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il romanzo a puntate più breve del mondo... tutto intero!

Da Guchippai
a grande richiesta, riposto il racconto tutto intero, visto che diverse persone non si raccapezzavano più. oddio, forse era meglio lasciare il tutto nella nebbia dell'incertezza, comunque...il romanzo a puntate più breve del mondo... tutto intero!Essendo freddolosa, Silvana andava sempre a dormire con un grosso pigiama di felpa azzurrra; fu dunque grande la sua sorpresa quando quella mattina si risvegliò nel letto completamente nuda e con in mano la frusta. Scossa dai brividi, si affrettò a correre in bagno per gettarsi sotto la doccia calda e solo dopo alcuni minuti le sue membra si rilassarono, ma la mente le rimase nebulosa come l'aria densa di vapore che la circondava.Il querulo suono del campanello attraversò l'appartamento, facendola sobbalzare.«Chi diavolo sarà mai a quest'ora? » si chiese «Bè, chiunque sia, si fotta. Non ho la minima intenzione di andare ad aprire.»Al quarto squillo tuttavia comprese che, di chiunque si trattasse, era più ostinato di lei; spense l'acqua, si infilò l'accappatoio e si diresse con passo battagliero alla porta, spalancata la quale si ritrovò davanti Fedora, la sua dirimpettaia.«Salve» disse quella «Sono venuta a riprendermi la frusta e, già che ci sono, volevo anche chiedere se per caso hai visto Anselmo.»«Anselmo? E perchè lo chiede proprio a me? Vabbè, aspetti che le vado a prendere la frusta.» Silvana richiuse la porta: non voleva che quell'impicciona della vicina le curiosasse in casa.La frusta era ancora sul letto; Silvana notò che era appiccicosa e, imprecando fra i denti, si recò in cucina per lavarla, ma si bloccò sulla soglia e rimase a bocca aperta davanti alla confusione che vi regnava: ogni superficie era ingombra di piatti, ciotole e tegami sporchi.«Ma porca...» Le parole le morirono in bocca non appena lo vide.Il suo grembiule ricamato a punto croce, quello che aveva richiesto trenta ore di lavoro e che teneva solo per le grandi occasioni, era ricoperto di macchie di cibo rappreso. «Bastardo, ti avevo detto di non usare quello!» esclamò, mollando un calcio negli stinchi all'uomo che giaceva a terra. Quello, ridestatosi in tale brusca maniera, grugnì e borbottò: «Eh? Che succede?» «Succede che fuori dalla porta c'è tua madre che rivuole la frusta e che ha di nuovo perso il coniglio... e che se non sistemi immediatamente questo casino, sei morto!»Il campanello squillò di nuovo. «E insomma, un po' di pazienza! Pensare che volevo anche lavarla... Adesso la sua preziosa frusta se la riprende così come sta, che almeno si toglie dalle scatole.» Dicendo questo si girò per uscire e inciampò, cadendo a terra tra svariate imprecazioni. Si era quasi rimessa in piedi, quando un grido straziato la colse di sorpresa, rischiando di farle perdere l'equilibrio di nuovo. «Noooo!!! Anselmoooo!!!»Silvana si girò e comprese il motivo dell'esclamazione dell'uomo: quello su cui era inciampata poco prima era proprio Anselmo, il coniglio della Fedora, che ora giaceva stecchito, evidentemente ucciso dalla botta. «Merda!» esclamò. Intanto, il campanello continuava a squillare.Fortunatamente Silvana non era il tipo da perdere la testa nei momenti di crisi; avendo compreso che la cosa più urgente era liberarsi della vicina, andò a consegnarle la frusta e tornò in cucina per capire come risolvere il problema successivo, ovvero decidere se fosse meglio occultare il decesso del prezioso coniglio d'angora oppure elaborare una scusa fantasiosa per la sua morte, poiché era sicura che dire la verità sarebbe stato controproducente. Non solo Fedora l'avrebbe ritenuta responsabile anche se si era trattato di un incidente, ma non avrebbe digerito molto bene nemmeno la presenza di figlio e coniglio in casa sua. Il suddetto figlio, che si chiamava Gaetano, nel frattempo aveva tentato senza successo una rianimazione bocca a bocca del coniglio, con l'unico risultato di riempirsi la bocca di peli. «Che disastro!» ripeteva, «questa volta mia madre mi butta fuori di casa!» «E sarebbe pure ora che te ne andassi di casa, che hai quarant'anni suonati!» tuonò Silvana. «Non cambiare discorso, ne va della mia vita!» Gaetano tremava per il nervoso; lei lo osservò freddamente e chiese: «Perchè indossi i miei slip di pizzo?»Un abbaiare furioso distrasse Silvana dalla vista del sedere fasciato di pizzo di Gaetano; era Polpetta, il rottweiler del piano di sopra, che tornava dalla passeggiata mattutina. «Maledetto cagnaccio...» borbottò, ma poi un sorriso a trentadue denti le illuminò inaspettatamente il viso. «Ecco chi ci toglierà dai guai: Polpetta!» Gaetano la fissò con occhi vacui e ancora umidi di pianto.«Certo!» continuò lei, sempre più infervorata «Faremo in modo che tua madre creda che Polpetta ha ammazzato Anselmo!» «E come?» «In maggio tua madre non va forse a dire il rosario insieme alle altre bigotte del quartiere davanti alla Madonna che sta all'inizio della pista ciclabile? Sarà sufficiente nascondere il cadavere di Anselmo nella siepe; Polpetta passa sempre di lì quando torna dalla passeggiata.»Undici ore dopo, un gruppetto di signore si era sistemato sulle due panchine – una del Comune e una fornita da Gigino su richiesta della moglie che gli aveva scassato la minchia per settimane dicendo che su una sola stavano troppo strette – in attesa del parroco. «Ma dove si è messo anche questa volta?» si lamentò Marisa. «Sarà colpa dei soliti marocchini che vanno a chiedere la carità» commentò Norma.«Però anche te» intervenne Italina, «Non ci potevi mettere un'altra bottiglia?» «Perchè, cos'ha che non va?» chiese Norma piccata. «E' irrispettosa, ecco.» Norma fissò la bottiglia di plastica del latte Parmalat dal quale spuntavano quattro rose gialle, non trovandoci nulla di male. «Ora pro nobis» disse Gina. Le altre si voltarono tutte a guardarla.«Ma se il prete non è ancora arrivato!» la rimbrottò Fedora. «Eh, però sta per arrivare il demonio.»Cinque paia di occhi fissarono simultaneamente la distesa della pista ciclabile, dal cui fondo si avvicinavano rapidamente due sagome, una umana e accessoriata con un paio di rollerblades, e una canina e galoppante per tenere il passo del padrone.«In perfetto orario!» commentò Silvana che spiava la scena nascosta dietro a un albero poco lontano.Ma un'altra sagoma in rapido avvicinamento di profilò dietro le prime due; con la tonaca al vento, Don Ivo sbuffava sui pedali, conscio del proprio ritardo. Pensando che gli sguardi di disapprovazione delle vecchie fossero per lui, si lanciò nella missione impossibile di superare cane e pattinatore. L'ultima parte della pista ciclabile era in leggera salita, il che amplificò il suo ansimare; Polpetta, che era sempre stato molto curioso, rallentò e girò la testa di lato.I miei fidi lettori a questo punto si aspetteranno di leggere la descrizione di uno scontro rovinoso: arti umani e canini intrecciati e sanguinanti, rotelle di pattini e ingranaggi di bicicletta che schizzano in ogni dove, sangue e grida...… ma la prontezza di riflessi di Igor, il padrone di Polpetta, fece sì che a gambe all'aria ci finisse solo il prete, il quale non si ferì affatto, limitandosi a ribaltarsi contro la siepe, in compenso la reazione delle sue parrocchiane fu la stessa che se i talebani avessero lanciato una bomba tra la folla: orrore e raccapriccio.«L'ha fatto apposta!» accusò Italina. «E' stato quel cagnaccio!» esclamò Norma. «L'avevo detto che arrivava il demonio!» rimarcò Gina. «Oddioddioddioddio...» cantilenò Marisa. «Anselmo!» gridò Fedora.Sì, perchè in mezzo alle gambe spalancate del prete seduto a terra, che cercava di decidere se fosse il caso di rialzarsi da solo o di afferrare la mano che gli porgeva Igor, mano che però stava pericolosamente vicina alle fauci di Polpetta, si intravide chiaramente la massa pelosa del coniglio.Fu questione di un attimo: il cane si fiondò a razzo in direzione di ciò che restava di Anselmo e delle palle del prelato il quale, altrettanto rapidamente, svenne. Mentre Igor trascinava via il riottoso Polpetta, le vecchiette si avvicinarono con insospettata rapidità. «Ossignore, che cosa facciamo?» domandò Marisa. «Potrei tentare con la respirazione bocca a bocca» propose Norma, che aveva da sempre un debole per Don Ivo.«Ci ho già provato, non funziona.» Tutte si girarono verso Gaetano, che si era avvicinato senza che se ne accorgessero e che, come al solito, non aveva capito niente.Don Ivo si lamentò. «Meno male, non è morto!» sospirò Gina. Fedora intanto si era chinata per osservare meglio Anselmo; Norma, fraintendendo l'oggetto del suo interesse, sbottò piccata: «Guarda che non è lì che bisogna fargli la respirazione bocca a bocca!»Italina, che non aveva ancora detto niente ma che iniziava a preoccuparsi perchè il tempo passava e a breve sarebbe cominciato Un Posto al Sole, domandò: «E adesso come la mettiamo con il rosario?»Silvana decise che era il momento di intervenire per cercare di risolvere quel pasticcio. Arrivò di corsa, fingendosi trafelata, e si mostrò grandemente sorpresa alla vista del coniglio. «Ma come ci è finito Anselmo qui?» esclamò «Lo rincorro da mezz'ora e non mi ero accorta che si fosse diretto di qua.»Fedora si alzò in piedi, il cadavere del coniglio tra le braccia e un'espressione da tragedia greca sul viso. «Bisogna andare subito il veterinario» disse. «Ma a quest'ora lo studio è chiuso» le fece notare Marisa, che aveva tre gatti ed era ipocondriaca anche per loro, perciò conosceva a menadito gli orari di tutti gli ambulatori della città. «Allora chiamerò la guardia medica.»Mentre Fedora di avviava verso casa per telefonare, Norma, che si era prontamente inginocchiata accanto a Don Ivo non appena ne aveva avuto l'occasione, annunciò: «Si è ripreso.» Il prete si tirò su a fatica, ancora scosso per l'accaduto, e così la donna si offrì di accompagnarlo a casa sua finchè non si fosse riavuto del tutto. Anche Italina, avendo compreso che per quella sera ormai del rosario non se ne sarebbe fatto niente, si affrettò a rientrare.«Che disastro...» commentò Gaetano. «Disastro, e perchè?» chiese Silvana. «Bè, la guardia medica vedrà che Anselmo è morto da ore, e poi anche la cosa di Polpetta non ha funzionato.» «E chissenefrega di Polpetta! Alla fine ciò che conta è che tua madre non pensi che Anselmo è morto per colpa nostra, no? Intanto abbiamo fatto in modo di restituirle il cadavere e le circostanze sono tali che crederà che il coniglio sia scappato, e buonanotte. Credimi, non le verrà mai in mente che le cose siano andate diversamente.»«Io però non ho mica il coraggio di tornare a casa...» «Allora andrai in albergo, perchè stasera aspetto visite e non ti voglio tra i piedi.» «In albergo? Ma Silvana, lo sai che non ho il becco di un quattrino!»«Allora vai a dormire in garage.» «Ma ci sono gli scarafaggi, ho paura!» «Gaetano, certo che tu sei proprio un vero uomo...»«Eddai, Silvana, mi chiudo nella stanza degli ospiti e non vi disturbo.» «Non se ne parla, arrangiati altrove.» «Però io...» Mentre discutevano, i due erano arrivato all'ingresso del condominio; Silvana aveva appena aperto la porta che un grido si udì rimbombare per le scale.«E' risorto! E' risorto!» Gaetano sgranò gli occhi. «Ma non siamo mica a Pasqua» commentò. Silvana non riuscì a replicare, perchè fu quasi investita da Don Ivo che si stava precipitando giù con Polpetta alle calcagna. «Qualcuno mi tolga quella bestiaccia di torno!» gridò il prete mentre si infilava a razzo fuori dal portone. Due secondi dopo arrivò Igor, che si strinse nelle spalle con l'aria rassegnata di chi ha già visto la stessa scena mille volte e si lanciò all'inseguimento, quindi si materializzò la larga figura di Norma che sbuffava sui gradini. «Dove sono andati?» ansimò.Gaetano e Silvana a indicarono all'unisono la porta, ma non riuscirono ad andare oltre perchè furono quasi investiti da Fedora, che scendeva con in braccio Anselmo. «E' risorto!» gridò, «Il dottor Biondi del quarto piano aveva detto che era morto stecchito, il mio povero coniglio, ma quando sono andata a cercare Don Ivo perchè gli desse l'estrema unzione, ha aperto gli occhi e mi ha leccato la mano. E' un miracolo!»«Pensa te» commentò Silvana, «e tutto senza nemmeno andare fino a Lourdes.» Fedora era talmente infervorata che non colse il sarcasmo; invece afferrò il braccio di Gaetano e cominciò a trascinarselo dietro mentre blaterava di andare a cercare il numero della redazione di Verissimo.«Tutto è bene quel che finisce bene » disse Silvana fra sé, «però Igor farà meglio a sbrigarsi a tornare perchè mi sta venendo un gran sonno.»Silvana fu svegliata da un brivido di freddo; tirò con forza verso di sé la trapunta e il contraccolpo strappò al sonno l'uomo che le dormiva accanto. «Che strano...» mormorò.Aggrottò le sopracciglia concentrandosi in un pensiero, poi disse: «Ma tu pensa, Anselmo, ho appena sognato che eri morto ed eri risorto.» «E chi ero, Gesù?» «No, eri un coniglio.»THE END

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