Martedì 04 Dicembre 2012 16:52 Scritto da GiamPiero Brenci
Mi chiamo Adalcisa ed abito, da sempre, in un piccolissimo e poverissimo paese di montagna, chiamato Poggiofiorito. Piccolo paese circondato da grandi ed imponenti boschi.
Boschi ove vivono, da tempo immemorabile, esseri fatati con i quali noi, umani, vivevamo in pace ed armonia rispettando la legge ferrea che vieta gli incontri diretti.
Tant’è che v’è una Segreta Radura ove eravamo soliti scambiarci graditissimi doni.
Ma,ora, inspiegabilmente, le cose sono cambiate…..
I nostri vecchi narrano che le Fate Api, sempre eleganti ed indaffaratissime, volino nella Radura, al tramonto, per portarvi vasi di miele caldo, dolcissimo ed odoroso dei fiori da cui viene estratto il polline.
I Folletti Fragola, chiassosi e birichini, vi portino ceste di frutta selvatica, fragole, lamponi e mirtilli.
Gnomi Funghi vi lascino ceste ricolme di grossi funghi porcini che nessun cercatore umano potrebbe mai scorgere nelle profondità del Bosco.Sapienti Nani Erba vi depositino orci e cestelli ricolmi di preziosissime erbe medicinali, di cui conoscono tutti i segreti e le qualità. E noi, abitanti di Poggiofiorito, le abbiamo sempre utilizzate per curarci dai malanni e per insaporire i nostri poveri cibi .
In cambio, io e i miei compaesani, lasciamo nella Radura latte appena munto, pane fragrante di forno e crostate di mele, di cui paiono essere molto ghiotti.
E’ un’antichissima consuetudine che Noi, umani, e Loro, gente magica del Bosco, non venissimo mai direttamente in contatto rispettando, così, a vicenda i propri usi e costumi.
Quando si avvicina Messer Inverno, accompagnato dalle sue figlie: Tempesta e Bufera, noi sappiamo che i nostri amici, per un po’ di tempo, non avranno quasi più nulla da scambiare, ma continuiamo a consegnar loro latte, pane e crostate.Anzi, anche se nessuno ci aveva chiesto nulla, consegniamo pezze di lana spessa per gli abiti invernali e cuoio per le loro calzature perché quando cade la neve non si può andare in giro scalzi o con gli zoccoli e non si possono indossare vestiti leggeri.
Io, Adalcisa, credo che sia gli abitanti del Grande Bosco che sia gli abitanti di Poggiofiorito siano stati ben contenti della nostra cordiale e sincera amicizia.
Ma, ora, qualcosa non è più come prima…..
L’ultimo inverno è stato rigidissimo e lunghissimo, le bufere si sono succedute e il vento gelido ha ululato a lungo, per giorni interi, strappando rami e cespugli. Pareva voler spegnere anche il fuoco nei nostri camini e tutti abbiamo sofferto per il freddo.
Poi è arrivata una fredda Primavera ed un‘Estate torrida e con loro, dalla lontana pianura, sembra, ora, essere giunta anche la Carestia.
Ed ora che ve ne sarebbe maggior bisogno i doni bosco non giungono più, anche se noi proseguiamo ad offrire secchi di latte, pane di crusca e crostate fatte con le ultime mele che ci sono rimaste.
Nel paese v’è sconforto: le erbe medicinali, il miele ed i frutti di bosco ci sono proprio necessari. Anche le mucche stanno deperendo e molti, tra noi, sono convinti che dovremmo smetterla con i doni. Il poco latte fresco sarebbe meglio darlo tutto ai nostri piccoli…..
Il Fabbro è convinto che gli abitanti del Bosco siano adirati con noi che abbiamo dovuto abbattere due grossi e vecchissimi alberi per non soccombere al gelo del lunghissimo inverno.
V’è chi, invece, afferma che nel Bosco abbian preso il comando le Streghe maligne…
In questo frangente è venuta a soggiornare da me mia sorella, suo marito e il giovane figlio.Mio nipote è un bambinetto magro, biondo con un ciuffo ribelle sulle fronte e lo sguardo ‘vispo’.
Tanto adorabile quanto irrequieto, infatti viene chiamato da tutti: < Peste>!
Nonostante le raccomandazioni e i divieti, miei e di sua madre, lui ed il suo grosso cane Medoro hanno iniziato ad entrare e a scomparire nel fitto del Bosco.
Cosa che nessun altro bambino del paese osa più fare.Medoro è un meticcio di pelo nero molto più grosso del Peste, con una grande testa ed una gran bocca con denti forti.
Mette timore a tutti, anche al grosso fabbro che picchia tutto il giorno sul ferro rovente con il suo grosso martello per farne vanghe e arnesi. Uomo che, si dice, non abbia paura nemmeno di Messer Belzebù in persona!
Medoro, però, appena il Peste accenna a fargli una carezza gli si struscia addosso uggiolando tutto felice, dimenando la grossa coda e lo fissa, adorante, con i suoi grandi occhi scuri.
I due corrono a perdifiato nei prati prima di scomparire nel bosco per periodi sempre più lunghi e a nulla valgono i richiami, i rimbrotti e le punizioni. Evidentemente nel bosco si divertono come in nessun altro luogo!Ieri l’altro, all’alba il Peste ha assillato sua madre e me affinché gli preparassimo una grossa crostata di mele. Poi provvide a riempiere un orcio di latte fresco, appena munto.
Ci confidò che intendesse andare, con Medoro, a far colazione alla Fonte: una freschissima sorgente appena dentro il Bosco.
Dopo innumerevoli raccomandazioni, sia di sua madre che mie, ci promise che sarebbe rientrato a casa nel primo pomeriggio. Assicurato l’orcio ed il paniere di vimini, che conteneva la crostata, sul dorso del Medoro il fanciullo si diresse al Bosco.
Giunse il tramonto ed il padre, tornato dal lavoro dei campi, si arrabbiò molto con noi che avevamo permesso al fanciullo d’inoltrasi nel Bosco dentro il quale non regnava più l’armonia e che, quindi, era divenuto pericoloso per noi Umani.
Ci rammentò che si vociferasse della radura ‘Fossa Buia’, dove regnano le tenebre più impenetrabili anche nel mezzogiorno estivo.Qualcuno afferma che v’abiterebbero delle streghe bruttissime, permalose e malvagie che sogliono gettare delle polveri magiche che farebbero perdere la memoria agli incauti viandanti. E dei poverelli si perderebbe ogni traccia…..
A buio il Peste ricomparve con gli abiti tutti macchiati di frutta selvatica e l’ara del tranquillo furfante. Espressione che spesso ha sulla facciotta da birba irriverente e matricolata.
Portava dentro una gerla molti cestini pieni bellissimi frutti di bosco e di grossi funghi. Sul dorso di Medoro, dentro il canestro di vimini, v’erano molti vasetti di miele ed una gerla d’erbe medicinali!
La madre lo ficcò a forza in una tinozza d’acqua calda
e provvide a lavarlo, impedendo di fatto che il padre gli facesse ‘assaggiare’ la punizione che s’era ben meritata!Il Peste attese di poter uscire dalla tinozza, poi, avvolto nell’asciugamano, sbuffò indispettito esclamando che avesse risolto il Mistero dei Doni Scomparsi!
Davanti all’incredulità generale, indicando i cestini, ci spiegò che avesse raggiunto la Fonte e che vi avesse deposto accanto l’orcio di latte e la grossa focaccia di mele.
Poi, lui ed il Medoro, s’erano nascosti dietro un grosso cespuglio.
Era passato un bel po’ di tempo, tanto che Medoro s’era addormentato, quando lui aveva sentito un lieve e lento fruscio.Aveva visto comparire un piccolo essere vestito di verde con i piedi giganteschi, più grandi di quelli del Fabbro. Il piccolo gnomo a causa dei grandi piedi e delle corte gambette, ci spiegò il Peste, avanzava a fatica.
S’era avvicinato con sorpresa all’orcio del latte e ne aveva bevuto fino a non poterne più.
Poi lo Gnomo Piedone, così lo chiama il Peste, s’era messo seduto e s’era impinzato di crostata sporcandosi tutta la faccia masticando con frenesia e guardandosi, sospettosamente, d’intorno.
Aveva smesso solo quando la pancia parve toccargli terra.
Quando, dopo un certo tempo, poté rialzarsi fece il gesto di voler rovesciare a terra il latte rimasto nell’orcio….. ma il Medoro, ad un suo preciso ordine, gli fu addosso e l’immobilizzò.Lo Gnomo Piedone, spaventatissimo, s’era messo a piagnucolare ed aveva chiesto perdono: era proprio lui che rubava e distruggeva i doni portati nella Radura dalle Fate Api, dai Gnomi Funghi, Folletti Fragola e dai Nani Erbe.
Piagnucolando, e tirando su con il naso, aveva spiegato che quando i suoi amici si recavano alla Radura per dividersi i regali degli abitanti del paese lui, a causa dei grandi piedi, arrivava sempre in ritardo e trovava solo pochi avanzi!
Alla fine s’era arrabbiato ed aveva deciso di punire i suoi amici del Bosco. Aveva cominciato a nascondere tutte le cose che venivano portate alla Radura dalle profondità del bosco.
Contemporaneamente rovesciava gli orci del latte e rubava le nostre crostate prima dell’arrivo dei suoi!
Così, concluse il Peste sistemandosi i capelli sulla fronte, gli abitanti del Paese non ricevevano più i doni del bosco e gli abitanti del bosco non ricevevano più né il latte, né le crostate.
Peste accarezzò la grossa testa del Medoro e, con aria saputa, affermò che ora le cose sarebbero tornate a posto, come prima.Il padre, preoccupato per l’incolumità del figlio e sentendosi gabbato da quella peste incosciente lo cacciò a letto senza cena.
Peste tirando su con il naso e fingendo commozione, anche se io non vi credetti punto, si ritirò in camera sua e lì passò la notte.
Al mattino ricomparve sorridente e affamato in cucina chiedendo di poter fare colazione.
Mentre lui e Medoro si rimpinzavano di crostata, fragole e mirtilli ci giunsero delle grida di giubilo:
nella solita Radura erano ricomparsi i doni del bosco!
Mentre i paesani si affrettavano a riportarvi orci di latte appena munto e ciambelle di pane appena sfornato il Peste mi chiese di fargli una bella crostata ben farcita di mele, pinoli e miele.Poi con un orcio di latte, sotto il braccio ed accompagnato dal fido Medoro, s’è diretto verso il Bosco, ma non in direzione della Radura dello Scambio.
< Così anche lo Gnomo Piedone avrà il suo latte e la sua focaccia e smetterà di far danni! >
mi disse allontanandosi. Ma prima d’essere troppo lontano si soffermò ed ammiccando aggiunse: <A me quello gnomo goloso dai grandi piedi è molto simpatico. Quasi un amico….. >
Sua madre mi ha chiesto cosa ne pensi di quel discolo ed io mi sono grattata la testa.
Bisogna ammettere, però, che di certi “discoli” ve n’è un gran bisogno……
© Elaborato ideato e realizzato da GiamPiero Brenci, illustrata da Rubens Fogacci