Il privilegio di essere immigrati clandestini
Creato il 04 febbraio 2015 da Astorbresciani
La “piccola” notizia della rivolta dei profughi nel centro di accoglienza Casa dell’Immacolata di Don Emilio de Rojadi Udine, mi ha quasi commosso. I fatti sono semplici e inequivocabili. Alcuni ospiti della struttura, per la precisione immigrati clandestini di colore, hanno inscenato una violenta protesta contro i volontari che li ospitavano perché secondo loro il cibo era scarso e di bassa qualità. A poco è servito che i Carabinieri, intervenuti per calmare i facinorosi, abbiano appurato che veniva servito cibo italiano di ottima qualità. Ne vogliamo di più e più buono, hanno insistito i profughi. Ma insomma, viene da chiedersi, siamo o non siamo il Paese dell’accoglienza e della tolleranza e, ultimo ma non ultimo, la nazione dove la cucina è un’arte? Vogliamo tenere alta la nomea o smentirci? Nel primo caso, smettiamola di dare in appalto alle cooperative o alle onlus le mense dei centri di accoglienza. Ingaggiamo i cuochi di Masterchef e approntiamo menu adeguati alle abitudini e ai diritti dei poveri gourmands che vengono dal Terzo Mondo pieni di aspettative e giustamente pretendono di essere serviti e riveriti come si usava alla corte dei Savoia. Diamine, facciamo i signori! Io proporrei di servire menu a base di caviale iraniano, crostacei e salmone affumicato, risottino al tartufo bianco, filetto alla Bismarck e altre prelibatezze culinarie. Il tutto rigorosamente annaffiato dal Brunello di Montalcino e dallo Champagne. Riportiamo il sorriso sul volto di quella santa donna della Boldrini, che non sa più come fare per educarci al nuovo che avanza. Togliamoci il boccone dalla bocca e offriamolo ai nostri fratelli famelici come fiere della savana. In verità, la notizia proveniente dal Friuli non è l’unica che mi ha commosso e insieme rattristato ultimamente. Ho provato un profondo dispiacere quando due settimane fa, a Vittorio Veneto, i profughi accolti nel centro coop Integra hanno inscenato una veemente protesta contro gli operatori della struttura perché non avevano installato la pay-tv che consentisse loro di vedere le partite di calcio della Coppa d’Africa. Anche lì, disordini e scene isteriche finché la richiesta non è stata accolta. Ma come si fa a negare a questi gentiluomini che amano lo sport il sacrosanto diritto di vedere giocare il Ghana, il Camerun e la Tunisia? Magari sbevazzando e fumando come turchi, sporcando come i proci a Itaca e imprecando contro la Madonna e Gesù Cristo, giusto per schernirci. Suvvia, non è che solo noi abbiamo il diritto di goderci i programmi di Sky o Mediaset Premium. Fosse per me, offrirei a tutti gli immigrati clandestini la tessera in tribuna centrale a San Siro, all’Olimpico di Roma e a Torino. Se non altro, riempiremmo gli stadi. E se qualcuno non ama il calcio ma preferisce Verdi, lo si può sempre soddisfare con un abbonamento gratuito alla stagione lirica della Scala. Mi ha strappato una lacrima anche sapere che sovente e un po’ ovunque nella penisola (e sulle isole), i nostri ospiti sono costretti a gettare i rifiuti dalle finestre, a spaccare mobili e panchine, divellere pali e lanciare sassi contro le forze dell’ordine, distruggere e deturpare i luoghi in cui sono ospitati e inscenare maxi-risse perché gli standard degli immobili dove soggiornano a nostre spese non sono all’altezza dei nobili tuguri in cui vivevano prima di sbarcare in Italia. Insomma, un po’ di comprensione. Anziché internarli in residences e pensioni che offrono servizi acconci alle esigenze dei nostri operai e pensionati, sistemiamoli in alberghi di lusso con piscina, dimore principesche e agriturismo-SPA cinque stelle. Umiliamoli con la nostra generosità, facciamoli stravaccare sulle poltrone Frau e dormire fra le lenzuola di seta. In fondo, è quello che si aspettano da noi. Non facciamoci riconoscere per l’avarizia. È anche inammissibile dare ai profughi un sussidio giornaliero di poco superiore ai 30 euro, il che equivale alla miseria di circa 950 euro al mese. Ci compri giusto le sigarette, le dosi, la birra, le schede telefoniche e l’ultimo modello di iPhone. Mica sono vecchietti italiani o disabili per campare con l’elemosina che lo Stato assistenzialista elargisce senza tenere conto che la vita è cara. No, così non va. Diamogli più soldi e magari un’auto sportiva per favorire la ripresa dell’industria automobilistica. Altrimenti, questi nostri fratelli sfortunati cominceranno a pensare che li stiamo fregando, che il luogo comune “italiani brava gente” è obsoleto. Prima di partire, infatti, qualcuno deve avere assicurato loro che l’Italia è il paese del Bengodi e dei fessi, dove puoi fottertene delle leggi e vivere bene da fancazzista oppure rubando, violentando le ragazze bianche, spacciando droga. Qualcuno gli ha insegnato che non è vero che l’erba voglio non cresce nemmeno nel giardino del re. L’Italia fa eccezione. Qui possono pretendere e avere, perché ci sarà sempre un moralista con scappellamento a sinistra che li giustificherà, li difenderà, li proteggerà utilizzando uno scudo più refrattario ai colpi di quello di Aiace. Quale? Ovviamente, l’accusa di razzismo. Ebbene, di fronte all’ennesima bravata di questi “nuovi italiani” che considerano la nostra patria terra di bivacco e di conquista, di fronte all’incivile prepotenza e maleducazione dei barbari moderni che vorrebbero distruggere la nostra civiltà in nome della multietnicità o dell’Islam, oggi io mi dichiaro ufficialmente razzista ma nello stesso tempo accuso un principio di compunzione. Non sapete di cosa parlo? La compunzione è il sentimento di rimorso, pentimento per quello che si è fatto. Vi chiederete cosa abbia fatto, ovviamente. Ho fatto quello che avete fatto anche voi che mi leggete. Ho permesso con la mia ignavia, indifferenza e superficialità, con il mio silenzio, che lo Stato italiano tradisse i suoi cittadini, calpestandone il sacrosanto diritto alla legalità e alla sicurezza. L’ha fatto attraverso la politica e la magistratura, con la collusione degli intellettuali riformisti e salottieri, sempre pronti a schierarsi con Caino e schiacciare sotto il tallone l’insulso Abele. Perché ciò di cui si sono macchiati e continuano a macchiarsi i nostri governanti e i loro viscidi fiancheggiatori, è alto tradimento. Eravamo un Paese civile, oggi siamo un cafarnao. Eravamo un Paese sicuro, oggi siamo in guerra. Peggio, siamo nel mirino dei figli di puttana e dei terroristi. E le forze dell’ordine hanno le manii legate. Eravamo un Paese fiero della propria identità, e oggi siamo in balia delle orde nichiliste provenienti dal Pianeta delle scimmie, che non è politicamente corretto prendere a bastonate, come invece si dovrebbe fare quando si comportano da canaglie. Non lo possiamo fare. Guai a toccare Caino, che ha mille giustificazioni e mille attenuanti. Ma vaffanculo Caino, vai a rompere i coglioni agli ippopotami e poi ne riparliamo. Quest’anno compio sessant’anni e l’esperienza di vita comincia a essere tanta. Posso dunque affermare d’avere vissuto per la maggior parte della mia esistenza in un Paese dove era un privilegio essere italiano. Ne andavo fiero. Adesso, mi vedo costretto a constatare con profonda tristezza che è un privilegio lo status di immigrato clandestino.
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