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Il processo d’integrazione latinoamericano

Creato il 30 gennaio 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Il processo d’integrazione latinoamericano

Il 21 gennaio a Roma, presso la Sale delle Colonne di Palazzo Marini, Camera dei Deputati, grazie all’IsAG si è discusso di “America Latina: tentativi di unità”. Il sito di “Geopolitica” sta ospitando la pubblicazione degli atti del convegno, giunta al secondo episodio: presentiamo quest’oggi il video e il testo dell’intervento di S.E. Julian Isaias Rodriguez Diaz, ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela in Italia, già vice-presidente e procuratore generale dello Stato sudamericano.

 

L’integrazione dell’America Latina e dei Caraibi è stata pensata per la prima volta da Francisco de Miranda, successivamente da José de San Martin (il liberatore del Cile e del Perù) e infine da Simon Bolivar. Queste tre figure hanno immaginato altrettanti tipi diversi d’integrazione, ma con un punto comune tra loro: tutti hanno visto l’America Latina come una zona che aveva bisogno, per riuscire a svilupparsi, d’una difesa comune e di rapporti commerciali tra le varie regioni che la compongono.

Per riuscire a capire qual è la caratteristica dell’America Latina, possiamo osservare due tipi diversi d’evoluzione: la zona lusitana è rimasta unita (a parte il Paraguay che si è staccato dal resto del Brasile), mentre quella ispanica si è divisa in più nazioni, che nel complesso occupano un vastissimo territorio pari a venti milioni di chilometri quadrati. Gli abitanti dell’America Latina sono 540 milioni e parlano essenzialmente due lingue: spagnolo e portoghese. Anche dal punto di vista religioso, i latinoamericani hanno quasi tutti un credo sincretico che si rifà contemporaneamente al cattolicesimo e alle religioni africane. Per quanto riguarda le istituzioni latinoamericane, tutte si rifanno a quelle lasciate dal periodo coloniale. Ciò spiega le similarità tra le istituzioni politiche delle varie nazioni.

Guardando all’integrazione come a un tema tradizionale, bisogna rifarsi necessariamente a due scritti di Simon Bolivar: il Manifesto di Cartagena e la Carta di Giamaica. Il primo fu presentato da Bolivar a Nuova Granada il 15 dicembre 1812. Improntato alla necessità di costruire una “grande patria”, concludeva che le idee non camminano da sole, che era necessaria un’unità continentale ma non sotto forma federale (l’antitesi d’uno Stato nascente), che all’affrancamento coloniale non aveva fatto seguito una redistribuzione delle terre dei latifondisti: “L’indipendenza è l’unico bene che abbiamo ottenuto, a scapito di tutti gli altri”. La seconda opera fu scritta da Bolivar a soli trentadue anni, nel 1815, quando dopo il fallimento della Terza Repubblica si imbarcò per la Giamaica. Si tratta d’una lettera scritta a un commerciante locale, ma in realtà metafora d’un discorso rivolto all’Europa intera. Bolivar vi tratta infatti della precarietà del commercio sudamericano, sottomesso alle regole di Spagna e Portogallo ed escluso dal resto dell’Europa. Inoltre condanna e denuncia la violenta depredazione dei beni dell’America Latina, che ne ostacolano la strada verso la prosperità. Bolivar, grazie a questa denuncia allora inedita contro quel che era percepito come un “diritto di conquista”, può essere visto come un precursore dell’opposizione all’imperialismo. Bolivar intendeva l’integrazione dell’America Latina non come un processo isolato, ma come una tappa nella storia dell’umanità intera. Parla di un “Nuovo Mondo”: gli abitanti dell’America Latina non possono considerarsi né indigeni né europei, non hanno esperienze politiche proprie, ma un modo nuovo e peculiare di pensare e muoversi.

Le risposte odierne a questo discorso di Bolivar sono sostanzialmente quattro: il Mercosur (nato nel 1990), l’UNASUR e l’ALBA (fondate nel 2004), e la CELAC (sorta nel 2011). Del Mercosur fanno parte Argentina, Paraguay, Uruguay, Brasile e Venezuela e si può considerare la quinta economia del mondo. L’ALBA, nata nel 2004, era inizialmente chiamata el ALBA, ma successivamente l’articolo fu volto al femminile, in quanto tutte le nazioni sudamericane considerano più consistente e potente la femminilità. L’integrazione dell’ALBA non è solo commerciale, ma è piuttosto culturale e politica, e in ciò si distingue da quella europea. Il nome di “Alleanza Bolivariana per l’America Latina” è stato scelto perché ci si rifà ai princìpi di Bolivar: le nazioni che la compongono hanno una sola lingua, una sola cultura e una sola discendenza, e perciò procedono verso l’integrazione. Obiettivo dell’ALBA è riunificare la grande famiglia latinoamericana, dare concretezza all’unità spirituale che già lega tutte queste nazioni.


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