La triste realtà del movimento “pro-choice” (o, altrimenti definito “pro-death”) non è solo a favore dell’aborto, ma cerca anche di ostacolare chi vuole sostenere economicamente le donne, per eliminare i motivi che la porterebbero ad abortire. Loro vogliono l’aborto, vogliono che la donna abortisca. Lo stesso per l’eutanasia: mai si è sentito Emma Bonino chiedere di finanziare la medicina del dolore, l’apertura di nuovi Centri di terapia, oppure di renderla materia di insegnamento. Loro vogliono l’eutanasia, punto.
Quest’estate, dal 27 al 31 agosto, Milano diventerà capitale mondiale della «Terapia del dolore», dato che arriveranno da tutto il mondo settemila tra i migliori medici. Il Presidente e organizzatore del Congresso sarà Paolo Marchettini, medico del dolore di fama internazionale, docente di fisiopatologia e terapia del dolore all’Università della Svizzera italiana di Lugano e da poco Direttore del nuovo Centro di diagnosi e terapia medica e chirurgica delle sindromi da dolore cronico all’interno del Centro Diagnostico Italiano di Milano. In una recente intervista ha spiegato come il dolore -così tanto sbandierato per toccare il sentimentalismo, da parte degli estremisti radicali- per la metà dei pazienti sia solo «nella testa, cioè nel cervello [...]. Per questo molte volte sono utili i farmaci antidepressivi». Ovviamente poi ci sono i malati di cancro terminale, i quali vengono curati «utilizzando gli oppioidi come morfina e eroina», tutto all’interno di un regime sanitario e dunque non lasciato all’iniziativa del singolo. Per questo sono poco comprensibili certe resistenze, in questi casi.
La sofferenza, lo sappiamo, è il motore dell’eutanasia: «Ma chi si rassegna a assecondare la morte», spiega Marchettini, «è un medico frustrato, sconfitto. Anche perché sopprimere il dolore non è solo un problema medico, è una conquista di civiltà». Più netto ancora è stato Lucien Israel, agnostico luminare francese dell’oncologia, specialista in neurologia e attuale vice-presidente dell’Union nationale inter-universitaire (UNI): «È assolutamente indispensabile manifestare il rispetto totale della vita umana, anche perché attualmente siamo in grado di placare tutte le manifestazioni dolorose, e di conseguenza gli esseri di cui ci occupiamo non soffrono insopportabilmente. Nella misura in cui ci occupiamo dei pazienti in questo modo, non ci chiedono l’eutanasia». Dopo decenni di esperienza con i malati terminali ha affermato: «per me, l’eutanasia è una richiesta che proviene dalle persone sane che vogliono disfarsi di una malato grave o in fase terminale».
Tornando a Marchettini, il giornalista de “Il Giornale” gli pone una domanda conclusiva abbastanza strana, ovvero che la religione avrebbe messo in difficoltà “fino a ieri in Italia” la Terapia del dolore. Ma il neurologo non ha dubbi: «La Chiesa cattolica non ha colpa del disinteresse dello Stato italiano per la Terapia del dolore. L’enciclica di Paolo VI ‘Sanare infirmos’ lo dimostra. La fede religiosa le dà una motivazione rendendola più sopportabile oppure la trasforma in estasi». Come abbiamo già riportato, la rivista “Palliative Medicine” ha pubblicato da poco uno studio nel quale si rivela che la grande maggioranza di medici del Regno Unito si oppone all’eutanasia e al suicidio assistito. Lo stesso risultato è stato dato nel 2009, dove si è scoperto che gli specialisti in medicina palliativa erano quelli più fortemente contrari.