Non sappiamo se Berlusconi goda di più con una donna o quando il Milan vince lo scudetto, ma siccome riesce a trarre vantaggi (personali e mediatici) da entrambe le circostanze, facciamo finta che goda allo stesso modo, e con la stessa intensità, nella speranza che il suo godimento sia breve, una sveltina insomma. Siamo andati a votare. Lo abbiamo annunciato questa mattina a chi ci legge e a quelli che si sono imbattuti per caso nel nostro blog. Le ragioni per cui ci siamo andati le abbiamo spiegate lungamente nei giorni scorsi, per cui non vale la pena ribadirle. Ma forse non siamo stati sufficientemente chiari sui motivi che ci hanno spinto a “tornare” a votare dopo che per anni abbiamo ritenuto quella del voto una pratica vuota, quasi un obbligo di regime. Dell’ultima volta abbiamo il ricordo della mano destra ustionata dalla matita copiativa, quel voto ci brucia ancora per quello che è successo dopo, perché ci siamo resi conti di aver sbagliato, perché evidentemente la nostra idea di politica è troppo vecchia e schifosamente romantica per essere ancora attuale. La decisione di dare un taglio definitivo all’unico momento di questo paese nel quale è concesso a un cittadino di dire la sua, era stata la diretta conseguenza della delusione, del rammarico, del senso di impotenza che derivava dall’offesa fatta alla nostra intelligenza per quel voto andato ad incrementare il rimborso elettorale, mezzuccio con il quale i partiti italiani finanziano la loro inutile esistenza. Ma poi è arrivato Silvio e, specie gli ultimi tre anni, sono stati un incubo. Ci siamo sentiti privati di ogni libertà, di ogni dignitosa aspettativa, del piccolo senso di appartenenza ad una comunità che ancora avvertivamo e che contribuiva a farci sentire meno soli. Silvio ha distrutto le radici storiche dell’Italia, l’ha trasformata in un bordello a cielo aperto consegnandola nelle mani rapaci di lenoni pressappochisti e mezzeseghe incapaci di intavolare un discorso logico. L’ha trasformata in un teatrino di periferia con comici da quattro soldi che non fanno ridere manco gli ospiti della clinica psichiatrica di Monza o quelli di Santa Maria della Pietà nella Capitale. Ha distrutto la scuola, la cultura, la ricerca, l’economia. Cementificato le spiagge e i boschi. Privatizzato l’acqua, l’aria e la luce del sole. E, tanto per gradire, reintrodotto l’abominio del nucleare basandosi sulle teorie di un delirante pseudo scienziato che risponde al nome di Franco Battaglia, quello che “a Cernobyl non è morto nessuno e il cancro è un’invenzione degli ecologisti”. Peccato che siano gli stessi argomenti adottati dai negazionisti della Shoa. Così, preso atto che un comico di destra ha ridotto l’Italia a un paese di macellai di intelligenze, abbiamo creduto che votare, questa volta, potesse essere utile. E poi, tanto per riaffermare il nostro più profondo disprezzo per i populisti, ci siamo recati alla nostra sezione convinti che, ad esempio, non avremmo mai votato per Beppe Grillo per il Terzo Polo, per la Destra di Storace e per quelle liste composte da imbonitori disperati in cerca del fesso a cui rifilargli l’elisir dell’eterna giovinezza. Il nostro, alla fine, è stato un consapevole e convinto voto a sinistra senza il vezzo di alcuni colleghi di schieramento di turarsi subito dopo il naso né il fastidio del prurito alla mano destra. Più ancora dei trascina folle di destra, ci indispettiscono quelli che pretendono di farlo con un conto in banca da far invidia ai più adducendo le stesse ragioni di Berlusconi: “È ricco di suo non ruberà sicuramente”, come ritrovarsi un palazzo dello sport pieno di spettatori paganti, pubblicare libri e dvd a tutto spiano, con royalties non indifferenti, sia tanto diverso dal far vendere i decoder al fratello scemo. Eh no, al gioco degli affabulatori non ci stiamo più e, alla fin fine, non ci siamo mai stati convinti di poter decidere di testa nostra senza che qualcuno ci prenda per mano e ci rifili un consiglio per gli acquisti. Per il momento occorre liberare l’Italia dalla presenza ossessiva di Silvio Berlusconi (che è stato in televisione anche ieri, lo sarà oggi e approfitterà dell’udienza al tribunale di Milano di domani per non farci sentire la sua mancanza, in barba e in spregio al silenzio previsto dalla legge elettorale). Poi, dopo il nuovo Risorgimento, metteremo mano alla rinascita. Siamo “giovani”, forti, incazzati e non siamo ancora morti.
Magazine Politica
IL PUZZLE POST. Un sano voto consapevole
Creato il 15 maggio 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Non sappiamo se Berlusconi goda di più con una donna o quando il Milan vince lo scudetto, ma siccome riesce a trarre vantaggi (personali e mediatici) da entrambe le circostanze, facciamo finta che goda allo stesso modo, e con la stessa intensità, nella speranza che il suo godimento sia breve, una sveltina insomma. Siamo andati a votare. Lo abbiamo annunciato questa mattina a chi ci legge e a quelli che si sono imbattuti per caso nel nostro blog. Le ragioni per cui ci siamo andati le abbiamo spiegate lungamente nei giorni scorsi, per cui non vale la pena ribadirle. Ma forse non siamo stati sufficientemente chiari sui motivi che ci hanno spinto a “tornare” a votare dopo che per anni abbiamo ritenuto quella del voto una pratica vuota, quasi un obbligo di regime. Dell’ultima volta abbiamo il ricordo della mano destra ustionata dalla matita copiativa, quel voto ci brucia ancora per quello che è successo dopo, perché ci siamo resi conti di aver sbagliato, perché evidentemente la nostra idea di politica è troppo vecchia e schifosamente romantica per essere ancora attuale. La decisione di dare un taglio definitivo all’unico momento di questo paese nel quale è concesso a un cittadino di dire la sua, era stata la diretta conseguenza della delusione, del rammarico, del senso di impotenza che derivava dall’offesa fatta alla nostra intelligenza per quel voto andato ad incrementare il rimborso elettorale, mezzuccio con il quale i partiti italiani finanziano la loro inutile esistenza. Ma poi è arrivato Silvio e, specie gli ultimi tre anni, sono stati un incubo. Ci siamo sentiti privati di ogni libertà, di ogni dignitosa aspettativa, del piccolo senso di appartenenza ad una comunità che ancora avvertivamo e che contribuiva a farci sentire meno soli. Silvio ha distrutto le radici storiche dell’Italia, l’ha trasformata in un bordello a cielo aperto consegnandola nelle mani rapaci di lenoni pressappochisti e mezzeseghe incapaci di intavolare un discorso logico. L’ha trasformata in un teatrino di periferia con comici da quattro soldi che non fanno ridere manco gli ospiti della clinica psichiatrica di Monza o quelli di Santa Maria della Pietà nella Capitale. Ha distrutto la scuola, la cultura, la ricerca, l’economia. Cementificato le spiagge e i boschi. Privatizzato l’acqua, l’aria e la luce del sole. E, tanto per gradire, reintrodotto l’abominio del nucleare basandosi sulle teorie di un delirante pseudo scienziato che risponde al nome di Franco Battaglia, quello che “a Cernobyl non è morto nessuno e il cancro è un’invenzione degli ecologisti”. Peccato che siano gli stessi argomenti adottati dai negazionisti della Shoa. Così, preso atto che un comico di destra ha ridotto l’Italia a un paese di macellai di intelligenze, abbiamo creduto che votare, questa volta, potesse essere utile. E poi, tanto per riaffermare il nostro più profondo disprezzo per i populisti, ci siamo recati alla nostra sezione convinti che, ad esempio, non avremmo mai votato per Beppe Grillo per il Terzo Polo, per la Destra di Storace e per quelle liste composte da imbonitori disperati in cerca del fesso a cui rifilargli l’elisir dell’eterna giovinezza. Il nostro, alla fine, è stato un consapevole e convinto voto a sinistra senza il vezzo di alcuni colleghi di schieramento di turarsi subito dopo il naso né il fastidio del prurito alla mano destra. Più ancora dei trascina folle di destra, ci indispettiscono quelli che pretendono di farlo con un conto in banca da far invidia ai più adducendo le stesse ragioni di Berlusconi: “È ricco di suo non ruberà sicuramente”, come ritrovarsi un palazzo dello sport pieno di spettatori paganti, pubblicare libri e dvd a tutto spiano, con royalties non indifferenti, sia tanto diverso dal far vendere i decoder al fratello scemo. Eh no, al gioco degli affabulatori non ci stiamo più e, alla fin fine, non ci siamo mai stati convinti di poter decidere di testa nostra senza che qualcuno ci prenda per mano e ci rifili un consiglio per gli acquisti. Per il momento occorre liberare l’Italia dalla presenza ossessiva di Silvio Berlusconi (che è stato in televisione anche ieri, lo sarà oggi e approfitterà dell’udienza al tribunale di Milano di domani per non farci sentire la sua mancanza, in barba e in spregio al silenzio previsto dalla legge elettorale). Poi, dopo il nuovo Risorgimento, metteremo mano alla rinascita. Siamo “giovani”, forti, incazzati e non siamo ancora morti.
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