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Il Papa scrive, i media manipolano e Scalfari non capisce

Creato il 23 settembre 2013 da Uccronline

Lettera FrancescoCome abbiamo riportato recentemente, Papa Francesco ha risposto con una lettera a “Repubblica” ad alcune domande di Eugenio Scalfari, fondatore del quotidiano e uno dei rappresentanti più mediatici dell’anticlericalismo.

Purtroppo, ancora una volta i contenuti della lettera sono stati male interpretati dai media. E’ stato fatto notare da alcuni siti web (anche qui) rispetto ai quotidiani inglesi, come l’Independent, che hanno titolato così: «Papa Francesco assicura gli atei: non dovete credere in Dio per andare in paradiso». Sul “Telegraph” l’ottimo Tim Stanley ha spiegato: «Papa Francesco non ha mai pensato che tutti gli atei vanno in Paradiso. I media proprio non lo capiscono».

In Italia la stessa “Repubblica” (edizione cartacea) ha invece deciso di titolare così: “La verità non è mai assoluta”. Un elogio al relativismo che però non è mai stato fatto da Francesco, il quale ha invece scritto altro: «io non parlerei, nemmeno per chi crede, di verità “assoluta”, nel senso che assoluto è ciò che è slegato, ciò che è privo di ogni relazione. La verità, secondo la fede cristiana, è l’amore di Dio per noi in Gesù Cristo. Dunque, la verità è una relazione! Tant’è vero che anche ciascuno di noi la coglie, la verità, e la esprime a partire da sé: dalla sua storia e cultura, dalla situazione in cui vive, ecc. Ciò non significa che la verità sia variabile e soggettiva, tutt’altro. Ma significa che essa si dà a noi sempre e solo come un cammino e una vita. Non ha detto forse Gesù stesso: “Io sono la via, la verità, la vita”?». La verità c’è, esiste e si può conoscere tramite una relazione, non è affatto soggettiva.

Lo stesso Francesco, infatti, ha scritto in un’altra occasione: «La povertà spirituale dei nostri giorni riguarda gravemente anche i Paesi considerati più ricchi. È quanto il mio Predecessore, il caro e venerato Benedetto XVI, chiama la “dittatura del relativismo”, che lascia ognuno come misura di se stesso e mette in pericolo la convivenza tra gli uomini». Tuttavia, come la frase “chi sono io per giudicare un omosessuale” è divenuta per i media un inno di Francesco alla cultura LGBT, ora la frase “la verità non è mai assoluta” sarà l’inno al relativismo. Scalfari infatti ne ha subito approfittato e durante la puntata di Otto e Mezzo dell’11 settembre, parlando della lettera del Papa ha detto: «Il Papa dice: la verità non è assoluta, è una verità di relazione, ciò vuol dire che i cattolici giudicano dal loro punto di vista… papa Francesco accetta che la verità anche per i credenti è sempre un verità in relazione al loro giudizio; per i non credenti la verità è la propria coscienza e quindi l’autonomia. Il suo predecessore disse che il relativismo è il nemico principale della fede, lui (Francesco) non dice questo, dice il contrario». E ancora: «Gli ho anche detto che quando la nostra specie finirà non ci sarà più nessuno che potrà pensare a Dio e quindi Dio sarà morto. Lui mi ha risposto dicendo… che quando la nostra specie finirà a quel punto la luce di Dio entrerà tutta in tutti, il che vuol dire che Dio non diventa più trascendente ma immanente. Vuol dire che Dio si identifica con le anime. E questa è l’immanenza, non è più la trascendenza». Non volendo dubitare della buona fede di Scalfari dobbiamo dunque concludere che tale manipolazione sia causata da scarsa capacità di comprensione, forse anche dovuta all’età avanzata.

Lasciando perdere l’89enne, interessante invece quel che scrive Eugenio Mazzarella, docente di Filosofia teoretica nell’Università Federico II di Napoli, secondo cui «il dialogo su Repubblica tra Scalfari e Francesco manda in soffitta, si spera, quell’autentica superstizione intellettuale della modernità che è stata la funesta contrapposizione tra ragione e fede». Mazzarella sottolinea anche che «l’intento del Vaticano II è stato raggiunto: riaprire un dialogo senza preconcetti tra la Chiesa e la cultura d’ispirazione cristiana, da una parte, e la cultura moderna d’impronta illuminista dall’altra; per incidens ricordando che la cultura moderna illuminista, anche nel suo negazionismo della ragionevolezza, quanto meno, della fede, si muove in un paesaggio “liberale” il cui fondale è stato preparato dalla separazione, nell’insegnamento di Gesù di Nazareth, tra ciò che si deve a Dio e ciò che si deve a Cesare: il fondamento ab intra, nell’esperienza religiosa, istituente la laicità dello spazio pubblico».

Un altro filosofo, Benedetto Ippolito, docente di Storia della Filosofia all’Università degli Studi Roma Tre, ha invece criticato i falchi del “Fatto Quotidiano”, in particolare il solito Marco Politi, che si sono avventati sulla lettera del Pontefice per portare acqua al loro mulino. Politi parla della Chiesa come “struttura di potere” e Ippolito risponde: «un pensatore certo non facilmente tacciabile di sinistrismo, anche se molto amato dai comunisti, come Carl Schmitt diceva giustamente che la peculiarità della Chiesa romana è che ha un’autorità assoluta, appunto perché non ha bisogno del potere. In “Chiesa cattolica e forma politica”, il giurista tedesco aggiunge che ciò la separa dalle istituzioni moderne. In effetti, sebbene la ricchezza e la gestione delle pecuniae non manchi, la forza della Chiesa è il messaggio cristiano, ossia il rappresentare la voce di Cristo nella storia. La Chiesa, e il papa ad personam, “rappresenta” Dio. Ciò basta a darle autorità, senza bisogno di persuadere mediante la ricchezza. E’ forse perché ciò talvolta è avvenuto, anche di recente, tra alcuni prelati, che Bergoglio sta, giustamente, sostenendo la povertà in spirito, che significa esattamente non rinuncia ma affermazione dell’autorità spirituale sopra i mezzi materiali a disposizione».

Ippolito ha infine criticato i titoli del “Fatto” sulla “fede laica” di Francesco: «La fede cristiana, al contrario delle tante credenze laiciste, non da ultimo quella che fino a ieri portava tanti giornalisti di sinistra a credere nello splendore dei Soviet, è un credere in Dio. Cioè è un aprire la propria mente, il proprio cuore, la propria libertà all’amore eterno di un Salvatore divino e umano. In questo senso solo la fede cristiana è laica, perché libera di aderire al soprannaturale come apertura a una dimensione di razionalità superiore. Nessun’altra fede è laica ma dogmatica, come si capisce dalle tante superstizioni che hanno gli illuministi e i laicisti di maniera. Il Papa non laicizza la fede, riscopre, anzi, il suo valore di luce che spalanca l’anima alla verità. Ci viene di chiedere a tanti validi commentatori se hanno la laicità sufficiente per capire quello che avviene Oltretevere».

Anche Francesco Botturi, docente di Filosofia morale all’Università Cattolica, è intervenuto spiegando la differenza di concezione della coscienza tra Francesco e Scalfari. «coscienza non significa “parere”, ciò che appare o si permette di apparire o ciò di cui ci si autoconvince per qualche motivo, bensì capacità di valutare in concreto, che esige la responsabilità morale di indagine sui fattori in gioco, di consiglio presso altri soggetti morali, di discernimento delle alternative secondo criteri accreditati dal punto di vista delle verità morale. La soggettività della coscienza, cioè, non è la porta d’entrata del soggettivismo morale, ma esercizio critico di libertà che tiene in massimo e accurato conto la realtà in gioco». Si tratta come dice il papa di «“decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male”, una volta che di tutto ciò si risponde responsabilmente, allora il soggetto agente non solo può attenersi alla sua coscienza, ma lo deve; lo deve alla suprema dignità della sua libertà, che è dono di Dio a cui corrispondere». Per questo, spiega Botturi «la risposta di Scalfari risulta una forzatura».

La redazione


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