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Il mito dell’ universalità dei diritti umani

Creato il 11 marzo 2012 da Coriintempesta

Articolo inviato al blog

di: Gaspare Serra – PANTA REI -

Il mito dell’ universalità dei diritti umani

QUAL’E’ IL FONDAMENTO DEI DIRITTI DELL’UOMO?

 

“Confessiamo una buona volta a noi stessi che da quando l’umanitĂ  ha introdotto i diritti dell’uomo, si fa una vita da cani‌â€�

(Karl Kraus)

 

La “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo� (cd. Dudu) del 1948 enuncia una lunga serie di diritti.

Ciò dandone per scontata l’esistenza, ovvero senza indicarne esplicitamente il fondamento ultimo.

PerchĂŠ mai, allora, riconoscere i cd. diritti umani come diritti “universaliâ€� (ovvero rivolti all’intera UmanitĂ  e imponenti agli Stati la “non ingerenzaâ€� nell’esercizio individuale degli stessi)?

Dove traggono fondamento i “presuntiâ€� caratteri distintivi dei diritti dell’uomo (la loro “fondamentalitĂ â€�, “universalitĂ â€�, “inviolabilitĂ â€� e “indivisibilitĂ â€�)?

PUO’ ESSERE “DIO� IL FONDAMENTO DEI DIRITTI UMANI?

 Alison Renteln, nell’opera “International Human Rights�, distingue tre possibili fondamenti dei diritti dell’uomo:

1-  l’Autorità divina

2-  la legge di natura

3-  o la ratifica internazionale dei trattati (ovvero il “consenso� degli Stati).

Molti autori (tra cui Michael Perry), cosĂŹ, individuano il fondamento dei diritti umani nell’AutoritĂ  divina: solo pensando agli uomini come opera di Dio (per ciò stesso “sacriâ€�) vi sarebbero ragioni per credere nell’“universalitĂ â€� e nell’“inderogabilitĂ â€� dei diritti dell’uomo (miranti a proteggerne la “dignitĂ â€�).

Non stupisce, cosĂŹ, leggere nella “Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’Americaâ€� (del 4 luglio 1776) quanto segue: “Reputiamo di per sĂŠ evidentissime le seguenti veritĂ :

1- che tutti gli uomini sono stati creati uguali

2- che il Creatore li ha investiti di certi diritti inalienabili

3-  e che, tra questi, vi sono la vita, la libertà e la ricerca della felicità�.

Del resto anche nel Preambolo della “Carta araba dei diritti dell’uomoâ€� (adottata -sia pur non ancora vigente- dal Consiglio della Lega degli Stati Arabi il 15 settembre 1994) si legge: “Premessa la fede della Nazione Araba nella DignitĂ  dell’uomo, sin da quando Allah l’ha onorata…â€�.

 I limiti di questa impostazione teorica, però, sono duplici:

1-  da un lato, spingere ad una “idolatria dei diritti umaniâ€� (per lo piĂš fatti coincidere con i principali valori condivisi dalle tre grandi religioni monoteiste e creazioniste);

2-  dall’altro, far perdere di validità universale gli stessi diritti (risulta difficile, infatti, credere che diritti strettamente legati ad una specifica visione religiosa possano essere universalmente condivisi).

I pericoli che discendono da questa lettura, pertanto, sono anch’essi duplici:

1- considerare i diritti umani alla stregua di una “nuova religione dell’umanitĂ â€�;

2-  e trasformare la loro difesa in una sorta di “neo-crociataâ€� (possibile foriera di contrapposizioni ideologiche, manifestazioni d’intolleranza e conflitti di civiltĂ ).

 PUO’ ESSERE LA “LEGGE DI NATURA� FONDAMENTO DEI DIRITTI DELL’UOMO?

Le principali teorie sui diritti umani si basanosull’idea dell’esistenza di una “legge naturale�, di cui tali diritti sarebbero solo diretta espressione.

Tali teorie (di matrice “occidentaleâ€� e “giusnaturalistaâ€�) propugnano l’esistenza di un “nucleo essenzialeâ€� di diritti e libertĂ  che apparterrebbero all’uomo in quanto tale, prescindendo sia dall’AutoritĂ  divina che dal diritto positivo.

In quest’ottica i diritti umani sarebbero considerati alla stregua di “diritti naturali�.

Già i filosofi greci (Aristotele e gli stoici per primi) affermarono l’esistenza di un diritto naturale come un insieme di norme di comportamento la cui essenza l’uomo ricaverebbe dallo studio delle leggi naturali  (cd. giusnaturalismo).

Immanuel Kant, nelle opere “Fondazione della metafisica dei costumiâ€� (1785) e “Metafisica dei costumiâ€� (1797), in un’ottica piĂš razionale e moderna, individuò nella dignitĂ  della persona (o “dignitasâ€�) il fondamento ultimo del riconoscimento universale dei diritti umani.

La dignitĂ  dell’uomo consisterebbe in un “valore intrinseco assolutoâ€� che imporrebbe a tutti gli altri esseri umani il rispetto sia della propria persona che di quella altrui (“il rispetto che ho per gli altriâ€� -scrive Kant- â€œĂ¨ il riconoscimento della dignitĂ  che è negli altriâ€�).

Anche le tesi giusnaturaliste, però, presentano un limite:la necessitĂ  di un’“assoluta incontrovertibilitĂ â€� di ogni assunzione metafisica sottostante, ovvero di una “definizione univocaâ€� dei concetti di legge di natura, di natura umana e di dignitĂ  della persona (ancor oggi di problematica definizione‌)

Il rischio conseguente, cosĂŹ, sarebbe quello di trasformare i diritti umani in una sorta di comandamenti di una “nuova religione laicaâ€�!

PUO’ ESSERVI UN “FONDAMENTO ASSOLUTO� DEI DIRITTI UMANI?

Partendo da queste criticità, molti autori giungono a negare alcun fondamento metafisico (o assoluto)dei diritti dell’uomo

Nell’opera “Una ragionevole apologia dei diritti umani�, Michael Ignatieff sostiene che i diritti umani non possono essere considerati come un’espressione normativa della natura umana (in un certo senso, piuttosto, sarebbero “contro natura�!).

La moralitĂ  umana e i diritti umani rappresenterebbero solo un tentativo di correggere e contrastare le tendenze naturali proprie degli esseri umani: “non c’è niente di sacro negli esseri umaniâ€� -sostiene Ignatief- “niente a cui spetti di diritto venerazione o rispetto incondizionatoâ€�.

Secondo Norberto Bobbio i diritti dell’uomo nascono gradualmente in un contesto storico ben determinato, attraverso “lotte per la difesa di nuove libertĂ  contro vecchi poteriâ€�.

Definire certi diritti naturali, fondamentali, inalienabili o inviolabili significherebbe, cosĂŹ, usare “formule del linguaggio persuasivoâ€� che possono avere la funzione pratica di dare maggior forza retorica a un documento politico ma che “non hanno alcun valore teoricoâ€�.

Ogni ricerca di un qualsiasi fondamento assoluto dei diritti, in conclusione, sarebbe vana!

Com’è possibile, del resto, trovare un fondamento assoluto in diritti di cui non si ha nemmeno una nozione ben precisa?

La stessa espressione “diritti dell’uomoâ€� è molto vaga‌

I diritti umani rappresentano una “classe variabile� in quanto diritti storicamente relativi (mutano nel tempo assieme alle condizioni storiche).

Ciò, del resto, spiega come:

a-  da un lato, diritti considerati assoluti nel passato non siano piÚ considerati tali oggi (si veda la proprietà, come considerata dalla Dichiarazione francese del 1789 e come rivalutata dalle Costituzioni contemporanee);

b-  dall’altro, nel futuro potrebbero essere ritenuti fondamentali diritti che tali oggi non sono affatto (come la protezione dell’ambiente o la protezione della vita animale).

Com’è immaginabile rintracciare un fondamento assoluto, poi, in diritti cosÏ eterogenei e in conflitto tra loro?

Molti diritti umani sono “in concorrenza� tra di loro (si pensi al diritto della persona di non essere torturati e al diritto dei cittadini alla pubblica sicurezza).

Diritti “antinomici� non possano avere alcun fondamento assoluto (un diritto e il suo opposto non possono essere entrambi “inconfutabili�!).

Deve far riflettere, del resto, come nemmeno il primo dei diritti dell’uomo che generalmente viene in mente a noi Europei, ossia il “diritto alla vitaâ€�, può considerarsi ad oggi un diritto assoluto: ciò, infatti, mal si concilierebbe con la realtĂ  di un Mondo ancora costellato da Stati che ammettono impunemente la pena di morte, tra cui i democratici e liberali Stati Uniti!

 

 IL “CONSENSO DEGLI STATI� COME UNICO FONDAMENTO DEI DIRITTI UMANI

 Basandosi su queste argomentazioni, studiosi come Michael Ignitieff e Norberto Bobbio hanno concluso che l’unico fondamento possibile per i diritti umani è quello storico-politico, ovvero il “consensoâ€� tra gli Stati (principali attori della ComunitĂ  internazionale) manifestato nella forma dei trattati

Occorre “smettere di pensare che i diritti umani siano delle specie di briscoleâ€� al di sopra della politica oppure “il credo universale di una societĂ  globalizzata, o una religione secolareâ€�, sostiene Ignitieff.

I diritti umani vanno ridotti a mere “norme giuridicheâ€�: non devono essere considerati una religione bensĂŹ il tentativo di indicare i valori e i disvalori che tutti gli Stati dovrebbero assumere come criteri guida nella loro azione.

Riconoscere un fondamento “consensualisticoâ€� ai diritti umani, tuttavia, comporta inevitabilmente la rinuncia a ogni “pretesa universalisticaâ€�: e proprio questo è l’aspetto piĂš “rivoluzionarioâ€� di questa nuova prospettiva.

 

 COME SI E’ COSTRUITO “IL MITO� DELL’UNIVERSALITA’ DEI DIRITTI UMANI?

 Il diritto internazionale (dalla cd. Dudu in poi) ha sempre ribadito il carattere “universale� dei diritti umani

Ma ha davvero senso parlare di “universalitĂ â€� di tali diritti?

Stando alle discrepanze interpretative e difformitĂ  attuative degli “stessi dirittiâ€� da parte dei “diversi soggettiâ€� della ComunitĂ  internazionale (gli Stati) ciò appare per lo meno “problematicoâ€�‌ per non dire “pretestuosoâ€�!

 Ecco qualche esempio che può aiutarci a comprendere:

I- da un punto di vista filosofico, mentre l’Occidente è legato ad una concezione “giusnaturalistaâ€� dei diritti umani (ritenuti connaturati alla persona umana e indipendenti dalle leggi statuali: ogni Stato che li violerebbe potrebbe essere legittimamente contestato dai propri cittadini), i paesi di tradizione socialista, Cina in testa, sono legati ad una concezione piĂš “statalistaâ€� dei diritti dell’uomo, riconosciuti solo nella misura in cui affermati da leggi dello Stato (ogni Stato sarebbe sovrano sia nel definirli sia nel limitarli o circoscriverli in ragione di prevalenti interessi superindividuali)

II- da un punto di vista politico, mentre in Occidente si tende a privilegiare i diritti civili e politici (originariamente rivendicati come risposta allo strapotere dello Stato assoluto), nei paesi in via di sviluppo si presta maggiore attenzione ai diritti economici, sociali e culturali (il diritto a nutrirsi, al lavoro ed alla casa sono considerati prioritari rispetto al diritto al voto ed alle libertĂ  personali)

III- da un punto di vista religioso, infine, mentre nei paesi cristiani il rispetto della persona è un principio cardine dello Stato di diritto, in molti paesi islamici (tendenzialmente teocratici) precondizione per cui una persona possa vantare tali diritti è il simultaneo rispetto dei principi religiosi della “shari’aâ€�

Ciò ben spiega perchĂŠ nella “Dichiarazione del Cairoâ€� (approvata dalla XIX Conferenza islamica dei ministri degli esteri) si afferma come il fondamento dei diritti umani (definiti “comandamenti divini vincolanti, ex art. 2 e 10) si trova nella religione islamica e i diritti umani possono essere esercitati solo in conformitĂ  alla “shari’aâ€� (ex art. 2, 7, 12, 16, 19 e 22).

Tali inconciliabili visioni dei diritti dell’uomo spingono a considerare un “mitoâ€� la loro supposta universalitĂ  (che, tra l’altro, non si è ancora affatto realizzata e, tutt’al piĂš, si può indicare come un traguardo auspicabile).

La pretesa di uniformare universalmente “le cultureâ€� dei diritti umani, piuttosto, nasconde in sĂŠ seri pericoli, quali il rischio di trasformare la difesa di tali diritti (di matrice “occidentaleâ€� e “giusnaturalistaâ€�):

a- in una forma di “imperialismo culturale� o “tirannia di una maggioranza etica� (con cui ambire ad imporre nel mondo una sola morale, sia pur prevalente)

b- e in un pretesto per giustificare finanche il ricorso alla guerra come strumento di difesa di tali diritti qualora e ovunque violati (sorvolando sul fatto che è la guerra in sÊ la piÚ grande violazione dei diritti dell’uomo!).

Il vizio originario della dottrina occidentale dei diritti umaniè che essa poggiasu una Carta (la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo) tutt’altro che espressione di valori “universaliâ€�bensĂŹ messaggera di una ben precisa visione etica e culturale, d’indiscussa matrice cristiano-illuministica

La Dichiarazione del ’48 in primis è un testo d’ispirazione “intrinsecamente occidentaleâ€�: non a caso alla stesura della Carta lavorò un Comitato di redazione composto prevalentemente da rappresentanti di paesi occidentali (molti stati dell’attuale ComunitĂ  internazionale, nell’immediato dopoguerra ancora non indipendenti o nemmeno sorti, non hanno potuto influire sui lavori del Comitato o nemmeno parteciparvi).

La Dudu, in ultima analisi, non indica valori universalmente condivisi bensĂŹ costituisce “una dichiarazione monista che si auto-eleva a legge universale, sebbene sia espressione di una limitata parte dell’UmanitĂ â€� (Rigon).

Come può, del resto, rappresentare un “ethos globaleâ€� una Carta sorta dal compromesso politico raggiunto tra poche potenze mondiali (fondamentalmente Stati Uniti, Europa ed Urss)?

 

 L’“UNIVERSALISMO MINIMALISTA� DEI DIRITTI UMANI

 Accogliendo le critiche all’“universalismo assoluto� dei diritti umani e, al contempo, rifiutando l’opposta tesi del “relativismo etico� globale, Michael Ignatieff (direttore del “Carr Center of Human Rights Policy� di Harvard) ha indicato una teoria alternativa sul fondamento ultimo dei diritti dell’uomo, definita “universalismo minimalista�.

 Di fronte ad una ComunitĂ  internazionale irrimediabilmente divisa sul terreno dei diritti umani, Ignatieff proponela rinuncia ad ogni pretesa universalistica in nome della ricerca diun “consenso politico minimoâ€� intorno ad alcuni diritti essenziali

Lo Studioso suggerisce di ricercare alcuni minimi, essenziali punti di convergenza della ComunitĂ  internazionale sul campo dei diritti umani nel rispetto delle specificitĂ  storico-culturali dei vari Paesi.

Ridotti “all’essenzaâ€�, cosĂŹ, i diritti dell’uomo cesserebbero di rappresentare presso le culture piĂš diverse dalla nostra una sorta di intrusione “neoimperialistaâ€� (un tentativo di imporre stili di vita, valori e visioni del mondo tipicamente occidentali).

I diritti umani andrebbero presentati, in conclusione, piuttosto che come un linguaggio di parte utilizzato per proclamare “veritĂ  assoluteâ€�, come uno strumento per la soluzione dei conflitti e la tutela degli individui dagli abusi del potere.

 Questo “nucleo ristrettoâ€� di principi e precetti individuati dagli Stati potrebbe risultare universalmente condiviso solo se compatibile con un’ampia varietĂ  di modi di vivere e pensare (col “pluralismoâ€� dei popoli e delle loro culture), pur senza rinunciare ad apprestare una “tutela minimaâ€� alla persona umana ovunque nel mondo.

Risponderebbero bene a questi requisiti solo quei diritti che si limiterebbero a definire “libertĂ  daâ€� (ovvero “libertĂ  negativeâ€�, a protezione della capacitĂ  d’azione dell’individuo) senza indicare “libertĂ  diâ€� (ovvero “libertĂ  positiveâ€�).

In quest’ottica, filtrare la “quintessenza occidentaleâ€� della teoria dei diritti dell’uomo rappresenterebbe l’unico compromesso possibile per superare le divisioni tra le diverse CiviltĂ .

 Quali sarebbero questi “valori universalmente condivisi�?

Tale nucleo essenziale potrebbe pacificamente ricondursi alle piÚ gravi violazioni dei diritti dell’uomo, su cui ampia e unanime è la condanna da parte della generalità degli Stati:

1- il genocidio;

2- la discriminazione razziale (in specie l’apartheid);

3- la tortura

4- i trattamenti inumani o degradanti;

5- e la violazione del diritto dei popoli all’autodeterminazione.

Nulla impedirebbeuna progressiva convergenza degli Stati sul riconoscimento di un nucleo sempre piÚ ampio di diritti (quali quello all’alimentazione, all’accesso all’acqua, alla protezione sanitaria, alla sicurezza, alla libertà di manifestazione del pensiero, alla partecipazione dei cittadini alle scelte dei propri governi tramite libere elezioni‌).

A favorire ciò, poi, potrebbero contribuire processi sia di “regionalizzazioneâ€� (si veda la Cedu) che di “settorializzazioneâ€� dei diritti umani (si vedano i numerosi trattati internazionali siglati negli anni).

 Il filosofo Alessandro Ferrara, addirittura, ha proposto la stesura di una Seconda Dichiarazione Universale dei Diritti Umani per rispondere all’esigenza di identificare quei pochissimi diritti che si possono davvero riconoscere come “universali�.

Un obiettivo probabilmente ancora troppo ambizioso ma con il quale la Comunità internazionale prima o poi dovrà pur fare i conti‌

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