Il segretario del PD Pierluigi Bersani
Una delle peculiarità più interessanti di un governo di stampo tecnico come quello che guida attualmente il Paese è la discrepanza che la natura stessa dell'esecutivo introduce nella lettura dei sondaggi di gradimento del Presidente del Consiglio e della sua squadra rispetto a quelli relativi alle intenzioni di voto delle forze politiche.
In una situazione politica normale, infatti, il Governo è espressione di una maggioranza parlamentare eletta dalla popolazione, il Presidente del Consiglio - specie con la personalizzazione della politica della II Repubblica - è a sua volta il leader della coalizione vincente alle elezioni, e vi è quindi una cinghia di trasmissione diretta che lega il gradimento dell'esecutivo al sostegno elettorale ai partiti della maggioranza che lo sostiene.
Questo scenario non è più vero nella situazione attuale, in cui, pur in presenza di una coalizione di partiti a sostegno del Governo, i membi dell'esecutivo non sono espressione di tale coalizione.
Si apre dunque uno spazio tra le indicazioni di gradimento al governo e le intenzioni di voto ai partiti, che spesso non è di semplice interpretazione, ma che è necessario conoscere al meglio per capire quali potranno essere le evoluzioni del gradimento dei partiti in vista delle elezioni politiche del 2013.
I sondaggi di opinione, tanto quelli svolti dalle principali società di sondaggi, quanto quelli - spesso altrettanto professionali - condotti in rete da gruppi più o meno amatoriali, sono concordi nell'assegnare al premier Mario Monti un gradimento superiore alla maggioranza assoluta del campione, un valore sicuramente alto, specie in relazione alle durissime misure economiche messe in campo, e indice in ogni caso di un sostegno che travalica appieno i limiti delle coalizioni della II Repubblica.
Andando a capire da dove proviene tale consenso scorporandolo per area, si nota un sostegno pressoché totale da parte degli elettori di PD e Terzo Polo e comunque maggioritario da parte dei sostenitori di IdV e SEL. Al contrario l'esecutivo guidato da Mario Monti non è apprezzato dagli elettori di PdL e Lega, oltre che da quelli della Federazione della Sinistra e del MoVimento 5 Stelle.
Sarebbe possibile trarre da un simile dispiegamento dei valori di apprezzamento la conclusione che il Governo Monti è - almeno a livello di percezione - un esecutivo di centro / centrosinistra, ma sarebbe un ragionamento forse riduttivo e semplicistico, che non tiene conto del traumatico cambio di governo di novembre 2011 e della classica partigianeria politica che da sempre contraddistingue il popolo italiano: considerato il tenore delle misure intraprese dal Governo, certamente non sarebbe facile considerarlo un esecutivo di centrosinistra. Tra le leggi varate dal Governo vi sono misure di destra (pensioni, mercato del lavoro) e di sinistra (liberalizzazioni, IMU sulla seconda casa), ed entrambe le parti si aspettavano ulteriori misure che non sono arrivate. Quantificare l'impatto di una legge piuttosto che di un'altra non è semplice, ma il provvedimento a maggior impatto, fino a questo momento, è stato probabilmente quello sulle pensioni, una manovra tipicamente non di sinistra.
L'apprezzamento da parte degli elettori di centrosinistra, ed la contestuale disapprovazinoe da parte di quelli di centrodestra, deve essere letta in buona parte come un raffronto verso il precedente esecutivo più che come un giudizio legato unicamente all'operato dell'attuale.
Rispetto al consenso mostrato dagli elettori, sono tre le formazioni politiche schierate in linea con esso: PD e Terzo Polo tra le forze in sostegno, e la Lega Nord tra quelle in opposizione.
I sondaggi relativi alle intenzioni di voto paiono in effetti al momento premiare queste forze con incrementi o al più punteggi stabili, laddove le altre forze politiche appaiono in sofferenza. Se tuttavia a sinistra del PD vi sono spazi in abbondanza per far sì che IdV e SEL possano risentire in maniera marginale di una posizione parlamentare distonica rispetto ai desideri dell'elettorato, la situazione appare più critica per il PdL, schiacciato tra la Lega ed il Terzo Polo ed ormai ridotto ai valori della sola Forza Italia nel 2006.
La discrepanza tra apprezzamento del Governo e intenzioni di voto è particolarmente evidente proprio per i due partiti maggiori: il governo è orientato a destra, è sostenuto dal PdL ma non è apprezzato dall'elettorato di riferimento della formazione di Alfano; al contrario, è apprezzato dall'elettorato del PD e sostenuto dal partito di Bersani, malgrado non sia un governo di centrosinistra.
Queste contraddizioni evidenziano in realtà quanto non ci si possa permettere di archiviare l'esperienza berlusconiana, dal momento che ogni giudizio di approvazione viene dato in buona parte in relazione al periodo di governo del Cavaliere. La sensazione è acuita dal fatto che il Parlamento è sostanzialmente lo stesso del 2008; solo con le nuove elezioni politiche si potrà avere un vero segnale di cesura che permetta di tagliare radicalmente i rapporti con il passato.
I sondaggi relativi alle intenzioni di voto, che mostrano un centrosinistra - in edizione "foto di Vasto" - in forma smagliante rispetto ad un centrodestra in affanno devono quindi essere presi in considerazione solo in relazione all'attuale fase di governo tecnico, e non possono essere considerati validi più di tanto per capire quali potranno essere gli esiti delle elezioni politiche 2013, con un vero candidato di centrodestra ed uno di centrosinistra (oltre ad altri partecipanti espressione delle forze politiche) a confronto.
In particolare, è il Partito Democratico a non poter dormire sonni tranquilli. Per quanto la formazione di Bersani sia oggi premiata dai sondaggi, è pur vero che il PD guadagna consensi in punti percentuale - o per meglio dire non ne perde in termini di numero di voti - tramite l'appoggio ad un governo comunque esterno, ad un Presidente del Consiglio non espressione del partito o in ogni caso della coalizione.
Quanto è da considerare solida questa capitalizzazione di consenso, nel momento in cui inizierà una vera campagna elettorale, con un candidato espressione del centrosinistra e magari proprio del PD? Quanto volentieri la base del Partito Democratico, che tanta fiducia sta accordando a Monti, appoggerà un'espressione dell'establishment di partito?
L'esperienza del governo tecnico serve ancora una volta ai democratici per sopire i temi caldi che squassano il partito, primo tra tutti il forte deficit di leadership a sinistra che si protrae con ogni probabilità dai tempi di Berlinguer.
Ma la campagna elettorale è realmente alle porte, e Bersani non può indugiare: il segretario del PD ha il difficile compito di dover coniugare un appoggio a Monti in linea con i desideri della base e che comunque frutta una tenuta del consenso del partito con un'inevitabile necessità di dover comunque camminare sulle proprie gambe nel percorso verso le elezioni, mostrando di avere delle idee e di possedere la forza per sostenerle.