Non entro nel merito politico dei risultati delle elezioni europee, me ne guardo bene, ma c’è un dato che dovrebbe far riflettere, almeno un po’, un dato che non è nuovo e che è nascosto dietro lo stupore smisurato nei confronti dell’exploit del PD di Matteo Renzi e nelle percentuali ben al di sotto delle aspettative registrate dal Movimento 5 Stelle.
I giornali, gli opinionisti in tv, i comici che fanno opinione e gli “influencer” dei social network (per non parlare dei sondaggisti, ma va beh…) ci hanno raccontato un Paese votante che non esiste.
Insomma lo stupore al risveglio (in tutti i sensi) per i risultati elettorali è uno stupore solo per loro o per mascherare i loro grossolani errori di valutazione.
Se Grillo non prende i voti sperati o se alcuni definiti “impresentabili” prendono un sacco di voti non può esser sempre perché gli italiani (o i sondaggi) sono sbagliati. C’è qualcos’altro che non va e quel qualcosa che non va è il giornalismo italiano per quello che è diventato. Su questo Beppe Grillo, seppur esprimendosi in modo becero e invocando scenari per me inaccettabili (vedi processi in piazza, anche se virtuale, e l’indice del giornalista del giorno) ha pienamente ragione. La stampa fa parte del problema.
Ma non solo la stampa. Prendiamo le copertine satiriche dei comici a cui si accompagnano spesso le battute sferzanti di alcuni conduttori: evidentemente non rispecchiano il pensiero della maggioranza, che alle urne è quello che conta. Hanno perso anche le arene tv di protesta arrabbiata. Senza ombra di dubbio.
Alessandra Moretti, Simona Bonafè, Renato Soru, Moni Ovadia, Giovanni Toti, Elisabetta Gardini, Raffaele Fitto, la LEGA e la Lista Tsipras vanno sicuramente in Europa con molti voti. Altro che Grillo, qui si devono dimettere i sagaci satiri televisivi, qualche direttore di telegiornale di La7, i direttori dei giornaloni e anche di qualche giornalino. Senza fare nomi, i vari Travaglio, Scanzi, Paragone, Del Debbio, Mentana, e ne dimentico molti, qualche domandina dovrebbero porsela.