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Il Potere logora chi non ce l’ha

Creato il 11 novembre 2013 da Albix

Il Potere logora chi non ce l’ha“Il potere logora chi non ce l’ha!” chiosava un grande vecchio oramai trapassato.

Al di là del fascino ambiguo e paradossale di questo apparente ossimoro, ho sempre pensato che invece il potere finisca per logorare chiunque lo gestisca; e quanto maggiore sarà l’incapacità nella gestione del potere, tanto più celere e definitvo scaturirà il suo logoramento.

La gestione del potere, infatti, è un’ alchimia alquanto complessa, fatta di forza, ma anche di fantasia; è una navigazione precaria tra bonaccia e marosi, fatta di dare e prendere, di illusione e materia, di dialoghi fittizi e di monologhi apparenti, tanto più oggi, in questa multiforme e stratificata democrazia che al popolo lascia in realtà poco o niente da decidere.

Lo dimostra anche la vicenda che ha visto da più di  un anno contrapposti la presidenza della Fondazione lirico-sinfonica di Cagliari ai sindacati dei lavoratori dello spettacolo più rappresentativi.

Arcinoto è il pomo della discordia: la presidenza (nella persona del sindaco pro-tempore di Cagliari, presidente di diritto della Fondazione) con l’accondiscendenza non proprio unanime dei membri del Consiglio di amministrazione della Fondazione, pretende di imporre, a capo della Fondazione, nel ruolo di sovrintendente, una figura  di scarso spessore professionale (magari anche con tanti pregi in numerosi altri campi, chi lo sa?), in dispregio non solo delle più basilari norme della gestione pubblica (e anche di quella privata) ma addirittura della sua stessa autonormazione e del tuo stesso Statuto.

Esempio eclatante, questo cagliaritano, di esercizio scriteriato del potere, che ha finito di logorare in capo al sindaco, un credito di potere enorme, riducendolo al lumicino e, forse, avviandolo al definitivo e precoce tramonto.

Nella sua inesperienza (ma qualcuno più maliziosamente parla di arroganza vera e propria) il sindaco-presidente prima si è autovincolato con una “Manifestazione di interesse” che ha sollecitato (giustamente) i legittimi appetiti di grossi calibri del mondo manageriale del mondo dell’opera (44 curricula tra nomi noti e meno noti); poi, inopinatamente, Zedda presenta in Consiglio un 45.mo curriculum, neppure firmato, di una aspirante sovrintendente, che fino a poco prima aveva svolto il ruolo di impiegata del servizio di biglietteria (pare su raccomandazione dello zio d’Italia Gianni Letta) che essendo totalmente priva dei requisiti di “esperienza nel settore dell’organizzazione musicale” e di “gestione di enti consimili”, congiuntamente richiesti dall’art. 9.2. dello statuto della Fondazione e dall’art. 13, comma 2, del d.lgs. n. 367/1996,  (v. sentenza TAR Sardegna n. 695/2013 – parte normativa), gode però della completa fiducia del sindaco-presidente (che qui pretende di comportarsi come un despota).

L’inizio della fine di questa gestione scriteriata del potere si è già vista nella sentenza del TAR sopra calendata. Non credo a grossi sconvolgimenti di un ipotetico ricorso al Consiglio di Stato,  azionabile nei 60 giorni dalla notifica della sentenza in caso di termine breve, oppure nei sei mesi dalla pubblicazione, nel caso di termine lungo (qui la scelta, giustamente,  spetta ai legali dei ricorrenti vincitori), così come non credo che il giudice amministrativo di secondo grado vorrà concedere una sospensione dell’efficacia di cui è dotata la sentenza di primo grado.

Pertanto resta in piedi soltanto il contratto che lega professionalmente la Fondazione e la sovrintendente.  Il contratto, a mio parere (ma si tratta di un parere a livello di blog, per così dire; sempre meglio acquisire i pareri professionalmente validi, nelle sedi a ciò deputate) si trova in una condizione di invalidità. Esso infatti risulta viziato in uno degli elementi essenziali; anzi direi che la volontà della Fondazione, a seguito dell’annullamento delle delibere di nomina della Crivellenti operata dal TAR nella nota, recente sentenza, manca del tutto. Al momento non ho ancora studiato a fondo il profilo di questa invalidità: se fosse di genere assoluto (nullità, per capirci) quel contratto è già morto prima ancora di nascere, e chiunque (anche i lavoratori, ad esempio) potrebbero rivolgersi al Tribunale Ordinario per farlo dichiarare nullo. A seguito di tale nullità la sovrintendente, a pare mio, dovrebbe restituire tutti gli emolumenti percepiti, in quanto mancherebbe radicalmente ogni titolo che giustifichi la riscossione di tali emolumenti. Se si profilasse invece uuna invalidità di tipo relativo (annullabilità, sempre per chiarezza) la situazione sarebbe più complessa e meno netta, ferma restando l’illegittimità e l’irregolarità della nomina a sovrintendente.

Per quanto riguarda i danni, anche qui io farei una distinzione: se chi ha agito istituzionalmente a nome della Fondazione (il presidente di diritto, ad esempio) risultasse avere agito con dolo o colpa grave, non c’è dubbio che dovrebbe lui (o loro, se risultassero responsabili anche altri soggetti) a pagare tutti i danni subiti. Se invece si fosse di fronte ad una incapacità gestionale, a una dabbenaggine di tipo caratteriale, ovvero ad una vera e propria deficienza nel discernere tra il bene e il male, tra il lecito e l’illecito, tra il positivo ed il negativo, beh, in tal caso, pur angosciato come cittadino e come appassionato dell’opera, il problema diventa più complesso sul piano delle responsabilità.

Il Potere logora chi non ce l’ha

Mi piacerebbe sapere comunque cosa ne pensa la Corte dei Conti; a parer mio chi amministra la cosa pubblica dovrebbe comunque ascoltare i consiglieri più esperti e capaci, soprattutto quando si arriva in giovane età, del tutto inesperti, ad occupare cariche troppo importanti (come è il caso del sindaco di Cagliari, presidente di diritto della Fondazione; anche se qui c’è stato un investimento popolare che comunque giustifica la sua presenza in quello scranno per lui tropppo alto);; io non credo però che la giovane età, l’inesperienza e l’immaturità possano giustificare decisione strampalate, eccentriche ed originali, come quella di nominare un ssovrintendente che non ha neppure firmato il suo curriculum, al di fuori di una procedura adottata dalla stessa Fondazione e contro un’alzata di scudi subito avvenuta da parte di sindacati, mondo politico e una parte della stampa (c’è tutto o quasi scritto nella sentenza del TAR).

In conclusione, non oso pensare a cosa sarebbe successo se i sindacati non si fossero per tempo e con le garanzie di legge; e soprattutto cosa sarebbe successo se la magistratura, da potere indipendente qualee essa ancora è, non si fosse espressa in maniera così chiara e perentoria.

Il potere, comunque lo si voglia definire, è meglio perciò che sia separato, in capo a centri separati e indipendenti, e distribuito in maniera sempre più equa tra datori di lavoro e dipendenti, con la magistatura a fare da garante su uno scranno indipendente.


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