieno di squilibri. Non fosse per la Germania che cresce dello 0,8%, l'area nel suo complesso sarebbe ferma. La Francia lo è e sembra avere molti degli stessi problemi dell'Italia. Persino le economie un tempo più vicine alla Germania arrancano: l'Olanda vive una recessione dettata dai bilanci delle famiglie, in profondo rosso a causa dei mutui casa; la Finlandia somiglia a un'azienda il cui modello di business è saltato: persa Nokia, l'unica grande impresa, scopre nell'era digitale che l'export del suo legname per produrre carta sta crollando. Solo l'Austria sembra tenere il passo della Germania e di un euro talmente forte che in ogni altro Paese deprime l'export e i consumi, facendo salire solo il debito in rapporto al Pil.
Ora tutti guardano a Mario Draghi perché riduca lo stress che schiaccia ancora l'area euro. Per la Bce i prossimi mesi non si annunciano più tranquilli degli anni passati: nel 2012 ha sedato la crisi, ma questa può risvegliarsi in ogni momento.
Federico Fubini
Lo spread che balza in un giorno da 150 a 180; la borsa che ieri perde il 3,60% ed oggi "rimbalza" (si fa per dire) dello 0,80%, recuperando cioè, per prese di beneficio dei ribassisti, solo un quinto delle perdite di ieri, non sono segnali incoraggianti. E nel frattempo, mentre tutte le persone serie (Renzi, tu non c'entri) mettono in dubbio le coperture per la mancetta, man mano che le elezioni europee si avvicinano, Crozza Renzi le spara sempre più grosse: non solo estenderà la mancetta a precari, incapienti, esodati, pensionati, disastrati, mutilati e scoglionati, ma addirittura ha già preannunciato aumenti della mancetta per l'anno prossimo. Non è un vero miracoliere? Neanche il Berlusconi delle Dentiere e della Vittoria sul Cancro, aveva osato tanto. Ma c'è da credergli, perchè Renzi lo ha giurato: ci mette la faccia.
Però io sarei cauto. Aveva giurato anche #enricostaisereno, perchè MAI andrò a Palazzo Chigi senza un voto politico popolare. E ora sulle Nuove Minchiarte ci "mette la faccia". Anche noi ci mettiamo la faccia: la sua. Tafanus
"Cuore" del 15 Aprile 1991
Sembra ieri. Questo titolo di "Cuore" ha 23 anni, ma oggi è fresco esattamente come ieri. L'unica consolazione? E' che Renzi "ci mette la faccia". E noi lo incoraggiamo, a mettercela fino in fondo, sparandole sempre più grosse.
P.S.: Qualcuno è in grado di dirmi quale sia il Q.I. di Matteo Renzi? ATTENZIONE! parlo di Intelligenza, non di Furbettizia.
Tafanus