di Angelo D'Amore.
Primarie si, primarie no. Il tormentone sulle sorti ormai compromesse, del PDL, è terminato. Dopo il periodo di relax prolungato in Kenia, dal suo amico Briatore, Berlusconi ritorna all'attacco, o meglio cerca con ogni sua forza residua, di rimanere al comando del carrozzone del centro-destra. Ha fatto divertire i suoi "ragazzi" a giocare alla politica, creando ad arte una spaccatura tra le correnti dei suoi colonnelli, per evidenziare come, la creatura da lui generata, non può avere un'anima senza la sua ingombrante, imbarazzante, ma necessaria presenza. Alfano è tornato a svolgere il ruolo di “segretario-portavoce”, rinunciando d'incanto alle sue dimissioni se non si fossero fatte le primarie, le donne del partito a ricoprire quello di fedeli e silenziose amazzoni. Qualcuno, come Frattini, Pisanu e pochi altri, hanno deciso di non seguire il "monarca" nell'implosione definitiva del centro-destra. Servirà a poco! Si minacciano crisi di governo e voto anticipato, con l'unico obiettivo di tamponare l'emorragia di consenso esistente e di non permettere la riforma elettorale. La futura scelta dei candidati a questo punto, seguirà ancor di più criteri di assoluta e deferente sottomissione al padrone. Coloro i quali avevano appena accennato a qualche forma di ricambio generazionale e strategico all'interno del partito, ritornano mansueti ai loro posti di competenza. Il partito è composto da queste persone, gente che non ha mai adoperato la sua testa, ma si è limitata ad assecondare il proprio leader, avendo in cambio notorietà, prestigio e carriera assicurata, evitando magari, guai con la giustizia. Chi ha alzato la voce, è stato isolato. Il Cavaliere ci ha tenuto a sottolineare che in pochi gli sono stati vicini dopo la condanna a quattro anni nel processo Mediaset. Ha capito che in molti erano pronti ad abbandonarlo. Proprio per tale motivo, a questo punto di non ritorno, sa di poter stringere ancor di più la catena al collo dei suoi servi.