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Non è solo il famigerato spread a mettere in difficoltà il governo dei tecnici e nemmeno la crisi economica e finanziaria. A tutti i problemi che già gravavano sulla compagine governativa messa in piedi dal professor Mario Monti se n'è aggiunto uno, inaspettato e inusuale, di politica internazionale che non deve essere sottovalutato, perché va a mettere in discussione quell'autorevolezza e affidabilità che l'Italia avrebbe riacquistato in campo mondiale dopo la caduta del governo Berlusconi e la sua sostituzione con quello presieduto da Monti.
La storia è fin troppo nota, perché da giorni è raccontata, più o meno correttamente, da tutti i media nazionali: due fanti di marina del Reggimento San Marco, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, sono stati arrestati e quindi imprigionati, dalle autorità indiane dello stato di Kerala, accusati dell'omicidio di due pescatori locali, scambiati per pirati.
Una vicenda che, nonostante anche in Italia non manchino le voci discordi, in nessun caso si sarebbe dovuta evolversi in questo modo, perché mai e in nessun caso qualunque Stato nazionale che si rispetti avrebbe permesso l'arresto di due suoi militari in servizio su una nave battente la propria bandiera e per di più per un fatto accaduto in acque internazionali e questo in qualunque modo siano andate le cose.
Le scelte fatte invece dai vertici italiani (ministero degli esteri? ministero della difesa? ambasciata italiana a New Dheli? Qualcuno un giorno dirà chi ha preso le decisioni?) sono state addirittura sorprendenti, rinunciando di fatto a alla sovranità che il diritto internazionale attribuiva al nostro paese, consentendo alla polizia indiana prima di salire a bordo della nave e poi di sequestrare le armi dei due marò, per sottoporle ad analisi senza la presenza dei periti della difesa.
Una sequela di decisioni sconcertanti, figlie forse della volontà di dimostrarsi collaborativi con uno Stato considerato amico, ma che semmai dimostrano solo la superficialità di chi le decisioni le ha prese e della sua non conoscenza della realtà indiana, che è molto diversa dalla visione comune di un paese pacifico nel quale l'aspirazione dei suoi cittadini è quella di vivere in meditazione spirituale. In particolare sono state ignorate le forti tensioni locali contro quello nazionale e soprattutto quelle tra il partito d'opposizione, ma al governo a Kerala, e il partito del Congresso guidato, suo malgrado, da Sonia Maino Ghandi, un'italiana vedova dell'ex leader Rajiv Ghandi.
Nonostante si fosse capito subito, dalle truffaldine manovre degli indiani, che le autorità locali stavano usando il caso per motivi personali e che lo stavano indirizzando verso una condanna annunciata, per giorni le istituzioni italiane hanno tenuto un atteggiamento remissivo, sperando in chissà quale intervento, magari dal governo centrale indiano, che non è mai arrivato.
Solo dopo che dallo stato d'arresto i nostri due soldati sono passati a quelli di reclusi in un penitenziario locale la Farnesina si è decisa a convocare l'ambasciatore indiano per protestare contro le evidenti scorrettezze commesse a Kerala.
Un colpevole ritardo, come con colpevole ritardo è partita la richiesta di intervento inviata all'Unione Europea, che sta ora studiando la situazione.
La cosa certa è che da Kerala il governo dei tecnici non ne uscirà bene in ogni caso, avendo dimostrato una inettitudine che pochi si sarebbero aspettati anche nella peggiore delle ipotesi: altro che tecnici, piuttosto dei dilettanti pasticcioni.
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