Poco fa ho fatto una piccola ricerca a proposito di Alessandro Lunardelli, regista del film Il mondo fino in fondo, visto qualche giorno fa. Nessun cenno biografico, se non che Lunardelli è un giovane regista alla sua opera prima – opera per la quale ha curato sceneggiatura, montaggio e regia – insomma un self made man. Viene da dire subito il ragazzo si farà o almeno si spera. Opera garbata racconta la storia di due fratelli con una notevole differenza d’età, abbandonati dalla madre che sceglie di vivere la sua vita lontana dalla famiglia per un non ben comprensibile motivo, i due ragazzi diventano adulti malgrado la mancanza, differenti per carattere e approccio alla vita. Il più grande, Luca Marinelli, improntato alla praticità dell’essere il proprietario di una fabbrica di passamanerie, non comprende il più piccolo, il suo modo di vivere la vita in punta di piedi, quasi scusandosi con i sottoposti in fabbrica dell’essere lui, con il fratello, il padrone. Filippo Scicchiatano con il suo viso bambino è calato perfettamente nella parte di una persona ambivalente consapevolmente gay, ma con grandi difficoltà a rivelare al fratello le sue pulsioni. Sicché la storia si snoda con il non detto e il vissuto del ragazzo più piccolo che, per un caso fortuito durante una trasferta a Barcellona, a seguito della squadra del cuore di entrambi, perde la testa per un attivista di Greenpeace e non perde l’occasione di dire addio alla sua vita precedente – a questo punto il film sembra ispirarsi liberamente alla trama del romanzo Il mondo alla fine del mondo di Luis Sepúlveda, per quell’occhieggiare agli attivisti dell’associazione più agguerrita del mondo nel combattere i danni all’ambiente, per quell’andare a cercare alla fine del modo, in sud America, in Patagonia per l’esattezza, quello che si è perso nella vita di ogni giorno. Tutti i protagonisti volenti e nolenti si ritrovano lì dove il mondo ha fine per ricordarsi l’uno con l’altro d’essere al mondo e d’esserci per quello che si è, compreso il fratello più piccolo che riesce a svelare, finalmente!, al più grande di essere gay. Viene da chiedersi: e doveva arrivare fin laggiù per dirglielo? Film gentile che non merita, però, tutte le ” stelline ” ricevute. C’è da augurarsi che il dolce e bambocciante Filippo Scicchitano eviti un altro ruolo gay. Le etichette, si sa, sono dure da staccare, specie se non si è forniti di strumenti idonei.
Magazine Diario personale
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