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Il processo a Ottaviano Del Turco: perché quasi nessuno ne parla?
Creato il 13 dicembre 2011 da DagoredCertamente in questo periodo l'argomento da prima pagina per tutti i giornali e media non può non essere la crisi finanziaria, il cambio di governo e le manovre in atto per cercare di superare la crisi, eppure mi pare molto strano che nessuno, o quasi, trovi il modo di informare il pubblico sull'andamento di uno dei processi "politici" che fece più clamore ai tempi delle prime accuse e dei primi arresti eccellenti e produsse un vero e proprio ribaltamento del voto popolare, facendo cadere la giunta regionale di centro sinistra della regione Abruzzo: sto parlando naturalmente del processo che vede imputato l'ex presidente regionale abruzzese Ottaviano Del Turco e altri, accusati di aver incassato tangenti per favorire l'imprenditore delle cliniche private Vincenzo Angelini.
Eppure deontologia professionale vorrebbe che, dopo aver dato tanto spazio alle accuse e alla decisione di rinviare a giudizio i politici accusati dallo stesso Angelini, che si dichiarò perseguitato dalle richieste degli amministratori abruzzesi, si desse, non dico lo stesso spazio, ma almeno un'adeguata pubblicità alle novità che arrivano dal processo.
Invece pare che si preferisca nascondere le notizie nelle pagine interne, quando se ne scrive, o addirittura ignorare completamente la vicenda, come se ormai non fosse più una cosa così importante.
(Vincenzo Angelini)
Il processo a Ottaviano Del Turco è in realtà l'esemplificazione stessa del cortocircuito mediatico-giudiziale italiano: si è partiti da un'accusa spacciata per certa e sostenuta da prove inoppugnabili per emettere una sentenza di colpevolezza anticipata, secondo il principio giuridico dipietresco che "il pubblico ministero è il primo giudice", e non una delle parti del processo: l'accusa.
Del resto fu lo stesso procuratore capo di Pescara Nicola Trifuoggi a sostenere con convinzione le tesi dei suoi Pm, affermando che le prove contro gli accusati erano schiaccianti e che i pagamenti enormi, per circa 30 miliardi di lire, erano tutti ampiamente stati riscontrati, dando materia per una pesante campagna denigratoria contro soprattutto Del Turco a tutti i media particolarmente vicini agli ambienti giudiziari.
In realtà passarono solo pochi mesi per dimostrare che le prove non erano così schiaccianti e che dei pagamenti e soprattutto dei soldi versati non c'era traccia, mentre i sospetti che fosse proprio l'imprenditore Angelini a dover spiegare dove fossero finiti i fondi che diceva aver versato ai politici.
Ma a tanti non bastò per essere più cauti sulla vicenda, come si può evincere, per esempio, da questo articolo pubblicato da "il Fatto Quotidiano" del 10 Gennaio 2010 a firma della giornalista Sandra Amurri.
Ora, dopo tre anni e mezzo dall'arresto di Del Turco e a quasi due dall'inizio di un processo lentissimo (di quei processi lentissimi a causa della mancanza di elementi accusatori fondati e nel quale la procura non sa cosa fare se non buttarla in caciara), si scopre che alcune indagini dei carabinieri e della guardia di finanza e due rapporti della Banca D'Italia, dimostrano che la giunta presieduta da Ottaviano del Turco non favorì mai Vincenzo Angelini, tagliandogli invece i finanziamenti, e che piuttosto è l'imprenditore a dover giustificare la giestione "allegra" delle sue aziende e dare conto della destinazione dei capitali mancanti.
Ora saranno in tanti a cambiare opinione e affermare di essere stati sempre convinti dell'innocenza di Del Turco, a cominciare dai capi del suo stesso partito, quel Partito Democratico che tre anni fa lo abbandonò vigliaccamente alla gogna mediatico giudiziaria, ma sono pronto a scommettere che nesuno, tra quelli che hanno inveito contro il "ladro socialista" dalle colonne dei giornali chiederà almeno scusa.
Quello che è certo è che ancora una volta si è dimostrato quanto la politica sia fragile e indifesa contro il potere giudiziario, che può facilmente annullare i processi democratici, soltanto aprendo dei procedimenti giudiziari: chi ha una anche minima conoscenza della pratica amministrativa di un ente locale sa che può bastare anche un semplice esposto per permettere alla magistratura di indagare un amministratore e spesso costringerlo alle dimissioni.
Oggi gli eventi hanno portato il problema della riforma della magistratura in secondo, se non in terzo piano, ma essa è ineludibile, se si vuole fare di questa Italia un paese civile, tanto che pure Giorgio I è intervenuto recentemente sul tema, a testimoniare quanto sia importante e necessario porre un limite allo strapotere dei magistrati.
Non potrà essere il governo tecnico guidato da Mario Monti a poter intervenire in materia, ma che almeno i parlamentari preparino qualcosa da presentare in futuro, dal momento che sono ormai senza occupazione.
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