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Il privilegio-dannazione di essere poeti

Da Lindapinta

di Ninnj Di Stefano Busà

E ci risiamo a parlare di Poesia! ma cos’è questo corpo estraneo che ci sobilla, ci fagocita l’esistenza e, pur nel clangore quotidiano, si manifesta come un mantra?

La sottile linea di demarcazione ci indica spesso la sofferenza, il malessere di una parte dell’anima che entra in contrasto con la vita, con le banalità o le inadempienze di un mondo che ci riserva solo la parte negativa di se stesso,

E in tal senso la Poesia, in quanto privilegio-dannazione di una elaborazione del linguaggio  per eccellenza, luogo abilitato all’espressione del pensiero “pensante” è storia, vicenda di ognuno e di tutti, perché ridurla a chiosa critico-interpretativa? Una ricerca straordinaria dell’impensabile che si fa “possibile” solo attraverso la scrittura, affine alla filosofia perché analitica, enigmatica, logica, intransigente nella sua concentrazione allusiva.

Un plettro armonico che fa da contraltare al frammentarismo riduttivo del testo scritto è l’atto linguistico della sua trascrizione, molto spesso istintuale, autentica, naturale.

Vien quasi da pensare: genuina e incontaminata, tranne poi farne uso speculativo in una rincorsa all’intellettualismo più sfrenato, al frammentarismo più dichiarativo, al di fuori e al di sopra delle strutture meramente intellettuali.

Si potrebbe dunque parlare di trasfigurazione o astrazione semantiche, le quali in ogni caso interagiscono con la storia di tutti i tempi, proponendo un testo che sia la (ri)creazione della nostra sfera psicosomatica, in quanto emotiva, suggestiva o implicitamente condizionante di un’elaborativa sensazione-percezione che tutta l’abbraccia.

Si potrebbe parlare di una condizione di empatia tra l’io intimo e la parte esteriore del simbolismo più universale, mediante il quale noi comunichiamo (latu sensu) la profonda liaison dell’intuizione, la forma fantastico-creativa della ragion d’essere.

La poesia è dunque occasione di ragionamento logico, ma è anche impulso e stimolo che vengono da molto lontano, provocando l’istanza del linguaggio a livelli semantici più svariati: morfologici, sintattici, metrici, sensoriali, articolati in una sintassi più strutturata, perché sostenuta solo da frammenti logici d’immediata ambiguità, quale potrebbe essere la calca dei sentimenti, delle sensazioni o degli accadimenti che (ri)formulano il concetto di Poesia al di fuori di noi. 

Anche quando la Poesia procede per linee più sistematiche, più esemplari di un neofiguratismo linguistico, il poeta trasferisce la sua razionale diversificazione sull’oggetto/soggetto empatico della sua materia elaborativa, la quale, a sua volta,  epistemologicamente trasmette il pensiero alla sensazione della mente, che la trascrive.

Come in un caleidoscopio visto da ambo i lati, le due visioni si avvicendano in un subbuglio di stimoli che vanno a incanalarsi nelle connotazioni mentali per evoluzioni scientifiche ad es. alla Joyce, o simboliste per mimesi all’Apollinaire.

La percezione del mondo influenza lo specifico limen che contiene l’attraversamento picologico dei sensi; la sua naturale illuminazione è capacità di dare allo sguardo d’insieme la sua forma-categoriale, la sua prospettica ragione di saper individuare figure antagoniste alla realtà, connotazioni e istanze mentali improntate all’evoluzione del linguaggio, che invade e pervade in ogni caso e sempre la dinamica dell’effetto lirico, il repertorio dell’ inconscio che brulica di espressioni sedimentate, pronte a venire alla luce. Da qui l’effetto dannazione, prorompente e ambiguo del far poesia.


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