Jacob Ludwig Karl Grimm e Wilhelm Karl Grimm, meglio noti come i fratelli Grimm, hanno lasciato un'impronta indelebile nella favolistica europea.
Studiosi complessi ed eclettici, le loro conoscenze spaziavano dalla letteratura alla linguistica; furono professori, bibbliotecari, ricercatori e fondatori della cosidetta "Germanistica".La loro storia iniziò dopo aver raccolto ed elaborato le fiabe della tradizione tedesca; racconti oscuri, truculenti, intrinseci di magia e alchimia. Nei volumi pubblicarono anche fiabe francesi, che i Grimm conobbero attraverso un autore ugonotto. Racconti misteriosi, quelli dei fratelli Grimm, che di certo non erano concepite come fiabe per fanciulli: nella prima edizione (del 1812) sono inseriti dettagli realistici e cruenti, nonchè una particolare e complessa simbologia che concepisce la presenza di Satana e altri demoni dell'oltretomba. Ovviamente i Grimm ripreso una tradizione lunga di secoli, scavando nei meandri più profondi della tradizione tedesca e riscoprendo racconti violenti e sanguinosi, tipici di quella cultura. Non mancarono accuse e dibattiti sull'andamento delle fiabe, tanto che in un volume è stata ritrovata una lettera di Jacob Grimm in difesa della loro opera:
«La differenza tra le fiabe per bambini e quelle del focolare e il rimprovero che ci viene mosso di avere utilizzato questa combinazione nel nostro titolo è più una questione di lana caprina che di sostanza. Altrimenti bisognerebbe letteralmente allontanare i bambini dal focolare dove sono sempre stati e confinarli in una stanza. Le fiabe per bambini sono mai state concepite e inventate per bambini? Io non lo credo affatto e non sottoscrivo il principio generale che si debba creare qualcosa di specifico appositamente per loro. Ciò che fa parte delle cognizioni e dei precetti tradizionali da tutti condivisi viene accettato da grandi e piccoli, e quello che i bambini non afferrano e che scivola via dalla loro mente, lo capiranno in seguito quando saranno pronti ad apprenderlo. È così che avviene con ogni vero insegnamento che innesca e illumina tutto ciò che era già presente e noto, a differenza degli insegnamenti che richiedono l’apporto della legna e al contempo della fiamma». »
Da "I musicanti di Brema"
L'ambientazione oscura e tenebrosa, fatta di fitte foreste popolate da streghe, goblin, troll e lupi in cui accadono terribili fatti di sangue, rapimenti, soprusi di vario genere erano un modo per manifestare le pulsioni umane, tanto che alcuni studiosi pensarono che i loro racconti anticipassero la teoria freudiana.
Così come i Grimm, anche Jung, allievo di Freud, seppur da altri punti di vista, era affascinato ed interessato al mondo delle fiabe. Egli sosteneva che esse fossero l’espressione più genuina e pura dei processi dell’inconscio collettivo, ossia di quella sorta di deposito collettivo, sviluppatosi per una predisposizione comune a tutta l’umanità ad organizzare in maniera simile le esperienze che si ripetono attraverso le generazioni.
La fiaba, dunque, è prodotto della fantasia e dell’ingegno umano; incarna ed esprime sentimenti, emozioni, aspirazioni, speranze comuni a tutta l’umanità. Non esiste praticamente popolo che, accanto alla sua mitologia, non abbia le sue fiabe. In tutte si riscontra una singolare analogia di temi, motivi, costanti e topoi, spesso indipendentemente da reciproci contatti, influssi e contaminazioni, pur nelle varianti e negli adattamenti nazionali, regionali e locali.
Della storia di Cappuccetto Rosso esistono almeno 40 versioni presso diversi popoli e culture; della trama di Cenerentola, esempio tipico di trasversalità della fiaba, si trovano addirittura 345 versioni, in Europa, in Asia e in Africa. Muta soltanto il nome della protagonista (Cendrillon in Francia, Aschenputtel in Germania, Askungen in Svezia, Ashiepattle in Scozia, Guidskoen – “scarpetta d’oro” – in Danimarca).La circolarità dei medesimi motivi non può che avvalorare, dunque, la tesi per cui la fiaba rappresenta un prodotto dell’anima universale comune a tutti i popoli. Le fiabe, per Jung, riflettono e svelano i processi dell’inconscio collettivo, poiché, attraverso il ripetersi (in spazi e tempi distanti e differenti) degli stessi temi e motivi, svelano l’emergere dell’archetipo nella propria struttura. Oltre a ciò, a differenza del mito, la fiaba è scarsamente rivestita di materiale culturale e dunque rappresenta gli archetipi nella loro forma più pura, riflettendo così molto più limpidamente i modelli fondamentali della psiche. Attraverso la via dell’immaginario, la fiaba accomuna e avvicina civiltà e culture lontanissime, dimostrando come nell’intimo di ciascun uomo alberghino i medesimi pensieri, speranze, bisogni, aspirazioni.
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