- Non dispone di un iPhone o un dispositivo Android che lo aiuti a tracciare i suoi dati sanitari
- Non viene pagato per fare pubblicità a prodotti farmaceutici
- Non tiene discorsi sulle sue esperienze
- Non si fa sentire molto spesso su Twitter
- Non ha una gran rete di sostegno
- Non sa di chi fidarsi
- Non ottiene lo stesso trattamento del paziente Empowered nella stanza accanto
- Non compare molto spesso nei risultati di ricerche ben finanziate
- Non si dà un nome particolare come “Paziente Unempowered “
- Non sa che cosa si sente ad avere il potere
- Non sa a chi chiedere aiuto prima che sia troppo tardi
- Muore senza voce
Alla fine della vostra vita, perderete molto del potere che avete oggi. I vostri cari – le fonti di ogni vero potere che abbiate mai avuto nella vostra vita – possono non essere presenti ad assistere alla vostra luce morente. Statisticamente, è probabile che morirete da soli o in compagnia di estranei. Se siete fortunati, questi sconosciuti manterranno i loro giuramenti ed eserciteranno il loro potere per il vostro benessere, la vostra cura e dignità – nonostante voi siate stati privati di potere da una cultura di strazianti priorità e immediate gratificazioni e sprecate opportunità.
In altre parole, non importa quanto ricchi o educati o “empowered” siate voi adesso, un giorno potreste essere solo dei pazienti Unempowered. Guardando indietro alla vostra vita dal vostro letto di morte, avete mai pensato che si diventa ciò che si è ignorato?
(Traduzione a braccio del bel post di Phil Baumann in Health is Social).
Nel dicembre 2010, in occasione del Seminario Globale di Salisburgo, è stato pubblicato il “Salzburg statement on shared decision making” che elenca una serie di azioni che medici e pazienti dovrebbero compiere insieme per rendere davvero il percorso terapeutico una realtà collaborativa, ma come faceva notare Angela Coulter di Foundation for Informed Medical Decision Making :”…si dà per scontato che la condivisione delle scelte sia appannaggio esclusivo dei pazienti ben informati e non interessi la fasce deboli o i pazienti non scolarizzati. Non solo questo è sbagliato, ma le persone svantaggiate sono proprio quelle che hanno più da guadagnare da un percorso decisionale condiviso”.
Forse però, come ci ricorda Phil Baumann, sta a ciascuno di noi seminare e coltivare ogni giorno la com-passione, perchè l’empatia o l’umanità non si possono nè comprare nè istituzionalizzare.