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Il rischio di un'unione bancaria a metà

Da Maurizio Picinali @blogagenzie

Nelle scorse settimane i ministri finanziari dell'Eurozona e della Ue hanno raggiunto l'accordo su due aspetti importanti dell'unione bancaria in costruzione: il quadro delle regole operative per l’intervento del Meccanismo europeo di stabilità (Esm) nella ricapitalizzazione diretta delle banche in difficoltà dell'Eurozona e i principi comuni per la risoluzione delle crisi bancarie. In entrambi i casi si può parlare di avanzamenti significativi, anche se i risultati soffrono del solito 'braccino corto' dei creditori, che non si fidano dei debitori potenziali, e moltiplicano i paletti per prevenire l'abuso dei meccanismi di sostegno. Verrà dunque istituito un nuovo strumento finanziario dell'Esm per ricapitalizzare le banche dell'Eurozona, con una capacità totale di intervento pari a 60 miliardi di euro: una cifra adeguata se il problema riguarderà poche banche in difficoltà, del tutto inadeguata se il cattivo andamento dell'economia si tradurrà in perdite diffuse. Il Consiglio dei governatori dell'Esm potrà comunque aumentarlo, con voto unanime, se lo riterrà necessario.Il rischio di un'unione bancaria a metà Gli interventi potranno iniziare solo dopo che sia stato avviato il nuovo meccanismo comune di vigilanza delle banche (Ssm) e che siano state approvate le nuove direttive europee sull'assicurazione dei depositi e la risoluzione delle crisi bancarie (quindi nella seconda metà del 2014). Il ricorso al nuovo strumento di sostegno sarà soggetto a condizioni piuttosto restrittive, che riflettono il desiderio di non incoraggiare l'azzardo morale dei potenziali beneficiari. In primo luogo, l'aiuto potrà essere richiesto solo se il paese richiedente non è in grado di ricapitalizzare le proprie banche da solo senza mettere a rischio la sostenibilità del proprio debito sovrano; se le banche coinvolte non sono in grado di attrarre sufficienti fondi privati dal mercato; e, infine, se l'intervento appare indispensabile per mantenere la stabilità finanziaria dell'Eurozona. La decisione di intervenire sarà soggetta a una approfondita valutazione della qualità del bilancio delle banche coinvolte; inoltre, lo stato membro coinvolto dovrà preliminarmente riportare il coefficiente di capitale di qualità primaria delle banche interessate almeno al 4,5% e comunque partecipare alla ricapitalizzazione in misura non inferiore al 20% dell'aiuto totale. L'aiuto dovrà inoltre rispettare le regole europee sugli aiuti di stato e si accompagnerà a un forte controllo delle autorità europee sulla gestione delle banche interessate. Al riguardo, il consiglio europeo di fine giugno ha non solo confermato che l'avvio del Ssm sarà preceduto da un severo riesame dello stato delle banche da parte della Bce, presumibilmente più credibile di quelli attuati nel passato dall'Eba, ma ha invitato gli stati membri a predisporre meccanismi adeguati di back up fiscale per i bisogni di ricapitalizzazione delle banche che dovessero emergere.Il rischio di un'unione bancaria a metà Nel complesso, il sollievo per le casse dello stato che richiede gli aiuti non è completo. Inoltre, si tratta di un meccanismo molto penalizzante sia per lo stato richiedente, sia per le banche coinvolte: ciò rende probabile che gli interventi saranno richiesti poco e tardi, probabilmente contribuendo ad innalzarne il costo finale. Una storia purtroppo già vista. I principi comuni per la risoluzione delle banche in crisi formeranno oggetto, come si è ricordato, di una direttiva che dovrà poi essere recepita negli ordinamenti nazionali. Il suo contenuto riguarda i principi comuni e i poteri che tutte le autorità nazionali dovranno applicare nella gestione delle crisi bancarie. Un'altra direttiva, per la quale si attende la proposta della Commissione europea, regolerà i poteri e le procedure della costituenda autorità comune per la risoluzione delle crisi bancarie. La prima delle due direttive, già trasmessa dalla Commissione al Parlamento e al Consiglio dell'Unione, richiede che gli stati membri dell'Unione istituiscano un'autorità nazionale per la gestione delle crisi bancarie capace di intervenire in via amministrativa per obbligare la banca a ristrutturarsi, cedere attività e linee di business, trasferire attività e passività ad una 'good bank' , o le poste compromesse a una 'bad bank', imporre perdite ai creditori secondo un ordine prestabilito di seniority. La caratteristica più problematica del compromesso raggiunto dal Consiglio Ecofin sta nella decisione di includere i depositanti, anche quelli sotto la soglia europea di assicurazione (100.000 euro), tra i creditori che possono subire perdite, anche se dopo tutti gli altri (azionisti, creditori subordinati e in generale creditori non garantiti, mentre sono esclusi i creditori senior garantiti). Vi è una elevata probabilità che ciò possa condurre a fughe dei depositanti e a fenomeni di panico, al manifestarsi delle prime difficoltà della banca. Le autorità nazionali disporranno di qualche margine di flessibilità nel decidere quali passività escludere dal meccanismo di coinvolgimento dei creditori nella copertura delle perdite, segnatamente quando ciò sia giustificato dal l'esigenza di evitare fenomeni di contagio e mantenere la funzionalità di funzioni critiche (quali il sistema dei pagamenti). Se questa soluzione ha il pregio di rendere il sistema di risoluzione meno rigido, ha anche il difetto di rendere incerte le conseguenze della crisi sui creditori. Nell'insieme, il nuovo sistema di gestione delle crisi bancarie e di ricapitalizzazione delle banche mette l'enfasi sulle responsabilità della singola banca e stabilisce forti presidi contro i comportamenti opportunistici dei banchieri e degli stati, rendendo il sistema finanziario più stabile. Allo stesso tempo, esso non pare adatto per interventi estesi di ricapitalizzazione delle banche resi necessari da un generale deterioramento dell'economia. DA REPUBBLICA.IT economia 8 luglio 2013


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