Ci sono progetti ricorrenti nella mente dei vari governanti che ha avuto l’Italia e in cima alla lista si piazza indiscutibilmente il ponte sullo Stretto di Messina. Giuseppe Zanardelli fantasticava già nel 1876: “Sopra i flutti o sotto i flutti la Sicilia sia unita al Continente”. Mussolini si impegnò nel 1942: “È tempo che finisca questa storia dell’isola: dopo la guerra farò costruire un ponte”. Craxi si esaltava nel 1985: “È un’opera da primato mondiale”. Berlusconi gioiva nel 2005: “Così si potrà andare dalla Sicilia anche di notte e se uno ha un grande amore dall’altra parte dello Stretto potrà andarci anche alle 4 del mattino senza aspettare il traghetti”.
Il sogno di unire Scilla e Cariddi iniziò concretamente nel 1971: Anas e Ferrovie dello Stato bandirono un concorso di idee. Massiccia la presenza: 143 progetti totali di cui 125 italiani, 8 americani, 3 inglesi, 3 francesi, uno dalla Germania, uno dalla Svezia, uno dall’Argentina e uno dalla Somalia.
Il vincitore doveva essere uno solo, ma siccome le idee buone erano talmente tante (oppure la somma da spartire era così invitante) che il primo posto vide incredibilmente sei ex aequo: 15 milioni a testa. Anche la piazza d’onore se la spartirono in sei, incassando 3 testoni cadauno. 108 milioni di lire regalati.
Dal 1968 ad oggi, disegni, consulenze, studi sono costate 200 milioni di euro secondo una stima molto ottimistica della Corte dei Conti. Aggiungendo le trivellazioni degli ultimi mesi, si sforano i 400. Le carte pesano in totale centoventi chili.
Il grande viaggio del ponte che non esisterà mai è accompagnato dalla Stretto di Messina spa, società nata nel 1981 sotto il governo Cossiga che nominò presidente l’onorevole Oscar Andò. Lo scopo sarebbe quello di occuparsi della realizzazione del mastodontico progetto. In realtà la società non fece altro che spillare soldi su soldi allo Stato, con nessun risultato. Basti pensare che i dipendenti in trent’anni sono quadruplicati, ma del Ponte neanche l’ombra.
Le fatture della Stretto di Messina spa ammontano a quasi 90 milioni di euro. La lista spese è affollata: prestazioni professionali di terzi, emolumenti e spese amministratori, pubblicità e propaganda, viaggi e trasferte del personale, buoni pasto, vigilanza degli uffici, lavori eliografici, fotocopie, trasporti e facchinaggi, acqua, luce, riscaldamento, pulizia e igiene, riproduzione foto e filmanti, spese postali e telefoniche, assicurazioni, manutenzioni, personale distaccato, collegio sindacale, revisione del bilancio, corsi di aggiornamento e veicoli. Sostanzialmente le spese di una società normale, peccato che la Stretto di Messina spa non faccia niente. Si è pure permessa di affittare due appartamenti a Roma: il primo in via Po per 900 mila euro l’anno, l’altro, dopo che Prodi ha ridimensionato i finanziamenti, in via Marsala a 600 mila euro l’anno.
Il 2005 sembrava l’anno buono per l’avvio dei lavori sotto l’egida di uno speranzoso Berlusconi. La società ne approfittò per bizzarre consulenze tra cui un’indagine psico-socio-antropologica sulla percezione del Ponte presso le popolazioni residenti nell’area interessata alla costruzione. Sostanzialmente, uno studio emotivo su reggini e messinesi per vedere come reagivano. Non finisce qui: studio e monitoraggi sulle caratteristiche chimico-fisiche delle acque dello Stretto e sulle possibili relazioni con i flussi migratori dei cetacei commissionati al dipartimento di biologia animale dell’Università di Messina. E ancora: investigazione radar delle specie di uccelli migratori notturni e per catalogare con la massima precisione le quote di volo, le loro planate e le loro picchiate, assegnata all’Istituto Ornitologico Svizzero. Le consulenze sono costate 21 milioni dal 2001 al 2007.
Nel giugno 2006, dopo l’ascesa di Prodi, le aspirazioni apparivano ridimensionate, tant’è che il Ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi sostenette che il Ponte non era tra le priorità. La società non si perse d’animo e aprì due Info Point, uno in Calabria e uno in Sicilia, distribuendo volantini in cui si affermava che i primi piloni sarebbero stati eretti nel secondo semestre del 2007 e che il Ponte sarebbe stato in piedi all’inizio del 2012. Nel 2009 venne posta la prima pietra a Cannitello con una cerimonia piuttosto sobria. La ripetizione è stata annunciata svariate volte nel corso degli anni successivi.
Alla fine di luglio l’Unione Europea ha eliminato il Ponte dalle grandi infrastrutture in programma. Il corridoio Berlino-Palermo è stato sostituito da quello Helsinki-La Valletta. La Stretto di Messina spa però è tenace e ai primi di settembre ha diffuso la Dichiarazione di Pubblica Utilità del progetto definitivo del Ponte sullo Stretto, annunciando l’avvio dei lavori e l’inizio degli espropri.
La regione Calabria l’ha seguita, stanziando i fondi per preparare otto tecnici che a loro volta dovrebbe educare i dipendenti assunti nel cantiere. L’agenzia CalabriaLavoro ha pubblicato un bando in cui cerca un esperto giuridico, tre informatici, due amministrativi, un valutatore e revisore contabile. A Catanzaro e a Reggio sono a caccia di nuovi addetti alla manutenzione dell’opera. Ultimo conto: 454 mila euro.
Più che un Ponte, il progetto sembra un pozzo senza fondo. Milioni di euro dalle casse dello Stato sono volati nei portafogli di svariati dirigenti, impiegati, consulenti, studiosi, esperti. Tutto per un ponte che non sarà mai in piedi e che, se malauguratamente dovesse partire il cantiere, vedrebbe altra pecunia regalata alle imprese e alla malavita che si spartirebbero l’appalto.
Fonte: L’Espresso