Il cinema fondato sul genere "esorcismo" difficilmente può trovare spunti di originalità e differenziazione forti rispetto al film per eccellenza di Friedkin, tant'è che solo attraverso la parodia del capostipite stesso è stato sinora possibile affrontare un discorso originale e con risultati concreti.Si pensi al parodiatore per eccellenza Leslie Nielsen in Riposseduta e al nostrano L'Esorciccio per gli amanti del genere di serie B.Esistono poi epigoni successivi, che hanno tentato di rinverdire il tema dicendosi basati su vicende più o meno vere e anche quest'ultimo lavoro si fonderebbe, almeno come ispirazione, a fatti accaduti nella realtà, ma giusto come ispirazione, quindi sulla verità o meno degli stessi i dubbi e le risposte rimangono.Il rito tenta di contrapporre, come nello schema classico originale, il contrasto di fede tra due religiosi anagraficamente distanti, anche se in questo contesto lo scetticismo non è limitato al rituale ma alla religione stessa, poiché il giovane protagonista pare non avvertire la vocazione per cui aveva deciso di prendere i voti e per raggiungere tale anelito viene sottoposto al trattamento di forza, che solo in questi casi potrebbe convincere anche il più dubbioso degli individui.Ebbene, senza eccedere in effetti speciali, ma puntando sulla recitazione del cast e sulle atmosfere adottate dal regista, il racconto ci introduce insistentemente nel tema del male, della sua esistenza e manifestazione, su cui, come già detto, il giovane aspirante prete dubita alquanto, perché maggiormente convinto della necessità e potenzialità della scienza medica come panacea ai casi sottopostigli.Il film però non riesce a costituire nulla di particolarmente originale o significativo, aggiungendosi come ulteriore tassello del filone, ma almeno ha il merito di evitare scivoloni eccessivi nel ridicolo involontario, grazie ad un Hopkins questa volta misurato e credibile, ben lontano dalla maschera attoriale in cui lo si era visto nel suo ultimo ruolo in chiave horror.
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Il cinema fondato sul genere "esorcismo" difficilmente può trovare spunti di originalità e differenziazione forti rispetto al film per eccellenza di Friedkin, tant'è che solo attraverso la parodia del capostipite stesso è stato sinora possibile affrontare un discorso originale e con risultati concreti.Si pensi al parodiatore per eccellenza Leslie Nielsen in Riposseduta e al nostrano L'Esorciccio per gli amanti del genere di serie B.Esistono poi epigoni successivi, che hanno tentato di rinverdire il tema dicendosi basati su vicende più o meno vere e anche quest'ultimo lavoro si fonderebbe, almeno come ispirazione, a fatti accaduti nella realtà, ma giusto come ispirazione, quindi sulla verità o meno degli stessi i dubbi e le risposte rimangono.Il rito tenta di contrapporre, come nello schema classico originale, il contrasto di fede tra due religiosi anagraficamente distanti, anche se in questo contesto lo scetticismo non è limitato al rituale ma alla religione stessa, poiché il giovane protagonista pare non avvertire la vocazione per cui aveva deciso di prendere i voti e per raggiungere tale anelito viene sottoposto al trattamento di forza, che solo in questi casi potrebbe convincere anche il più dubbioso degli individui.Ebbene, senza eccedere in effetti speciali, ma puntando sulla recitazione del cast e sulle atmosfere adottate dal regista, il racconto ci introduce insistentemente nel tema del male, della sua esistenza e manifestazione, su cui, come già detto, il giovane aspirante prete dubita alquanto, perché maggiormente convinto della necessità e potenzialità della scienza medica come panacea ai casi sottopostigli.Il film però non riesce a costituire nulla di particolarmente originale o significativo, aggiungendosi come ulteriore tassello del filone, ma almeno ha il merito di evitare scivoloni eccessivi nel ridicolo involontario, grazie ad un Hopkins questa volta misurato e credibile, ben lontano dalla maschera attoriale in cui lo si era visto nel suo ultimo ruolo in chiave horror.
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