Magazine Pari Opportunità
Politica.
La nostra vita è politica.
Le donne sono creatrici di vita.
Le donne sono intimamente connesse con la politica.
Quando la Politica non necessariamente deve legarsi ad una ideologia, ne tanto meno al “teatrino della politica”; non di certo ai giochi di potere.
Abbiamo avuto donne forti e tenaci, donne che hanno saputo andare oltre le fazioni, donne che, per indole eticamente corretta, hanno saputo elevarsi oltre le parti.
Due nomi per tutte: Tina Anselmi e Nilde Iotti.
Due correnti contrastanti, due visioni politiche differenti, due storie con molti punti in comune ma verso due direzioni opposte.
Perché erano due avversarie.
Avversarie leali.
L’Anselmi diceva di stimare la Iotti e vice versa. Dunque, due avversarie, non due nemiche!
Questa, penso, sia la grande lezione che possiamo trarre dal loro esempio.
Tenaci, quando i tempi non erano facili per nessuno, neppure per gli uomini. Eppure, forti della loro predisposizione verso il “bene comune”, hanno corso gare al fianco di degni avversari, stavolta uomini. E ce l’hanno fatta.
Tina Anselmi, tre volte sottosegretaria al ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, dal 29 luglio 1976 occupò il dicastero del Lavoro nel governo Andreotti III. Fatto storico, perché l'Anselmi diventò la prima donna ministro in Italia. Dopo quest'esperienza è stata anche ministro della Sanità nei governi Andreotti IV e V. È fra i principali autori della riforma che introdusse il Servizio Sanitario Nazionale. Presidente della Commissione d'inchiesta sulla loggia massonica P2, più volte presa in considerazione da politici e società civile per la carica di Presidente della Repubblica.
Nilde Iotti, è stata la prima donna a ricoprire una delle più alte cariche della Repubblica Italiana. Di formazione antifascista, diventa organizzatrice e responsabile del PCI. Fu presidente dell'Unione Donne Italiane di Reggio Emilia. Nel 1946 viene candidata dal Partito Comunista Italiano come parlamentare e viene eletta. Rieletta nel 1948 alla Camera dei deputati, siede tra i banchi di Montecitorio ininterrottamente sino al 1999 e per lungo tempo ne presiede l'Assemblea; viene infatti eletta Presidente della Camera dei deputati per tre volte consecutive, ricoprendo così quella carica per 13 anni, dal 1979 al 1992. Nessuno nella storia d'Italia ha ancora raggiunto il suo primato.
Ad oggi, i dati forniti dalle organizzazioni internazionali e nazionali, l’Italia resta un paese in cui le donne continuano a essere sottorappresentate nelle istituzioni politiche e ad avere scarse possibilità di carriera per il limitato accesso alle posizioni di potere.
Il World Economic Forum, nell’ultimo rapporto sulle discriminazioni, pone il nostro paese al 45° posto su 58, prendendo in considerazione gli Stati dal punto di vista delle strutture di supporto alle donne e della loro presenza nelle istituzioni rappresentative e al vertice delle aziende private.
Gli unici due settori in cui l’Italia riesce a primeggiare sono il sostegno alla maternità e l’assistenza sanitaria, ma non bastano a risollevare una situazione drammaticamente discriminatoria e penalizzante nei confronti delle donne sia nel campo professionale, che sulla scena politica, per non parlare delle mura domestiche.
Eppure, il ruolo della donna nelle istituzioni, viene percepito nella sua specificità e nella sua capacità di fornire un valore aggiunto in termini di mediazione, di pragmatismo e di sensibilità, soprattutto in provincia e nei piccoli centri, dove il rapporto tra amministratori e amministrati è più diretto e i cittadini chiedono con più forza una capacità di confronto che porti con più facilità alla risoluzione dei problemi di tutti i giorni.
Dal rapporto Censis emerge con chiarezza il divario tra la forza e il peso che le donne hanno raggiunto in tutti i livelli della vita sociale e la loro effettiva presenza e peso nelle istituzioni.
Da anni tra l’altro, è in corso un dibattito circa l’opportunità dell’introduzione di misure di riequilibrio del peso delle donne nelle istituzioni rappresentative attraverso “quote” da riservare alle candidature femminili. Tuttavia le risposte in questo senso sono state generalmente negative in primis da parte delle donne. Quote che, a mio avviso, sarebbero necessarie come inizio di un processo di trasformazione che altrimenti troverebbe ancora troppi ostacoli. Si sa che i processi formativi sono processi che richiedono tempo, ma per scuotere le coscienze forse il tempo è tropo lungo.
Nonostante i progressi che dagli anni ’70 in poi hanno caratterizzato la questione femminile, permane un rapporto vizioso tra la distribuzione dei carichi di lavoro nella famiglia e i mancati successi nella carriera lavorativa delle donne. Infatti, la scarsa partecipazione delle donne alla vita politica è uno specchio inesorabile della magra presenza femminile nei ruoli decisivi e strategici della classe dirigente. E qual’ora vi fosse, alle donne continuano ad esser affidati ruoli “ancillari” sul modello della vita domestica, di alto valore simbolico ma di scarsa incidenza strategica.
Forse perché, attualmente, pare che l’immagine delle donne che si avvicinano alla politica non hanno di certo le sembianze di una Anselmi o di una Iotti.
Le donne che ci rappresentano in Parlamento, o meglio, quelle di cui sappiamo, perché la TV ne parla, sono piuttosto fornite di armi seduttive, improprie. Un po’ come a dire che la donna può fare politica, ma sempre assecondando il potere maschile che può decidere se sostenerla oppure retrocederla in “sedie B”. Ecco perché quello che stiamo vivendo oggi in Italia, nel 2011, non è più una questione ideologica. La vedo piuttosto come una questione di rispetto, una questione di etica e di morale.
Ancora una volta una questione di Consapevolezza, quella con la “C” maiuscola.
Consapevolezza della nostra storia, delle capacità, della sensibilità, del coraggio, della passione e del valore di cui sono fornite tutte le donne per loro natura.
Anna 2011
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